Non c'è pace, ma c'è resurrezione
giovedì 13 aprile 2017

Il cuore del mondo grida pace. E in molti modi si celebra questa parola, tanto che ogni festa – sacra o profana – sembra diventata una "festa della pace". Per celebrarla, per chiamarla... In molti hanno chiamato così la Domenica delle Palme appena passata. E si guarda alla prossima, la Pasqua, invocando pace. Lo chiedono le popolazioni colpite, e anche chi vive in una non-guerra che però pace non è. Sale il grido dalle distruzioni in Siria, in Yemen, in Somalia, lo pensano a denti stretti molti di noi passeggiando nelle strade insicure nelle capitali europee. È il desiderio più semplice e alto della vita. E ora pace non c’è.Si vedono uomini armati ovunque, non solo nelle terre lontane martoriate da conflitti sempre meno comprensibili da logiche di potere. Pure nelle nostre metropolitane e piazze. Pace, grida o mormora il cuore. Ma questa non è la settimana della pace. È la settimana della Resurrezione. Della vittoria dalla morte. Che, se così si può dire, è più della pace. Ed è l’unica radice possibile della pace. Il discorso e delicato, ma va fatto. Occorre dirsi le cose. Occorre farlo per non perdere la speranza. Per non lasciare che illusione dopo illusione un velo di cinismo cada su di noi. La Resurrezione, infatti, strappa l’uomo alla morte. È lo strappo più forte mai avvenuto nella storia dell’universo, più forte del Big Bang. Dio per compiere questo grande strappo ha dovuto far conoscere la morte a suo Figlio. E come ogni padre o madre sa, la morte del figlio è più della tua propria morte.

Ma durante la Resurrezione, e dopo, il mondo non si è per incanto rappacificato. Ci sono stati infiniti conflitti da quel giorno. Anche i cristiani hanno contribuito, a volte per cause giuste, a volte sbagliate. La guerra sembra essere una costante, appare sempre il suo duro fantasma su diversi popoli e città. Forse gli uomini non sono in grado di fare pace? E se, distogliendo gli occhi da Trump, da Putin o dal Daesh, si guardano anche i piccoli spesso miserabili conflitti in cui siamo immersi (casa, condominio, lavoro, a volte nelle comunità), non sembra davvero che la forza del dissidio sia un potente demone che imperversa nella vita? Il dissidio seduce, anima i nostri cuori spesso più che l’amore per la pace. Come se una forza di morte, di de-composizione appunto, ci agitasse.

L’evento della Resurrezione non ha eliminato questa forza dal teatro del mondo e dei cuori. Non ha portato il Paradiso in terra, Gesù non è come uno di quei dittatori che pensano che dalla loro azione nasca il paradiso in terra (sulla pelle di milioni di morti, come si è visto nelle utopie del Novecento). Ma come un contadino, come uno che ha pazienza e non si sfiducia, ha piantato l’infinito nel cuore degli uomini che hanno amicizia con Lui. Ha tolto dai cardini le porte della morte, e perciò stesso ha tolto ogni reale potere a coloro che vorrebbero decidere vita e morte delle persone. La morte non ha più dominio. Ha ridicolizzato i potenti. Ha dato speranza alle vittime, perché la partita non finisce qui, la vita è un passaggio. E ha confermato il desiderio di infinito nel cuore di chi lo segue, facendone un cercatore di pace, un lottatore contro ogni negazione della dignità infinita della persona, con le bombe o altri strumenti di sterminio silenzioso.

Non c’è pace nel mondo. Ma c’è Resurrezione. Lo dobbiamo dire oggi piangendo di fronte al martirio dei fratelli egiziani uccisi mentre erano riuniti in preghiera per Gesù e con Gesù. Dobbiamo dirlo davanti alle strazianti morti chimiche di uomini e donne e bimbi siriani. Dobbiamo dirlo col peso sul cuore delle morti e delle sofferenze per le migrazioni forzate dal Sud del mondo. Dobbiamo ripeterlo, e ripeterlo ancora – non c’è pace, ma c’è Resurrezione – per dare radice in cielo alla più dura e vera speranza sulla terra.

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