venerdì 28 settembre 2018
I giovani sono i veri nuovi poveri e «la loro è povertà sociale, che li vede convivere a forza con una condizione lavorativa umiliante, che nel Sud del Paese raggiunge preoccupazione allarmanti»...
La povertà educativa all’origine di tutto
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Caro direttore,
i giovani sono i veri nuovi poveri e «la loro è povertà sociale, che li vede convivere a forza con una condizione lavorativa umiliante, che nel Sud del Paese raggiunge punte di preoccupazione allarmanti». Sono parole del cardinale Bassetti, presidente della Cei. E aiutano a vedere il nocciolo del problema: la situazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani nel Sud Italia dà corpo a una questione meridionale che deve diventare questione nazionale. Il 30% delle famiglie siciliane vive intorno alla soglia di povertà e alla povertà di mezzi si accompagna la povertà educativa. Le diseguaglianze andrebbero analizzate proprio a partire dai grandi divari nei rendimenti scolastici.

Un destino troppo spesso uguale a quello raccontato da don Milani cinquanta anni fa, quando iniziarono a comparire i primi studi sulle relazioni tra rendimenti scolastici e condizionamento sociale. Conosciamo da decenni questi dati, migliaia di dati sempre più raffinati nelle analisi, che seppur migliorano nella media certificano la persistenza del divario: tra Nord e Sud del Paese, tra centro e periferia o per tipologia di percorso scolastico, divari che dicono sempre la stessa cosa, la scuola non riesce più a neutralizzare il condizionamento socioeconomico familiare. No, non ci sono urgenze maggiori di questa nel nostro Paese. Molto si è fatto, ma non abbastanza, non sono sufficienti le tante (e belle) azioni puntuali svolte dall’associazionismo o dalle scuole, perché risultano discontinue e frammentate e non agiscono a livello sistemico.

È urgente porre a contrasto della povertà e della sua radice, la povertà educativa, azioni come la riqualificazione e l’intensificazione dell’offerta formativa in un’ottica sistemica e ordinamentale sennò il male torna sempre. Ripensare l’organizzazione didattica su come ricomprendere dentro il sistema d’istruzione e non fuori il recupero degli ultimi in classe, oggi risolto con una lezione privata che un bambino povero non ha e con una bocciatura che troppo spesso ha.

È bene spendere un ragionamento supplementare su giovani e marginalità, su giovani e Sud oggi, proprio quando le forze da poco al governo riservano ai giovani che rimangono indietro la 'schiavitù' di misure assistenziali, non la dignità di una formazione qualificata che generi lavoro e che li emancipi da meccanismi sempre uguali di povertà che genera altra povertà e immobilismo sociale.

L’endemica disoccupazione giovanile meridionale si contrasta con una cura mirata sulla formazione, il fattore primario per incontrare domanda e offerta e, laddove tale domanda non c’è, è proprio l’investimento sullo sviluppo umano a crearla. La dispersione scolastica, che non è solo abbandono ma anche scarsi rendimenti scolastici o inadeguata formazione, è un tema che va ben oltre le politiche scolastiche e incide sullo sviluppo culturale, sociale ed economico di un territorio. Quello che abbiamo al Sud è il frutto di quel che non facciamo.

Molti studi sottolineano come per assicurare il successo scolastico nelle aree marginali si deve investire nei primi tre anni di vita. Un asilo nido negato nelle aree del bisogno, non decide solo il destino di quei bambini ma lo sviluppo di interi territori. Non si è fatto abbastanza se ancora oggi solo al 4% dei bambini di Palermo è offerto il tempo pieno a scuola rispetto all’85% dei bambini di Torino e se solo il 7% frequenta il nido a fronte del 45% dell’Emilia Romagna. Non chiediamoci dove nascono le povertà e la rabbia sociale che poi reca con sé ben altri mali, tra cui lo stesso rifiuto di valori essenziali comuni, se non dotiamo ciascuno, con pari opportunità di accesso, degli stessi strumenti di conoscenza e di competenza, sufficienti ad assicurarne lo sviluppo personale, la libertà sostanziale, l’esercizio di una cittadinanza effettiva e l’emancipazione economica.

Analizziamo la prossima Legge di Bilancio: tra gli annunci non compare nessun investimento nei servizi educativi, si balbetta di tempo pieno ma nulla di concreto è messo in atto, non si parla di riqualificazione della formazione professionale al Sud né di diritto allo studio violato. Non possono esserci crescita e coesione sociale nazionale senza politiche adeguate all’istruzione nel Meridione e senza una ripresa del Sud. Con l’avvento della nuova rivoluzione tecnologica chi non investe in modo massiccio in formazione e innovazione rischia di rimanere indietro. E il rischio non è solo economico, ma sociale, culturale e di tenuta democratica.

Segreteria nazionale del Partito Democratico Referente al contrasto della Povertà Educativa

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