mercoledì 19 marzo 2014
​Rivive l'impulso di Roncalli al rinnovamento e alla missione. L'anticipazione del libro di Stefania Falasca.
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Esce oggi in libreria Giovanni XXIII, in una carezza la rivoluzione di Stefania Falasca (Rizzoli, 200 pagine, 17 euro), volume dal quale sono tratti i brani che anticipiamo in questa pagina. La meticolosa ricostruzione dei fatti che condussero all’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione di Papa Roncalli – che sarà santo il 27 aprile, insieme a Giovanni Paolo II – offre notizie e documenti inediti che contribuiscono a chiarire aspetti rilevanti nella storia del Concilio e della Chiesa ma anche il profondo ed eloquente legame spirituale tra Giovanni e Francesco, che ha voluto la canonizzazione pro gratia di Roncalli, ovvero senza il riconoscimento di un miracolo attribuito alla sua intercessione. La seconda parte del volume («Due pontefici, una sola voce») è invece a cura di Ezio Bolis.Perché canonizzare adesso Giovanni XXIII? «Perché è santo!» La voce di Papa Francesco non poteva essere più netta. Spiazzante e chiarissima. E tale da sancire in due parole il sentire d’intere generazioni di fedeli e non credenti. Così a sorpresa l’ora di Giovanni XXIII, il Papa del Concilio, è finalmente arrivata. Dopo più di mezzo secolo, è un Papa «venuto dalla fine del mondo» a innalzare al culto della Chiesa universale Angelo Giuseppe Roncalli. La decisione di proclamare santo Giovanni XXIII è maturata nell’attuale pontefice in tempi brevi. Nel corso dei suoi primi mesi di pontificato è apparsa subito chiara l’intenzione di far salire agli onori degli altari Papa Giovanni, beatificato quattordici anni prima. E di proclamarlo santo insieme a Papa Wojtyla. Già il 5 luglio 2013 Francesco aveva promulgato il decreto sul miracolo per intercessione del beato Giovanni Paolo II e contemporaneamente aveva approvato i voti favorevoli espressi dalla sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione delle cause dei santi per la canonizzazione pro gratia del beato Giovanni XXIII. Due mesi dopo, il 30 settembre, il Concistoro dei cardinali e dei vescovi ratificava la decisione e comunicava al mondo la data della canonizzazione di Roncalli unita a quella di Wojtyla. Con Papa Francesco, dunque, Giovanni XXIII viene oggi iscritto fra i santi pro gratia, per grazia. Senza il miracolo richiesto. Certamente un gesto significativo. Una procedura eccezionale. (...)
Una canonizzazione pro gratia non rappresenta né una scorciatoia né una semplificazione né una decisione arbitraria. Ciò che interessa sono le motivazioni per le quali Papa Francesco ha potuto determinarla nel caso di Giovanni XXIII. Per poter procedere alla sua canonizzazione pur in assenza di un miracolo formalmente riconosciuto Bergoglio ha accolto con favore e fatto proprie le motivazioni presentate dalla Congregazione delle cause dei santi su istanza della postulazione della causa di Giovanni XXIII. Nel giugno 2013 la postulazione generale dell’Ordine dei Frati minori, alla quale fin dall’inizio era stata affidata la causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni XXIII, facendosi interprete dell’attesa di molti vescovi, sacerdoti, comunità religiose e laici, aveva formulato una supplica a Papa Francesco al fine di perorare la sua canonizzazione. Nella supplica, riportata nella Positio super canonizatione, veniva scritto: «La postulazione chiede umilmente e fiduciosamente a Vostra Santità la canonizzazione di questo Sommo Pontefice, che con la sua vita e il suo esempio ha segnato, in modo indelebile, la storia della Chiesa. La procedura canonica prevede che si acceda alla canonizzazione formale solo dopo l’approvazione di un miracolo, attribuito alla intercessione del candidato già beato. Nel caso di Papa Giovanni è nostro umile e riverente auspicio che Vostra Santità, in forza del suo ministero petrino, voglia dispensare da tale prassi e concedere pro gratia l’auspicata canonizzazione».
La supplica motivava così le ragioni elencando le seguenti considerazioni. Primo: «Il regolare percorso della causa fino alla beatificazione inclusa (approvazione degli scritti, meticolosa ricostruzione della vita, decreti sulle virtù e sul miracolo)». Secondo: «L’eccezionale vastità del culto liturgico (concesso dalla Santa Sede a diverse diocesi del mondo) e della fama sanctitatis et signorum, che accompagna nel popolo di Dio la memoria di Giovanni XXIII». Terzo: «La richiesta di padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte del Papa, auspicarono la sua immediata canonizzazione come atto del Concilio stesso». Quarto: «L’indiscussa attualità della figura e dell’opera di Giovanni XXIII».
Le ragioni principali della richiesta sono quindi due. La prima è l’eccezionale vastità del culto liturgico già reso al beato, che la Santa Sede ha concesso a diverse diocesi del mondo e che ha pertanto fatto configurare la memoria liturgica di Giovanni XXIII già da adesso come simile a quella di un santo canonizzato. A questo culto si unisce inoltre una crescente fama di segni e miracoli che accompagna nel popolo di Dio la memoria del beato, tanto che a partire dal giorno della sua beatificazione la postulazione ha potuto raccogliere da tutto il mondo numerose segnalazioni di grazie e favori ottenuti per intercessione del beato, spesso accompagnate da documentazione medica.
La seconda importante motivazione è data dalla richiesta di quei padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte di Roncalli, auspicarono la sua immediata canonizzazione addirittura come atto del Concilio stesso. Nel pieno del Concilio Vaticano II si voleva infatti concludere l’intervento sul De Ecclesia richiedendo una canonizzazione per acclamazione di Papa Roncalli. Una richiesta condivisa da tanti altri padri conciliari e da moltitudini di fedeli, i quali fin da allora domandavano di non esigere da Giovanni XXIII i miracoli rituali necessari per proclamarlo santo.Nessun candidato alla canonizzazione può oggi vantare una simile eccezionalità: un culto liturgico già diffuso nella Chiesa universale e una richiesta di canonizzazione per acclamazione espressa in un Concilio. Queste, dunque, le principali ragioni che Papa Francesco ha approvato per ritenere di procedere alla canonizzazione del beato Giovanni XXIII. Ragioni che sono supportate da altre due considerazioni: quella che il lungo processo di canonizzazione, con il decreto sull’eroicità delle virtù e sul miracolo, ha definitivamente reso limpido e garantito così l’autenticità della fama di santità e di miracoli; e quella dell’opportunità pastorale di riconoscere, nel tempo presente, la piena santità di Roncalli. (...)
L’attenzione che Papa Giovanni XXIII ebbe in ogni istante del suo servizio ecclesiale alla dimensione missionaria è un altro motivo di estrema attualità e quindi di opportunità pastorale della sua canonizzazione alla luce del magistero di Papa Bergoglio. Questa dimensione, al di là della grande responsabilità che Giovanni XXIII affidò alle Chiese locali, è riscontrabile in quello che si può definire il suo «testamento missionario», che egli manifestò nel discorso al Consiglio generale delle Pontificie opere missionarie il 16 maggio 1963, neanche tre settimane prima di morire. Il Papa prendeva spunto dall’enciclica Pacem in terris da poco promulgata, il documento che, come diceva lo stesso Pontefice, «ha portato in tutto il mondo l’eco delle materne sollecitudini della Chiesa per la costruzione di una duratura intesa fra i popoli» e che egli trasformò, concretamente, anche nell’assunzione di una piena responsabilità del clero indigeno nella guida delle Chiese locali. (...)
Papa Giovanni declinò questo desiderio anche attraverso la creazione dei porporati extraeuropei, aprendo il collegio cardinalizio a una dimensione autenticamente universale, testimoniando così l’amore per la tradizione della Chiesa e la consapevolezza del suo costante bisogno di aggiornamento. Nel suo «testamento missionario» Roncalli faceva emergere la priorità e l’essenzialità dell’annuncio evangelico nell’opera dei missionari che «vanno per le strade del mondo non per assoggettare», «non per dividersi la terra in zone di interessi, ma per servire». Lasciava intravedere non l’attivismo o il proselitismo dell’azione missionaria, ma l’autentico spirito di carità evangelica che spinge a uscire verso gli altri, verso il servizio, l’ascolto, il dialogo. La riscoperta della Chiesa non solo evangelizzatrice, bensì essenzialmente missionaria; la priorità dell’annuncio del Vangelo concentrato sull’essenziale, nel contesto di un rinnovamento della missione della Chiesa, secondo il criterio proposto dal Vaticano II della «gerarchia delle verità», affinché il messaggio evangelico possa giungere a tutti nella sua armoniosa totalità; l’invito al permanente dinamismo dell’uscita da sé in un atteggiamento ricettivo, nel desiderio inesauribile di offrire e ricevere misericordia per rimanere fedeli a Cristo e alla natura propria della Chiesa, sono le coordinate portanti della missione nella visione ecclesiale dell’attuale pontefice espresse nell’Evangelii gaudium. Resta perciò un’eredità per il presente l’insegnamento e l’impulso giovanneo che invita la Chiesa ad aprire le sue braccia e a rinnovarsi, e quindi a non chiudersi nell’autopreservazione, ammalandosi di autoreferenzialità, affinché la linfa vitale della comunità ecclesiale sia feconda e di contributo al bene di tutti.
Nell’attualità del rinnovato spirito missionario, come nelle altre opportunità pastorali considerate e riconosciute ai fini della canonizzazione pro gratia di Giovanni XXIII si identificano chiaramente le scelte pastorali fatte proprie da Papa Francesco nel suo magistero per il tempo presente e futuro della Chiesa. E appare evidente che nella temperie ecclesiale di oggi la canonizzazione di Giovanni XXIII, Papa del Concilio, assume un significato profetico: è di nuovo tempo di seguire il vento dello Spirito che spinge la sua Chiesa semper reformanda a camminare sulle strade del Vangelo.Perché sulle strade del Vangelo, che Angelo Giuseppe Roncalli ha incessantemente percorso, si è formata l’esemplarità della sua vita e si è mostrata la fecondità del suo servizio alla Cattedra di Pietro, lasciando al mondo un’inesauribile eredità. Ed è attraverso questa eredità che si possono intravedere anche quei legami spirituali che uniscono nella continuità Papa Francesco e Papa Giovanni.
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