martedì 10 gennaio 2012
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Gesù è venuto al mondo nella notte, ma ha dato subito luce e gioia agli uomini, la sua presenza è fonte di speranza in ogni epoca, compresa la nostra, segnata da profondo malessere in campo economico e sociale. Tra realismo dell’analisi, fiducia nella parola di Dio, speranza nel futuro, si è sviluppato il discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico. Il Papa ha ricordato che la presenza e l’attività della Santa Sede si sono ulteriormente rafforzate nei rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, ed ha rivolto parole di gratitudine ai Capi di Stato e di Governo incontrati lo scorso anno nelle sue visite in Spagna, Germania, San Marino, o a Roma per la beatificazione di Giovanni Paolo II e altre celebrazioni. La dimensione universale della Chiesa è cresciuta a vantaggio delle attività religiose e benefiche in tutto il mondo.La preoccupazione del Papa è la stessa di tutti noi che viviamo una fase storica di incertezza per il futuro, di preoccupazione per un mondo pieno di conflitti e ingiustizie, con l’aggiunta di una caduta dell’economia che non risparmia nessuno. Nelle nazioni sviluppate ci si rende conto oggi che la crisi finanziaria globale affonda le radici nella separazione dell’economia dall’etica, nell’aver confidato troppo sulla tecnica e poco sul rispetto delle norme morali che regolano la vita personale e collettiva. Le Nazioni povere soffrono i mali della subalternità e dell’indigenza, patiscono guerre e repressioni che sembrano senza fine. Il Papa ha affrontato in particolare due grandi questioni, la sofferenza dei cristiani, emarginati, perseguitati in diverse parti del mondo, e la questione delle nuove generazioni che rischiano di rimanere isolate, prive dei loro diritti di conoscenza, e di intervento, per l’assenza di un vero progetto educativo. L’impegno per la libertà religiosa, primo di tutti i diritti, deve farsi concreto per evitare le guerre religiose, le persecuzioni di credenti e cristiani, per sconfiggere il «terrorismo motivato religiosamente» che continua a mietere tante vittime in Asia e in Africa.Quasi a sottolineare la fiducia nel futuro, Benedetto XVI cita più volte i giovani come fonte di speranza per le Nazioni e per i popoli, perché essi sono «la giovinezza delle nazioni e delle società, la giovinezza di ogni famiglia e dell’intera umanità». Nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa (la cosiddetta primavera araba), i giovani hanno lanciato per primi un vasto movimento di rivendicazione di riforme e di partecipazione attiva alla vita politica e sociale, e hanno scosso il mondo. Ma occorre dare risposte alle loro domande, evitare che le loro speranze siano deluse, perché oggi si avverte il rischio che l’ottimismo iniziale ceda il passo alle preoccupazioni per le difficoltà che si incontrano nel costruire una società veramente libera, fondata sui diritti umani. Spetta alla società internazionale dialogare perché i nuovi equilibri di governo nei Paesi ove sono state abbattute le dittature rispettino la dignità della persona e i diritti dell’uomo a cominciare dalla libertà religiosa. Ma ai giovani si deve dare di più, perché dalla loro crescita e formazione dipende il futuro della società. Il Papa delinea quasi un affresco dell’impegno educativo necessario per favorire la famiglia come cellula fondamentale della società umana, la cultura della vita come terreno per formare una coscienza retta, le istituzioni educative dove lo Stato e le Chiese possono svolgere ruoli complementari. Dal progetto educativo dipende il rispetto del diritto alla vita, la cura delle nuove generazioni, la diffusione di quei valori etici che spesso si vorrebbe ignorare ma di cui si avverte un grande bisogno quando si sperimentano crisi come quella attuale. Per queste ragioni Benedetto XVI torna ad affermare la centralità della presenza di Dio nella coscienza e nella società. Dove Dio è oscurato si oscura l’orizzonte terreno, si deteriora il rapporto dell’uomo con gli altri uomini e il rispetto del creato, mentre l’apertura alla trascendenza garantisce la persona e la predispone a costruire sulla roccia anziché sulla sabbia. Forse mai come in questo periodo storico, nel quale tutti noi avvertiamo il senso dei nostri limiti, percepiamo l’attualità del magistero del Papa e della Chiesa, sentiamo crescere la nostalgia per le parole di vita eterna che giovano a costruire una vita buona anche nel presente.
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