La priorità irrimandabile
mercoledì 20 luglio 2022

C’è il Pnrr. La manovra finanziaria per il 2023 in autunno. La riforma della legge sulla cittadinanza chiamata Ius scholae. La fatica di fare impresa e di lavorare. E persino l’uso della cannabis... Solo il clima non sembra essere, nonostante lo choc tragico della Marmolada, tra le vere priorità di chi governa. Anche in questa estate 2022, nel pieno dell’ondata rovente che miete morti in tutta Europa. Anche davanti ai fiumi in secca, ai raccolti a rischio, ai ghiacciai che si ritirano, a una natura che si ribella e diventa teatro di fenomeni estremi che travolgono tutto e tutti...

Già, non c’è mai la parola 'clima' in cima ai pensieri e alla condivise preoccupazioni di chi deve articolare norme per gestire un’emergenza che non è più emergenza ma una nuova normalità a cui dobbiamo adattarci, ma non rassegnarci senza agire. Gli incendi e le alte temperature segnano sempre più vaste aree del pianeta e mostrano che l’umanità sta affrontando un «suicidio collettivo», ha avvertito il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, rivolgendosi ai ministri di 40 Paesi riuniti per discutere della crisi climatica.

Guterres continua a ripeterlo e gli scienziati ce lo spiegano ormai da almeno trent’anni. Eppure poco o nulla cambia. Il problema è ovviamente di ridurre le emissioni (per non accelerare ed estremizzare ancor più i fenomeni che minacciano la sopravvivenza stessa della vita umana), ma rallentamento e adattamento sono una vera urgenza. E più che mai nella nostra bellissima e fragile Italia, sospesa attraverso il Mediterraneo. I ghiacciai delle Alpi sono a rischio di sparizione persino di più rispetto ad altri ghiacciai sparsi nel mondo perché le nostre montagne sono a ridosso del nostro mare e sono investite dalla sua aria umida e sempre più calda. E pure le aree dell’Italia centrale che si affacciano sul Tirreno sono più a rischio di essere colpite da tornado.

Lo dicono gli analisti del Cnr. E il tornado è ben diverso da un temporale estivo. Il tornado distrugge tutto quello che trova sul suo cammino, con venti che possono facilmente raggiungere i 200 chilometri orari. Il Lazio e Roma – con tutti i loro gioielli – sono al primo posto nella classifica della vulnerabilità, seguite da Puglia e Calabria. Il 29 luglio 2019 una ragazza è morta per un tornado: era in auto, ferma a un distributore di benzina, la sua auto è stata sollevata dalla forza del vento e scaraventata a terra decine di metri più in là. È successo a Fiumicino, non in Louisiana o ad Haiti. Gli esperti suonano la sveglia, perché è importante che i territori si organizzino e non si facciano trovare impreparati. E perché quanti hanno responsabilità politiche ed economiche facciano tutto quello che è nelle loro possibilità per proteggere e garantire affetti, servizi essenziali, aziende, bellezze. Servono sistemi di monitoraggio, allerta e protezione.

E serve proteggere le riserve idriche. I nostri acquedotti perdono in media il 42% dell’acqua. Lo sappiamo da decenni. Vanno rifatti. Perché non lo si è già fatto? Siamo pronti a vivere senza pioggia per mesi? La risposta è no. L’Italia ogni anno perde l’89% dell’acqua piovana, circa 270 miliardi di metri cubi. Una risorsa essenziale per la nostra agricoltura che non deve più essere sprecata. Anche questo gli scienziati ce lo dicono da anni. Eppure si è rimasti con le mani in mano. Non tutti, però. A Milano, molti cittadini raccolgono l’acqua usata per lavare frutta e verdura e la riutilizzano per annaffiare fiori e piante del verde pubblico.

Tanti altri cittadini, un po’ ovunque, chiudono i rubinetti dell’acqua mentre si lavano i denti, e fanno la doccia anziché il bagno. L’elenco delle imprese sostenibili (che cercano ogni anno di ridurre il proprio impatto sul pianeta) si allunga. Mentre decine e decine di Associazioni ed Enti – su 'Avvenire' continuiamo a dar forza alla loro voce – si appellano a Governo e Parlamento perché sblocchino le sospirate e sostenibili Comunità energetiche.

Ma i decisori politici? Cosa fanno di concreto per proteggerci dalle calamità, per rispettare davvero il pianeta, per ridurre le emissioni nocive? In Italia c’è un piano di adattamento ai cambiamenti climatici fermo dal 2017. E meno male che ci siamo dati un Ministero della Transizione Ecologica... Il paradosso, è che, anche in questo momento quasi nessuno si preoccupa prioritariamente dell’emergenza – che non riguarda solo i nostri nipoti e figli, ma che è ora e qui – del cambiamento climatico.

Eppure è anche su un tema relativo al rapporto corretto con l’ambiente e all’azione per fronteggiare i cambiamenti climatici che si è innescata l’attuale crisi di governo: il sì o il no al termovalorizzatore di Roma e il dibattito su come dare risposta alla necessità di smaltire e valorizzare i rifiuti della grande area urbana della capitale.

Ma anche la crisi di governo, dopo il Covid e dopo la guerra russo- ucraina, che stanno facendo risaltare con più drammatica evidenza le ferite sociali ed economiche della società italiana, minaccia ancora una volta di rimandare la risposta a un’emergenza climatica che, ripetono come un mantra gli scienziati, non si può più rimandare. Troppi potenti pensano e parlano d’altro, i cittadini e le cittadine no.

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