martedì 9 aprile 2019
Per tre quarti la Flat tax al 15% è già realtà e il 5% versa quasi la metà dell’Irpef totale. Contribuenti poveri, ma con case affittate. La redistribuzione? Parta dal sommerso
I dati sui redditi 2017 elaborati dai commercialisti rivelano un Paese impoverito ma con ricchezze inattese.  Le detrazioni sono aumentate a quasi 69 miliardi, quelle per le ristrutturazioni edilizie valgono da sole 6 miliardi di rimborsi Sono oltre 5 milioni i 'poveri assoluti' certificati dall’Istat, un terzo dei contribuenti non versa imposta sui redditi. Eppure la ricchezza finanziaria delle famiglie ammonta a 4.400 miliardi di euro

I dati sui redditi 2017 elaborati dai commercialisti rivelano un Paese impoverito ma con ricchezze inattese. Le detrazioni sono aumentate a quasi 69 miliardi, quelle per le ristrutturazioni edilizie valgono da sole 6 miliardi di rimborsi Sono oltre 5 milioni i 'poveri assoluti' certificati dall’Istat, un terzo dei contribuenti non versa imposta sui redditi. Eppure la ricchezza finanziaria delle famiglie ammonta a 4.400 miliardi di euro

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La tassa piatta, o «Flat tax», al 15%? La proposta 'di bandiera' della Lega, a ben vedere, è già oggi un dato di fatto, se si escludono ovviamente i redditi più alti. A dirlo sono i dati ufficiali del Tesoro sulle dichiarazioni dei redditi fatte nel 2018 (quindi sui redditi 2017) da 41 milioni e 200mila italiani. Una miniera d’informazioni per chi vuole scandagliare lo stato di benessere (o malessere) del Paese. Ebbene, da un’analisi svolta dal Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti, emerge che già nell’ultimo anno ben 3 contribuenti su 4, pur con l’attuale sistema di 5 aliquote e scaglioni di reddito, fra deduzioni e detrazioni dall’imposta e compensazioni mediante il bonus renziano degli 80 euro, hanno avuto un prelievo effettivo inferiore al 15% del proprio reddito complessivo. In pratica per il 76% delle dichiarazioni (era il 75% l’anno prima) il prelievo fiscale è già uguale o più basso rispetto all’ipotesi di una tassa piatta al 15%.

Non è una novità la scoperta di tante contraddizioni in Italia. Siamo il Paese degli oltre 5 milioni di 'poveri assoluti' certificati dall’Istat e dei 4.400 miliardi di euro di ricchezza finanziaria delle famiglie, stando all’ultimo rapporto della Banca d’Italia (di novembre 2018). Quello del reddito di cittadinanza, misura (tanto dibattuta) annunciata per 5 milioni circa di persone, ma che almeno nel primo mese di applicazione ha sorpreso anche i Caf, i centri d’assistenza fiscale, per un numero di domande – 807mila – lontano del temuto assalto. Numeri che, al di là della povertà reale, concreta, sembrano avallare ancora una volta il sospetto dell’esistenza di un’altra Italia, quella nascosta del 'sommerso', dei 108 miliardi d’imposte e contributi non pagati, stando alle stime più accreditate.

Colpiscono, fra i tanti dati, due macroaspetti. Il primo è la già cominciata 'ritirata' dall’Irpef, per così dire, probabile spia di un impoverimento del Paese: i redditi dichiarati sono scesi di 5 miliardi, attestandosi a circa 838 miliardi. E coloro che presentano alla fine un reddito negativo, sempre per via dei vari sgravi, sono balzati in un anno del 140,7%, passando dai 149mila del 2016 ai 360.678 at- tuali. Questi sono solo una parte degli oltre 13 milioni di contribuenti, poco più di uno ogni tre, che non pagano per niente l’Irpef, in quanto rientrano nel regime di esenzione fiscale per i redditi bassi. Collegato almeno in parte a questa dinamica, secondo i dottori commercialisti, è il forte aumento delle deduzioni e detrazioni che molti hanno 'perso' per incapienza, cioè perché si è scesi troppo al di sotto rispettivamente del reddito e dell’imposta minima: le prime sono esplose addirittura, in un anno, di oltre il 500%, salendo da 2,5 a 15,3 miliardi, e le seconde aumentate da 7,2 a 7,8 miliardi, con un incremento dell’8,22%.

Tornando al raffronto con l’ipotesi di flat tax, accanto al 32% di contribuenti a 'Irpef zero', un altro 43,92% paga le tasse, ma in misura inferiore al 15% sul reddito complessivo dichiarato (18,1 milioni di persone); solo il restante 24,06% subisce un prelievo superiore al 15%. Sono questi 10 milioni e 188mila 'benemeriti fiscali', il traino del Paese, sul piano del contributo netto che danno come entrate. Con un’ulteriore suddivisione: il 45% degli italiani (quelli con redditi lordi fino a 15mila euro) contribuisce al 4% dei 157,5 miliardi d’Irpef totale incassata nel 2017, mentre il 50% (compreso tra 15 e 50mila euro) versa il 57%. Con più di 50mila euro lordi di reddito dichiarato c’è solo il 5,3%: si tratta grosso modo di 2 milioni e 200mila italiani che versano ben il 39,2% dell’Irpef totale. Fino ad arrivare a quei quasi 428mila soggetti che – beati loro, si direbbe – dichiarano fra i 100 e i 200mila euro lordi e comunque versano il 13% di tutta l’Irpef. E questo fa capire che una redistribuzione oggi già esiste e che, qualora la si volesse rafforzare, in futuro dovrebbe riguardare non tanto i redditi dichiarati, quanto quelli che non lo sono, quindi con una seria lotta all’evasione e all’elusione fiscale, oltre che ovviamente guardando ai 'patrimoni'. E se redistribuzione deve essere, in questo senso, potrebbe puntare a 'riconoscere' qualcosa di più in termini di aiuti alla famiglia a quel ceto medio che oggi si sobbarca la maggior parte del carico Irpef.

Una conferma dell’Italia dei patrimoni viene poi da un altro dato singolare: mentre l’imposta netta è rimasta sostanzialmente stabile, pari in media a 5.140 euro annui, il reddito procurato da affitti è salito di ben il 12,04% in 12 mesi, passando da 12,8 a 14,4 miliardi, frutto solo in minima parte (per 44 milioni) dell’estensione dell’agevolazione agli affitti brevi, non superiori a 30 giorni. Un balzo prodigioso del 28,76% ha avuto poi il reddito da immobili sottoposti alla cedolare secca del 10%, più agevolata rispetto al 21% 'base'. E persino tra il milione e 100mila d’italiani 'poveri', cioè con reddito soggetto a Irpef pari a zero, ne spuntano 91.992 che comunque hanno dichiarato redditi da locazioni con cedolare secca. Da un estremo all’altro, si trova poi la curiosità dei Paperoni arrivati dall’estero, attratti dalla tassa piatta (introdotta dal governo Renzi) di 100mila euro sui redditi esteri e di 25mila per i familiari, che hanno messo residenza in Italia: sono stati 94 e hanno portato nelle cas- se dell’Erario 8 milioni di euro. Il bonus degli 80 euro al mese si conferma una 'variabile' che movimenta non poco il sistema fiscale: nel 2017 l’hanno ricevuto in 11,7 milioni di italiani (+2,1% sull’anno d’imposta 2016) per oltre 9,5 miliardi di esborso per lo Stato, ma quasi 1,8 milioni di persone l’hanno poi dovuto restituire, integralmente o parzialmente (per via dell’avvenuto superamento del limite dei 26.600 euro), per un importo di 493 milioni, più che compensati però dalla restituzione a sua volta di ritenute Irpef per 770 milioni di euro.

C'è poi l’eterna querelle delle categorie. I redditi da lavoro dipendente e pensione sono circa l’84% di quelli dichiarati. Il valore medio denunciato va dai 17.430 euro lordi dei pensionati (con un reddito medio in crescita dell’1,5%, che conferma la tendenza degli anni precedenti) ai 20.560 euro dei dipendenti. Il reddito medio più elevato è quello da lavoro autonomo, pari a 43.510 euro, notevolmente 'camuffato' però dalle quasi 700mila unità (su oltre 3 milioni e 100mila) che, risultando in perdita, abbassano la media. Mentre quello – sempre medio – degli imprenditori (intesi come titolari di ditte individuali) con 22.110 euro supera di poco quello dei dipendenti. Sarebbe improprio, tuttavia, fare raffronti in quanto per 'imprenditori' nelle dichiarazioni Irpef non è compreso chi esercita attività economica in forma societaria; inoltre la definizione di imprenditore non può essere assunta come sinonimo di 'datore di lavoro' dato che la gran parte delle ditte individuali non ha personale alle proprie dipendenze.

E l’Italia un filo più povera 'scoperta' dalle dichiarazioni in mano al Tesoro si è rivelata anche più attenta alle somme da recuperare: le detrazioni totali sono cresciute del 2,12%, da 67,5 a quasi 69 miliardi di euro. Un balzo di 1,5 miliardi, per quasi la metà garantito dal bonus sui lavori edilizi (che da solo 'vale' ormai 6 miliardi di detrazioni) e che potrebbe confermare la 'tentazione', per il governo, di rivedere questo settore nel tentativo di recuperare risorse per il bilancio dello Stato.

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