L’inflazione e le 2 pizzerie
domenica 20 agosto 2023

Dopo decenni in cui il problema sembrava essere il suo contrario (la deflazione), l’inflazione è tornata a colpire come alla fine degli anni 70, corrodendo potere d’acquisto e ricchezza degli italiani e mettendo in seria difficoltà i ceti più deboli e chi vive in condizioni di povertà o vicino a quella soglia.

Quest’inflazione ha un elemento in comune con quella nata dalla crisi petrolifera, ovvero l’aumento dei costi dell’energia a causa della nostra dipendenza dall’estero, ma si è poi sviluppata con caratteristiche in parte diverse. A differenza degli anni 80, quando la spirale prezzi-salari fu in parte responsabile della sua persistenza, all’inflazione di oggi si sommano infatti fattori come l’emergenza climatica e i suoi choc sull’offerta dei beni alimentari. A questi si aggiunge il sospetto che una parte del fenomeno sia dovuto alla cosiddetta inflazione da profitti, ovvero a imprese che “approfittano” della situazione per alzare i prezzi.

Nelle moderne economie di mercato ci sono tre fattori, tutti necessari, che renderebbero in principio l’inflazione da profitti impossibile. Il primo è la concorrenza, il secondo l’elasticità della domanda dei consumatori, il terzo la loro informazione su prezzi e caratteristiche dei prodotti. Facciamo un esempio molto semplice. Se la pizzeria sotto casa “approfitta” dell’inflazione per aumentare oltre misura i prezzi di listino, il fatto che nel mio quartiere esistano altre pizzerie e la capacità dei consumatori di essere “elastici”, confrontando i prezzi e cambiando ristorante, frenerebbero subito le sue velleità. Ci sono purtroppo settori nei quali la concorrenza è scarsa o assente (si pensi a quello dei traghetti i cui costi incidono significativamente sulle vacanze di molti italiani) e in molti casi i consumatori non sono né bene informati né così dinamici e pronti a cambiare le loro abitudini.

Se questo è il quadro, la prima decisione del governo per moderare l’inflazione da profitti è senz’altro utile. Rendere noto il prezzo medio del carburante ai distributori di benzina aumenta l’informazione e rende possibile l’esercizio della scelta per i consumatori. L’elasticità della domanda trova comunque un limite nei costi di ricerca. Andare da una pizzeria all’altra nel quartiere è tutto sommato facile, ma non possiamo passare ore girando con l’auto in riserva per cercare il distributore con i prezzi più favorevoli. Per questo un’app sarebbe molto più efficace dei cartelli ed aumenterebbe la risposta dei consumatori ai prezzi.

La seconda iniziativa del governo è ambiziosa e con minori probabilità di successo. Definire un paniere di beni che avranno nelle intenzioni un prezzo calmierato e convincere tutti gli attori della filiera ad accettare volontariamente il prezzo ribassato è un intento lodevole che richiede però la cooperazione di molti attori. Per rendere l’iniziativa più efficace sarebbe necessario un marchio (che potrebbe essere reso noto attraverso forme di Pubblicità Progresso e tutti gli strumenti digitali possibili) in grado di identificare di fronte ai consumatori i produttori che hanno deciso di aderire all’iniziativa. Si solleciterebbe il voto col portafoglio dei consumatori per premiare le imprese che hanno preso impegni nella campagna di riduzione dell’inflazione. In questo modo, il sacrificio di utili per le imprese che aderiscono potrebbe essere compensato da un aumento di domanda rafforzato da una chiara identificazione degli stessi prodotti, che stimola il voto col portafoglio dei cittadini per realizzare un obiettivo di comune interesse nazionale (la riduzione dell’inflazione). Rilevante in questo caso il valore “civico” dell’elasticità della domanda dei consumatori e del voto col portafoglio.

Abbiamo sempre pensato che scegliere un prezzo più basso (a parità di qualità e sostenibilità sociale ed ambientale dei prodotti beninteso) fosse semplicemente un’azione nell’interesse del consumatore. In realtà scopriamo che quest’azione ha anche un valore sociale e un’esternalità positiva.

Se in sostanza, tornando al nostro quartiere e alle due pizzerie, i consumatori votano col loro portafoglio andando a cena nella pizzeria che non ha aumentato a dismisura il listino prezzi, l’altra pizzeria potrebbe desistere dall’intento di alzare i costi, non contribuendo dunque alla crescita dei prezzi, con un’azione che modererebbe l’inflazione. Se il meccanismo si ripetesse in tanti altri settori, l’effetto aggregato potrebbe essere significativo. Abbiamo imparato a conoscere il voto col portafoglio dei consumatori come premio per le filiere e i prodotti che promuovevano sostenibilità ambientale e dignità del lavoro. Esiste forse uno spazio di azione civica dei cittadini dove elasticità della domanda e voto col portafoglio non solo hanno effetti positivi sui propri bilanci, ma possono contribuire a calmierare le dinamiche dei prezzi favorendo una guarigione più rapida dalla malattia dell’inflazione.

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