L'urgenza far incontrare domanda e offerta di lavoro
martedì 16 novembre 2021

Caro direttore,
in questa fase di prolungata pandemia appaiono più evidenti diversi fenomeni prima latenti che, assieme agli aumenti dei prezzi di molte materie prime, complicano la ripresa che deve essere robusta e prolungata e non divenire soltanto un grande rimbalzo o una fiammata. La Commissione Ue ha indicato come fenomeno europeo quello che in Italia era già noto: il crescente disallineamento fra domanda e offerta di lavoro in molti settori.

Le imprese stentano, infatti, a trovare personale per tante occupazioni più o meno qualificate, mentre rimane ancora alta la disoccupazione. Soprattutto emergono le carenze di personale specializzato in attività o di scienze fisiche, chimiche e matematiche e di elevata tecnologia, o di parziale manualità. In tal modo non si riescono a cogliere le potenzialità attuali e future di molte imprese dei settori ora in maggiore espansione. In proposito, sono necessarie riflessioni più ampie e innovative che superino anche taluni pregiudizi del passato più o meno recente. Sono certamente da rivedere in Italia, ma anche nella Ue, le norme che regolano il mercato del lavoro e la formazione e riqualificazione professionale e che, evidentemente, alla prova dei fatti e delle grandi possibilità di sviluppo economico ed occupazionale, non riescono a far incontrare domanda e offerta di lavoro. Si tratta di vere emergenze che potrebbero frenare le prospettive di crescita economica e sociale e che non vanno certo rinviate, ma affrontate con ogni urgenza, innanzitutto con più formazione e più aggiornamento professionale.

Ma c’è anche di più. Emerge in modo crescente anche la carenza di medici, sia a seguito dell’emergenza pandemica sia indipendentemente da essa. Mancano sempre più, infatti, anche i medici di base, soprattutto nei centri minori dell’Italia che è fatta di poche megalopoli e soprattutto di piccole e piccolissime città. Insomma, occorre serenamente constatare, senza alcuna rassegnazione e senza polemica, che non sono state centrare le previsioni e le programmazioni poste in essere negli studi universitari e che vanno rapidamente ed efficacemente ripensate non solo per gli studi di Medicina, ma anche innanzitutto per i corsi di laurea scientifici, tecnici e tecnologici.

Questa innovativa riflessione non può limitarsi ai pur importantissimi studi universitari, ma deve essere ampliata agli studi delle medie soprattutto superiori. Occorre innanzitutto una riflessione innovativa sulla necessità di non limitarsi a programmare le possibilità di studi qualificati e di formazione professionale sulle strutture esistenti, quando occorrono, e oggi vi sono le risorse, più cospicui investimenti per realizzare nuove strutture di istruzione media superiore e universitaria per formare giovani che possano facilmente trovare posti di lavoro innanzitutto nei settori che più ne richiedono, spesso invano. In ogni caso, poi, occorre riqualificare il valore culturale e il riconoscimento anche morale delle professioni ed occupazioni che richiedono un (più o meno alto) livello di specializzazione e anche di manualità.

E i corsi di studi debbono essere orientati non all’ottenimento di un diploma che da solo non assicura affatto un lavoro, ma a una formazione culturale e professionale che prepari anche alle complessità del dopo-studi e dell’inserimento e della permanenza nella vita lavorativa. Percorsi che siano l’avvio di un itinerario di educazione culturale e professionale permanente.

Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi)

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