martedì 26 agosto 2014
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Incalzati dal ricorrere di notizie giudiziarie, siamo portati a dimenticare che la vicenda Stamina non ha a che fare con tribunali e procure, ma con malattie implacabili e ancora inespugnate che rendono fragile la vita di molti più bambini di quel che possiamo supporre e sopportare. Le carte bollate hanno sopraffatto la ricerca scientifica, i ricorsi e le ordinanze si sono sovrapposti al legame tra i medici e i piccoli pazienti che con i loro genitori invocano una risposta che ancora non c’è, almeno non all’altezza delle aspettative. Istintivamente consapevoli della posta in gioco, attendiamo un po’ di chiarezza e di buon senso, ma la cronaca ci restituisce fazioni contrapposte – non ultima la lotta tra scienza "ufficiale" e fautori di protocolli innovativi –, proteste eclatanti, dichiarazioni muscolari e infine blitz per sequestrare provette e attrezzi di laboratorio, come in un legal thriller. A tanto si è arrivati per l’imperdonabile errore che è alla radice del caso ormai tracimato in una contesa legale sfrangiata in più di 300 pronunciamenti di giudici civili a favore o contro la (sedicente) cura a base di cellule staminali. Un peccato d’origine mediatico e culturale sul quale nessuno pare disposto a compiere un esame di coscienza, forse perché facendolo si svelerebbe uno dei meccanismi che muovono la gioiosa macchina dei "nuovi diritti". Continuando infatti a sostenere in ogni sede e con ogni argomentazione che a nessuno può essere negato il percorso che ritiene più efficace per veder soddisfatta un’esigenza o un’aspettativa individuale – dal figlio in provetta alla morte a richiesta – si finisce per coltivare il terreno fertile della speranza con l’erba infestante della pretesa di chiedere e ottenere secondo la misura dei propri desideri, spesso assai più che comprensibili ma non sempre assecondabili se non mentendo alla scienza o alla natura. Il mercato dei "diritti" si arricchisce di sempre nuovi prodotti, ma la loro vendita a buon mercato nel nome del caso umano o dell’emotività – che giustamente oggi appare come una pessima bussola per decidere che orientamento prendere – presto o tardi presenta il conto, e nasconde qualunque possibile soluzione realmente umana dietro una cortina di fumo ideologico. Sotto il profilo della cultura pubblica del nostro Paese il dossier Stamina è paradigmatico, e il labirinto dei ricorsi nel quali si sono persi decine di giudici in tutta Italia (una istanza respinta contro una accettata, spesso sul medesimo caso) è l’esempio lampante dell’impotenza del diritto quando si cimenta con una materia che difetta della verità più elementare: in quelle provette c’è una cura oppure no? Continuiamo a credere che una risposta seria possa essere data senza scomodare altri giudici, e che sia un dovere della scienza, della medicina e della politica offrirla quanto prima alle famiglie dei bambini affetti da patologie come Atrofia muscolare spinale o Leucodistrofia metacromatica: malattie che noi conosciamo solo attraverso i nomi di Sofia, Celeste e Noemi, le piccole i cui genitori si sono rivolti anche a Stamina per chiedere una risposta che altrove non hanno trovato. Si abbia allora l’onestà di dire basta con il mercato delle illusioni spacciate per diritti, e si ritrovi la strada della più elementare umanità.
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