Lezione inglese da soli ci si fa molto più male
sabato 27 agosto 2022

Scioperi, inflazione, caos. Addirittura, lo spettro della mancanza di cibo per la carenza di manodopera agricola che possa garantire raccolti a prezzi abbordabili. Non è la fotografia dell’Italia (anche se bisognerà stare molto attenti pure da noi), ma quella della Gran Bretagna. Il Paese che ha appena festeggiato con grande trasporto il giubileo di platino della regina Elisabetta sembra essere ricaduto (anche se le stagioni non coincidono) nell’'inverno dello scontento', che nel 1978 segnò la fine dei governi laburisti. E che nella primavera del 1979 portò all’affermazione di Margaret Thatcher che avrebbe guidato l’Isola per i 20 anni a seguire. Secondo le stime, l’inflazione entro la fine dell’anno potrebbe raggiungere addirittura quota 18,3%, una percentuale che non si vedeva da decenni.

E gli aumenti salariali proposti dal governo conservatore dello sfiduciato Boris Johnson non hanno incontrato l’approvazione dei sindacati che hanno proclamato una serie di scioperi che in questi giorni stanno causando grandi difficoltà in tutto il Paese. Di sicuro, tra le cause di questa situazione, una parte importante ce l’ha la nuova fase della guerra d’Ucraina scatenata sei mesi fa da Vladimir Putin e che la Gran Bretagna di BoJo affronta, diciamo così, con specia- le partecipazione. Ma una fetta – e neppure troppo piccola – di colpa se la deve caricare anche chi si è battuto per la Brexit. Proprio quell’uscita dall’Europa che secondo gli aedi del ritorno alla sovranità piena avrebbe garantito ai patriottici sudditi di Sua Maestà britannica un futuro radioso e pieno di soddisfazioni.

E invece… Il costo della vita Oltremanica ha iniziato a salire molto prima che i carri russi entrassero nel Donbass e anche dopo l’inizio delle ostilità, in Paesi come Germania e Italia che dipendono dall’importazione di gas russo, l’inflazione registra picchi significativi eppure decisamente più bassi. Secondo un rapporto della London School of Economics, le barriere erette dopo l’addio a Bruxelles hanno causato una crescita dei costi del 6% sui prodotti alimentari. Senza contare il rincaro dei servizi. A questo si aggiunge la mancanza di lavoratori: le difficoltà frapposte dalla condizione di Stato sovrano al di fuori dall’Ue ha fatto sì che la manodopera non qualificata arrivi con più difficoltà a Londra e nelle altre aree urbane. Ciò significa che mancano coloro che sono disposti a fare i lavori meno pagati.

E questo pesa sull’economia. Certo, anche il Covid ha fatto la sua parte, costringendo molti lavoratori stranieri a fare ritorno in patria. Dopo la fine delle restrizioni sanitarie, sono però state le barriere alzate dalla Brexit a impedire che ci fosse un cammino inverso. Tanto che, per la prima volta da decenni, i posti vacanti sono giunti a superare il numero ufficiale dei disoccupati. Come se non bastasse c’è anche il crollo degli investimenti esteri nelle imprese britanniche. Se nel 2008 l’economia inglese era al secondo posto fra quelle più sviluppate, ora è scivolata al quarto posto.

E nulla sembra suggerire una inversione di rotta, anzi. Insomma, il sogno del ritorno ai fasti dell’Impero si è trasformato in un incubo che pesa sui più poveri, aggravato anche da un Welfare di cui si attende da anni una riforma. Di fronte a tutto questo, la speranza è che in Italia si usi più discernimento. Sono lontani i toni sguaiati del 2018, quando sembrava che Bruxelles fosse la causa di tutti i nostri guai. Un clima anti-europeo e anti-europeista che costrinse il presidente Sergio Mattarella a intervenire al momento formazione della maggioranza e dell’esecutivo M5s-Lega per evitare un ministro del Tesoro considerato troppo euroscettico. Il rischio sovranismo, però, non è finito.

L’idea che i governi nazionali possano fare da soli andando contro le istituzioni europee pensando, ad esempio, di mutare gli accordi sul Pnrr potrebbe portarci a uno sterile e autolesionista confronto con Bruxelles. La 'ricetta Brexit' ha dimostrato il suo fallimento. La speranza è che l’auspicio del premier Mario Draghi – «L’Italia non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola, il nostro radicamento nella Ue coincide con la visione dei nostri padri e dei nostri nonni» – sia la stella polare dei tempi a venire.

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