Logica e legge utili per l'Italia che sarà
martedì 27 ottobre 2020

Caro direttore, in un tempo in cui il coronavirus continua la sua corsa mietendo vittime e le amministrazioni dei Paesi di tutto il mondo si trovano sempre più alle strette nella scelta tra come contenere il diffondersi della pandemia e come non paralizzare l’economia con catastrofiche conseguenze, rischia di sembrare irrealistico preoccuparsi della questione migratoria. Nell’attuale scenario potremmo essere tentati di pensare che ci siano problemi più urgenti che soccorrere e accogliere quanti fuggono da guerre, persecuzioni e ingiustizie sociali.

Sembra che se ne possa parlare, ma solo a patto che lo si faccia in una chiave strettamente legata alla situazione che viviamo, limitandoci insomma a trovare soluzioni per arginare gli arrivi, riducendoci a considerare profughi e migranti solo un’ulteriore fonte di contagio. Eppure è importante che la pandemia non monopolizzi tutto, pensieri, azioni, progettualità. Il rischio più grande dell’emergenza che stiamo vivendo è che il virus si erga a sovrano assoluto della nostra vita: quando l’immediato ci divora, lo spirito va alla deriva (Edgar Morin). Abbiamo constatato che il contagio attraversa muri, confini, mari e ostinarsi a portare avanti politiche escludenti dei migranti, lo sappiamo, genera irregolarità e chiude al futuro. Mai come ora abbiamo bisogno invece di un 'noi' inclusivo.

La strada, come ci ha ricordato papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, è imparare a convivere per uscire insieme dalle crisi e anche da questa situazione. Affrontare, oggi e non domani, il tema delle migrazioni non è distrarre l’attenzione da una questione più urgente. Occuparsene, al contrario, aiuterebbe tutti a un duplice esercizio di razionalità e buon senso. Da un lato fare tesoro del fatto che approcci emergenziali per gestire fenomeni complessi e strutturati, come le migrazioni o la pandemia, non sono mai la soluzione. Dall’altro dobbiamo chiederci, oggi e non domani, in che tipo di Paese vogliamo vivere dopo la pandemia, quale direzione dare al nostro futuro comune, perché un dopo ci sarà e sarà il tempo di raccogliere quanto seminato oggi.

Ecco perché a tre anni dalla presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare 'Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari', ci sembra giunto il momento di affrontare la questione migratoria nel nostro Paese con uno sguardo d’insieme, aperto a un futuro da ricostruire. La campagna 'Ero straniero - l’umanità che fa bene' in questi giorni celebra, dunque, tre anni dal deposito in Parlamento delle 90mila firme per quell’iniziativa di legge popolare, che ancora aspetta di essere discussa. L’ampio e variegato cartello di promotori continua il suo impegno nell’interloquire con istituzioni, partiti e corpi intermedi, per far sì che la legge venga esaminata e approvata.

E porta avanti con impegno anche l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e di incidere sulla portata culturale delle migrazioni. 'Ero straniero' unisce una larga parte della società civile attorno a un messaggio che la pandemia ha mostrato in tutta la sua profeticità: accogliere l’altro è esercizio di umanità che richiede cura delle persone, delle relazioni e delle vulnerabilità. Una cura che in questi mesi ha mostrato limiti e precarietà dovuti alla mancanza di una visione politica che metta al centro diritti e dignità. Oggi paghiamo il prezzo altissimo di vivere una stagione in cui diritti inalienabili e universali come salute, casa e lavoro sono stati considerati privilegi per pochi, quando la nostra stessa Costituzione ci dice che si tratta di elementi imprescindibili per la costruzione una società coesa, inclusiva e plurale.

Oggi chi si sentiva talmente forte da poter vantare la cieca convinzione di escludere qualcun altro, si ritrova a vivere in condizioni di precarietà tali da essere accomunato a coloro che riteneva di poter escludere. In questo tempo il Governo attraverso la procedura di emersione del lavoro irregolare, contenuta del cosiddetto Decreto Rilancio del 19 maggio 2020 e attraverso la modifica dei decreti sicurezza ha dimostrato di saper affrontare le migrazioni anche con una visione che guarda al domani. Ora, però, ci vuole un’azione ancora più coraggiosa che vada oltre il consenso elettorale e attui politiche migratorie rispettose dei diritti. È questo il tempo per un mondo più umano, perché la difficoltà del tempo presente ha svelato i limiti di un mondo chiuso in se stesso.

Sacerdote, presidente Centro Astalli Servizio dei gesuiti per i rifugiati

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: