L'ignoranza rende vittime
giovedì 19 dicembre 2019

L’incompetenza finanziaria di troppi di noi italiani è un abisso che ci viene svelato solo ogni tanto, quando capita che una grande crisi faccia emergere le storie di migliaia di risparmiatori rovinati. È successo con le banche venete, con Banca Etruria e gli altri istituti "salvati", sta succedendo adesso con la Banca Popolare di Bari. In quell’abisso c’è di tutto. L’insegnante che raccoglie i suoi risparmi e li investe sulle azioni di una banca non quotata, come se non capisse che è un titolo illiquido e senza mercato, il cui valore è stabilito dagli altri soci. Il pensionato che acquista decine di migliaia di euro di obbligazioni subordinate, bond che possono non valere più nulla se la banca va in crisi. Gli impiegati così in buona fede (ma anche così impreparati) da piazzare strumenti finanziari rischiosi anche ad amici e parenti, presumibilmente perché quello è stato l’ordine del direttore di filiale che a sua volta ha trasmesso ai sottoposti il mandato ricevuto dai superiori.

Saranno i magistrati, anche nel caso della banca pugliese, a stabilire le responsabilità dei manager. Non sarà irrispettoso, senza abbandonarsi agli eccessi sguaiati di molta della nostra classe politica, verificare anche se Banca d’Italia e Consob hanno svolto correttamente il loro lavoro di vigilanza. Ma purtroppo gli eventuali errori di gestione e controllo che hanno portato al dissesto della Popolare di Bari non sono il vero cuore del problema. Le storie umanamente terribili di chi ha perso soldi con queste e altre banche fanno guardare con preoccupazione ai 4.500 miliardi di euro di risparmi delle famiglie italiane, una cifra che vale due volte il nostro Prodotto interno lordo. Perché se i risparmiatori gestiscono il loro denaro con tanta leggerezza è solo grazie al caso e alla fortuna che quei risparmi ci siano ancora.

Investire è un’attività impegnativa e rischiosa, in cui è fondamentale sapere ciò che si sta facendo. Gli italiani molto spesso non lo sanno. Nel rapporto 2019 sulle "Scelte di investimento delle famiglie italiane" la Consob parla di «conoscenze molto contenute delle nozioni finanziarie più semplici». È una perifrasi gentile. Interrogati su sette concetti finanziari elementari come inflazione, diversificazioni o relazione rischio-rendimento solo il 2% dei risparmiatori sa definirli tutti correttamente e solo il 12% ne conosce almeno quattro. Solo il 40% ha chiaro il concetto che non esiste rimborso per chi ha un’azione di un’azienda che fallisce. Il 54% dei risparmiatori non sa nemmeno calcolare una percentuale.

Davanti agli sprovveduti non c’è cautela o regola che tenga. Nelle 370 pagine del prospetto informativo con cui, tra il 2014 e il 2015, la Popolare di Bari ha presentato ai risparmiatori le sue nuove azioni e le obbligazioni subordinate le parole 'rischio' o 'rischi' comparivano 1.102 volte. Non era trasparenza altruistica, ma obbligo di legge. La banca dedica più di cinquanta pagine a illustrare tutte le insidie di quanto sta proponendo al risparmiatore, compreso il fatto che c’è un palese conflitto di interesse nel vendere titoli emessi da lei stessa. Tutti questi allarmi non hanno impedito a decine di migliaia di persone di comprare circa 220 milioni di euro di obbligazioni subordinate e 330 milioni di euro di azioni. Probabilmente se davvero avessero letto quelle pagine (come hanno dichiarato, firmando, di avere fatto) molti di quei risparmiatori avrebbero ancora il loro denaro.

Con la direttiva Mifid, introdotta nel 2007 e aggiornata nel 2018, l’Unione Europea ha alzato il livello di protezione del risparmiatore. Evidentemente non basta. L’investitore è chiamato ad auto-valutarsi compilando, quasi sempre in banca, un questionario con domande sulla propria situazione finanziaria, i redditi, la propensione al rischio. Tra le ricerche sul questionario Mifid più popolari su Google ci sono domande come 'questionario Mifid precompilato' o 'questionario Mifid risposte corrette': chi va online in cerca delle risposte su quanti soldi possiede farebbe meglio ad accontentarsi di avere un conto corrente.

Se il risparmiatore è impreparato e le regole non bastano l’unica strada possibile è aumentare il livello di educazione finanziaria. L’Italia negli ultimi anni ha intensificato gli sforzi con l’istituzione nel 2017 del Comitato per l’educazione finanziaria affidato ad Annamaria Lusardi, economista della George Washington University considerata una luminare della materia, e nel 2018 con l’introduzione del 'Mese dell’Educazione Finanziaria', l’ ottobre dedicato alla formazione dei risparmiatori. L’impegno c’è, ma è inutile aspettarsi risultati rapidi da un’attività formativa che, per sua natura, ha lunghi tempi di assimilazione. Nel frattempo, i crac bancari stanno impartendo alla popolazione un duro corso accelerato su azioni, obbligazioni, rischio e rendimento, ma a carissimo prezzo. L’ignoranza rende vittime, sempre.

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