Un bimbo sta per nascere. Di quello che ne sarà di lui, o di lei, non poco è già scritto. Non solo nelle pagine del Dna, ma nella mente e nelle risorse di coloro che se ne prenderanno cura.
A un anno di vita i bambini sono già disuguali. A volte per stato di salute, spesso per competenze. A tre-quattro anni queste differenze divengono ancora più ampie e continuano poi ad accrescersi. Da secoli pedagogisti, filosofi e medici si sono preoccupati di porre rimedio a questa ingiustizia, proponendo spazi, tempi e metodi per un’educazione precoce capace di garantire uguali e migliori opportunità per tutti. Da Comenio ai nostri Montessori e Malaguzzi, passando per Pestalozzi, Froebel, Dewey, Pickler e tanti altri, si è venuto definendo un imperativo educativo: dare a tutti i bambini, fin dagli anni prescolari, la possibilità di apporti educativi che completino quanto offerto dall’ambiente familiare. Nonostante secoli di pensiero pedagogico e una gran mole di studi che documentano i benefici della frequenza di servizi educativi, questo imperativo è ben lungi dall’essere realizzato. Nel nostro Paese lo è per un bambino su quattro; al Sud per uno su dieci; nelle aree interne e nei piccoli Comuni ancora meno.
Nell’ambito del Pnrr appena approvato dal Parlamento ha trovato finalmente spazio l’infanzia e l’investimento sui nidi, a cui sono state dedicate risorse ragguardevoli rispetto al passato, ma ancora insufficienti a colmare il divario in tempi accettabili. E comunque, se anche le risorse per i nidi fossero sufficienti, questo non basta. Perché di quel bimbo che nasce occorre prendersi cura ben prima che arrivi, quando c’è, il nido. È infatti l’ambiente familiare che condiziona, prima di tutto e più di tutto, il loro presente e il loro futuro. Ma è possibile rendere questo ambiente più attento, più responsivo ai bisogni, più ricco di opportunità e, in certi casi, meno violento nelle parole e negli atti? Oggi la ricerca ci dice che molto si può fare. Lavorando con tutte le famiglie, non solo con quelle che definiamo 'vulnerabili'. Gli studi dimostrano che programmi che offrono incontri rivolti ai genitori e ai loro bambini, in piccoli gruppi che facilitino lo scambio tra pari, guidati da educatori a questo formati, portano grandi benefici ai bambini, proprio perché fanno bene ai loro genitori. Che scoprono modalità di interazione semplici, ma di qualità e di educazione autorevole e mai violenta, che vengono accompagnati a utilizzare meglio i servizi disponibili, che ampliano le loro reti sociali e di mutuo aiuto (come s’è visto durante la pandemia) e si portano a casa delle buone pratiche, contaminando (questa volta con un virus buono) nonni e amici. La ricerca dimostra che il vantaggio che i bimbi ne traggono si perpetua anche negli anni successivi, a scuola, nella vita.
Ecco perché, accanto a rendere universale l’accesso ai nidi, occorre muoversi per 'sostenere le competenze genitoriali', come peraltro scritto nel Pnrr, attrezzando spazi e individuando tempi per offrire quest’opportunità a tutti i giovani adulti che stanno per diventare o sono da poco diventati genitori. Tutti i settori possono contribuire: il sanitario, a partire dai percorsi pre e postnatali e dai bilanci di salute presso i pediatri di famiglia; l’educativo, prevedendo il lavoro con i genitori come parte integrante della missione educativa; il sociale, chiamato a intervenire dove questi percorsi precoci individuano elementi di fragilità che possono richiedere interventi di supporto più complessi; il culturale, perché biblioteche, musei, spettacoli e parchi possono offrire occasioni di piacere, scoperta, crescita. Se tutti fanno la loro parte, le risorse necessarie per garantire ad ogni famiglia queste opportunità sono alla portata di tutte le amministrazioni locali. Con il supporto del Terzo Settore, delle Fondazioni, delle stesse aziende.
Nidi e supporti alle famiglie: sono due pilastri fondamentali dei nostri doveri verso quella «next generation», la prossima generazione, che sta a tutti noi così tanto a cuore nel privato, ma non abbastanza nel pubblico.
Pediatra, presidente del Centro per la salute del bambino onlus