mercoledì 9 settembre 2009
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Quando nacque lui era lì, a cullarla tra le sue braccia. Com’era piccola e tenera e ingenua, la televisione, in quel 1954 quando Mike Bongiorno esordiva con 'Arrivi e partenze'. Non era né più colto né più scaltro né più raccomandato degli altri. Era un italiano di New York, o un newyorkese d’Italia. Gli altri studiavano e costruivano teoremi sulla tv; lui la conosceva, avendola vista negli Usa, probabilmente amata come sanno fare gli amanti veri: ne aveva posseduta l’anima, subito. Sapeva, perché lo 'sapeva', che il cinema esigeva superman, nel buio della sala e con il suo grande schermo caldo; la tv, invece, dentro il quadratino piccino nel soggiorno, davanti all’intera famiglia riunita; o appollaiata sopra il suo trespolo dei bar odorosi di vino e mortadella; lì, la tv chiedeva everyman, gente comune. Ovvero, come nel 1961 intuì Umberto Eco nella sua fulminante 'Fenomenologia di Mike Bongiorno', l’uomo assolutamente medio, nel senso – tenetevi forte – della «'medietà' aristotelica, equilibrio nell’esercizio delle proprie passioni, retto dalla virtù discernitrice della 'prudenza'». Nell’Italia che la tv s’incaricava di unire attorno agli stessi consumi, miti e linguaggi, il signor Mike – è sempre il maestro Eco ad erudirci – si esprime in un «basic italian», il massimo della semplicità: «Abolisce i congiuntivi, le preposizioni subordinate, riesce quasi a rendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi e parentesi, non allude», eccetera. Chiunque ha l’impressione di potersi esprimere in modo più ricco di lui. Conclusione: «Mike Bongiorno convince il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità». Un giudizio sommario e snob? No, ammirato e profetico. Tra il 1955 e il 1959 porta il quiz americano in Italia con 'Lascia e Raddoppia?', negli anni Settanta trionfa con 'Rischiatutto'. E a questo punto, intuisce per primo ciò che nessuno aveva intuito. Si ritrova con un’altra creatura da cullare tra le braccia. Di nuovo papà. Ieri della veterotelevisione; oggi della neotelevisione. Passa dalla Rai a una cosa che si chiama Tele Milano, appartenente a un oscuro imprenditore di nome Silvio Berlusconi. Perché una simile pazzia? Se lo chiedono tutti. Avranno la risposta qualche tempo dopo. Stava nascendo la neotelevisione, quella dei cento canali e dei mille spot... e dell’infinità mediocrità. Scriverà Aldo Grasso nella Garzantina della tv: «Per primo Bongiorno aveva capito che non serviva più promuovere programmi per vendere la televisione, ma occorreva realizzare spazi pubblicitari per vendere prodotti, rivelandosi anche in questo un maestro, il vero profeta del verbo berlusconiano». Sono gli anni di 'Bis', di 'Telemike', della 'Ruota della fortuna' (altro prodotto made in Usa). Mike Bongiorno è una sicurezza per gli investitori: affidargli un prodotto significa farne decollare le vendite, sempre. Ma gli anni passano, pure per l’inossidabile classe 1924... E anche la neotelevisione invecchia e appassisce, erosa dalla tecnologia, dai dvd, dai mille canali satellitari, dalla pay-tv, da internet, dal digitale. La neotelevisione è morta, anche se non tutti se ne sono accorti. Mike se n’era accorto prima degli altri, come al solito. Ed era stato messo da parte, o si era messo da parte lui. Ieri definitivamente. Sapeva che non avrebbe cullato più nessuno tra le sue braccia.
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