sabato 2 febbraio 2019
Dove sta andando la vita consacrata? Qual è il senso della sua presenza nella Chiesa e nella società plurale? Ce lo chiediamo oggi mentre ne celebriamo la XXIII Giornata mondiale
Caritas di Siracusa, foto per la campagna 8x1000 del 2018 (Francesco Zizola)

Caritas di Siracusa, foto per la campagna 8x1000 del 2018 (Francesco Zizola)

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Dove sta andando la vita consacrata? Qual è il senso della sua presenza nella Chiesa e nella società plurale? Ce lo chiediamo oggi mentre ne celebriamo la XXIII Giornata mondiale. Il mondo variegato della vita religiosa ha intrapreso dal Vaticano II cammini di comunione e di sinodalità intra-ecclesiale, di dialogo con il mondo, e ha sperimentato, dentro una ecclesiologia meno clericale e più di Popolo di Dio, la co-essenzialità dei doni carismatici e istituzionali, entrambi a servizio del Regno dei cieli. Inutile, però, nasconderlo: gli istituti religiosi stanno attraversando un tempo di transizione e di travaglio. Questo tempo è sfida e opportunità, perché non è un mondo che sta morendo ma un nuovo mondo che sta nascendo.

Ci sono segnali importanti da riconoscere: le collaborazioni intercongregazionali e la nascita di nuove forme di vita consacrata; il ' nuovo umanesimo' che fiorisce nella vita di chi sceglie Gesù Cristo, perché ogni vocazione autentica non congeda dalla storia; la capacità di vivere la profezia, la sapienza e l’escatologia come prospettiva che rende ragione delle forme entro cui si vivono la libertà, le relazioni, il rapporto con le cose; l’assunzione di nuove diaconìe. Tutti siamo convinti che i cambi epocali offrono mille occasioni per apprezzare le tante novità e le nuove opportunità, ma siamo anche certi che in questo cambio non tutto è positivo; ci sono zone d’ombra, come i nuovi poveri e le nuove emergenze, i prodotti perversi della economia e della finanza, l’irrilevanza della persona umana.

Sono milioni gli emigranti (250 milioni) che attraversano deserti aridi e mari tombali in cerca di fortuna; che fuggono dall’oppressione e dalla fame alla disperata ricerca di passaggi impossibili; milioni gli illusi di un benessere che poi li tradisce e li abbandona, li emargina e li disprezza. E sono qui tra noi, smarriti, senza radici né futuro, folgorati dal miraggio di una vita facile e di un guadagno veloce, spesso con la più amara delusione nell’anima e nel corpo. Cosa fa la vita religiosa in Italia dinanzi a tale scempio? Cosa fa per non essere solo erede di mille forme di risposte ai mali del passato, memoria di diaconie benemerite ma ormai finite? Sicuramente vive il travaglio di questo tempo, l’insignificanza e la marginalità di tanta parte di umanità. Lo fa come grazia e profezia, come opportunità per mettere insieme la città di Dio e quella degli uomini, alimentando, oggi, una rinnovata passione per Dio e per l’umanità, rivisitando le diaconie ereditate ed intercettando altre domande, altre emergenze, altre sfide a cui bisognerà dare risposte concrete, generose e audaci. Infatti, se i carismi sono lo sguardo di Dio sul mondo, e se i religiosi e le religiose sono parte di quel popolo di Dio che si rende disponibile a prendersi cura di ciò che Dio vede, urge tornare a riflettere sui campi di missione e di carità, accogliendo ciò che lo Spirito suscita di nuovo oggi.

La vita religiosa sa che deve ripartire dai giovani, perché questi non solo hanno forato il cuore dei Fondatori ma anche quello di tutti coloro che si sono presi cura della loro condizione umana e sociale. Oggi i giovani 'a rischio' sono quelli schiavizzati dai mercanti del sesso, dal fascino dell’effimero, dalle droghe e dall’alcool. Ragazzi e ragazze svuotati di senso e abbandonati all’esteriorità di se stessi e del mondo. La vita religiosa non può abbandonare la scuola. Infatti, se nei secoli passati questa era privilegio di pochi e per colmare questa povertà nacquero tante istituzioni scolastiche, oggi bisogna ripensare questa diaconìa.

Non bastano adattamenti generosi, ci vuole fantasia e creatività fuori schema per garantire il carattere pluralistico al sistema scolastico italiano, riconoscendo la libertà di insegnare, istituire scuole, scegliere i luoghi dell’istruzione. Lo stesso vale per l’assistenza agli anziani, le scuole materne e gli orfanotrofi, le mense sociali e per tanti altri servizi di carità.

Ma oggi ci sono emergenze che chiamano i religiosi e le religiose a nuove uscite coraggiose: sono gli immigrati senza permessi che vivono in semi-clandestinità insieme alle loro famiglie; i bambini che fanno i mendicanti, forzati dai genitori o dai loro aguzzini; i lavoratori che, lungo la strada, ogni mattina aspettano 'il caporale' e poi lavorano in condizioni da schiavi; i disoccupati che si trovano sul lastrico, con una famiglia da mantenere o un mutuo da pagare; gli impoveriti della società opulenta o i coniugi separati, soli e tristi.

Se questa è l’istantanea della realtà, non potrebbe essere questo un pezzo rilevante del futuro buono della vita religiosa? Non sarebbe l’attivazione di nuove diaconìe a rappresentare un modo concreto e credibile per raccontare Dio oggi? Certo, occorrerà fare tutto questo, ma senza omettere la promozione della diaconìa dell’educazione e della sollevazione delle coscienze, vera scuola di umanesimo rispetto alla sfida della paura e del pregiudizio in cui vive la nostra società. I religiosi si affacceranno su questo nuovo orizzonte, si stanno preparando ad abitarlo con fede e profezia, coltivando lo stesso sguardo di Dio sul mondo attraverso nuove forme di diaconìa evangelica.

Ocd-Ordine dei Carmelitani Scalzi
Presidente nazionale Cism Conferenza italiana superiori maggiori

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