martedì 23 aprile 2019
Per rendere affascinante il dono di sé Francesco ricorda che la chiamata di Cristo non annulla la propria umanità. Tanti esempi contemporanei di vita buona
Il messaggio alle nuove generazioni dell'Esortazione apostolica post-sinodale "Christus vivit". Negli ultimi mesi ci sono state molteplici iniziative della Chiesa tutte volte a riscoprire modelli di santità in linea con lo stile di vita dei ragazzi di oggi. Un segno che lo Spirito continua a soffiare In Italia e nel mondo, a tutti i livelli, si riconoscono i tratti di una vita esemplare in figure di giovani normali eppure straordinari

Il messaggio alle nuove generazioni dell'Esortazione apostolica post-sinodale "Christus vivit". Negli ultimi mesi ci sono state molteplici iniziative della Chiesa tutte volte a riscoprire modelli di santità in linea con lo stile di vita dei ragazzi di oggi. Un segno che lo Spirito continua a soffiare In Italia e nel mondo, a tutti i livelli, si riconoscono i tratti di una vita esemplare in figure di giovani normali eppure straordinari

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«Attraverso la santità dei giovani la Chiesa può rinnovare il suo ardore spirituale e il suo vigore apostolico». Quello che papa Francesco scrive al n. 50 dell’Esortazione post-sinodale Christus vivit sta diventando pian piano realtà: sono molteplici infatti i segnali che dicono che la Chiesa, tanto ai vertici quanto nelle sue articolazioni locali in varie parti del mondo, sta imparando a riconoscere i tratti di una vita cristiana esemplare in figure di giovani 'normali', eppure straordinari. Figure da proporre come modelli di 'vita buona' significativi per l’oggi, esempi di una testimonianza cristiana praticabile anche dai millennials.

Qualche esempio eloquente. Il 7 aprile scorso la diocesi di Bergamo ha aperto la fase diocesana del processo di beatificazione di Giulia Gabrieli, morta all’età di 14 anni, il 19 agosto 2011, dopo due anni di sofferenze, affrontate con grande fede. Il giorno prima papa Francesco aveva approvato il decreto che riconosce le virtù eroiche di Nelson Santana, un bambino brasiliano di 9 anni stroncato da un tumore al braccio nel 1964. Lo stesso giorno, ad Assisi, centinaia di persone hanno preso parte alla traslazione del corpo del quindicenne milanese Carlo Acutis dal cimitero al Santuario della Spogliazione. Morto nel 2006 a causa di una leucemia fulminante, Acutis era stato dichiarato venerabile lo scorso 5 luglio. Acutis è uno dei giovani indicati da Papa Francesco come modelli nella Christus vivit, insieme a tre italiani (san Domenico Savio e i beati Piergiorgio Frassati e Chiara Badano) e altre figure, europee ed extraeuropee.

Il Sinodo dei giovani, celebrato lo scorso ottobre, ha riportato con forza sotto i riflettori il tema della santità giovanile. Proprio durante i lavori sinodali, il 14 ottobre 2018, s’è svolta a Roma la canonizzazione di Nunzio Sulprizio, un giovane operaio dell’Ottocento, mentre, poco prima dell’inizio del Sinodo, papa Francesco aveva dichiarato venerabile Nicola D’Onofrio studente e religioso camilliano, morto di cancro a soli 21 anni. Ma se ripercorriamo gli ultimi mesi, ci accorgiamo che sono davvero molteplici le iniziative della Chiesa volte a riscoprire modelli di santità in linea con lo stile di vita dei giovani di oggi. L’esempio più significativo riguarda la romana Chiara Corbella, giovane sposa e madre di famiglia, morta nel 2012 all’età di 28 anni; il 21 settembre 2018 si è aperta ufficialmente la sua causa di beatificazione. Poche settimane prima, il 5 luglio, Papa Francesco aveva autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare il decreto riguardante le virtù eroiche di Pietro Di Vitale, seminarista palermitano ventiquattrenne, morto nel 1940.

Non tragga in inganno il fatto d’aver citato quasi esclusivamente nostri connazionali. Gli italiani, ovviamente, non detengono il copyright della santità. Basti ricordare che il 21 marzo 2019, solo per fare un esempio recente, in Spagna sono stati beatificati 9 seminaristi martiri in 'odium fidei'. Se riavvolgiamo il nastro della memoria – sia pur limitandoci al solo 2018 – scopriremo che il 28 marzo dello scorso anno Papa Francesco aveva riconosciuto ufficialmente il martirio di Anna Kolesárová, sedicenne slovacca, uccisa nel 1944. Un martirio che, come per Maria Goretti, è avvenuto in difesa della castità. Ancora. Il 1° maggio 2018 è stato beatificato in Ungheria don Janos Brenner, ucciso all’età di 26 anni, dopo soli due anni e mezzo di ministero sacerdotale. La sua è una storia particolarmente interessante. Ancora adolescente, infatti, gli toccò di vestire i panni, in uno spettacolo teatrale, di Tarcisio, il giovane romano che nel 257 d.C. morì per proteggere l’Eucaristia che stava portando ai cristiani in carcere. Al giovane ungherese, secoli dopo, sarebbe toccata la stessa fine, quella dei martiri in odium fidei: è stato colpito a morte con 32 coltellate in un agguato, mentre stava portando l’Eucaristia a un malato. er chiudere questa breve carrellata, ri-Pcordiamo che nel novembre 2018 l’arcivescovo greco-cattolico di Beirut ha aperto il processo di beatificazione di Fathi Abboud Baladi, giovane universitario (19 anni), assassinato nel 1980. Nello stesso periodo in Brasile è stata aperta la causa di beatificazione di Marcelo Câmara, numerario dell’Opus Dei morto nel 2008 all’età di 28 anni. Non va dimenticato, infine, che due piccole Chiese asiatiche, negli ultimi anni, hanno potuto rendere onore a due loro figli giovani che si sono distinti nel cammino della santità. Parliamo del catechista Paolo Thoj Xyooj, il primo laotiano a salire alla gloria degli altari, l’11 dicembre 2016 (ucciso insieme a padre Mario Borzaga, missionario trentino degli Oblati di Maria Immacolata) e di Isidoro Ngei Ko Lat, primo birmano ad essere proclamato beato il 24 maggio 2014; anch’egli è stato catechista e amico di un missionario, padre Mario Vergara del Pime.

Questa schiera di nomi forse sorprenderà qualcuno, specie quanti – come tanti genitori e nonni – tendono ad assumere uno sguardo pessimista sui giovani di oggi o, peggio ancora, rimpiangono nostalgicamente i 'tempi andati' come se oggi lo Spirito non soffiasse più. È una tentazione pericolosa, dalla quale papa Francesco, nel- la Christus vivit, ci mette in guardia: «Oggi noi adulti corriamo il rischio di fare una lista di disastri, di difetti della gioventù del nostro tempo. (...) Lo sguardo attento di chi è stato chiamato ad essere padre, pastore e guida dei giovani consiste nell’individuare la piccola fiamma che continua ad ardere, la canna che sembra spezzarsi ma non si è ancora rotta. Così è lo sguardo di Dio Padre, capace di valorizzare e alimentare i germidi bene seminati nel cuore dei giovani».

Lo sforzo lodevole della Chiesa di additare modelli positivi e replicabili di giovani 'riusciti' e felici in quanto cristiani (e non nonostante!) si scontra indubbiamente con un contesto culturale che privilegia valori lontani da quelli del Vangelo. Scrive don Michele Falabretti, nella prefazione al catalogo della mostra 'Santi della porta accanto. Giovani testimoni della fede', promossa dal Centro culturale San Paolo: «Gran parte degli adulti (almeno dalla mia generazione in su) sono stati formati da piccoli attraverso la narrazione delle vite dei Santi. Fu un esercizio facile, quando la televisione era ancora in bianco e nero e fatta di due canali. Questo ha certamente permesso, a storie spesso eroiche, di formare la nostra interiorità. Oggi tutto questo appare più debole: si è eroi se si canta bene, se si sa danzare o recitare, persino se ci si destreggia con abilità attorno ai fornelli. Ma la dedizione agli altri in nome del Vangelo (così immaginiamo la santità) non fa parte del catalogo delle virtù eroiche di questo tempo».
Per rendere affascinante la via della santità agli occhi di un giovane occorre – fa capire la Christus vivit – trasmettere la convinzione che la chiamata di Cristo non annulla la propria umanità, ma anzi la esalta, non intruppa in un esercito che tutti omologa (la Chiesa), ma valorizza il contributo di ciascun giovane che, come tale è irripetibile e insostituibile. Come ha spiegato suor Alessandra Smerilli in un’intervista, «questo messaggio rappresenta il tentativo di uscire dalla retorica del 'progetto di Dio' dove noi abbiamo un posto assegnato, come se fossimo un mero tassello di un grande puzzle. Francesco, invece sottolinea che la vocazione consiste nello scoprire il proprio posto nel mondo, a servizio degli altri. Nello stesso tempo, ricorda il Papa, siamo chiamati a esprimere la nostra unicità lasciandoci plasmare dal vasaio che è Dio, nell’amicizia con Gesù».
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