La Pira e la legge 194: una base per l'impegno
mercoledì 18 luglio 2018

Ci sono alcune coincidenze che fanno intuire prospettive significative. Una di queste, nella ricorrenza dei 40 anni della legge 194 che in Italia ha legalizzato l’aborto, quando cominciano a fiorire le riflessioni sulla necessità di una rinnovata presenza dei cattolici nella vita politica, è la proclamazione da parte della Chiesa di Giorgio La Pira come 'venerabile', cioè come personalità di cui sembra possibile e prossima la dichiarazione di santità. Sono stato allievo universitario di La Pira, con lui membro del consiglio pastorale diocesano di Firenze costituito dopo il Concilio Vaticano II, suo tanto appassionato quanto segreto sostenitore, ma la vicinanza di La Pira divenne più stretta nel tempo in cui il Parlamento preparava la legge sull'aborto.

La Pira era uomo del dialogo, con particolare riferimento al mondo comunista: sono noti i suoi viaggi a Mosca per incontrare i dirigenti del Cremlino nell’epoca della guerra fredda e ad Hanoi nel tentativo di far cessare la guerra nel Vietnam. Ricordo l’ironica qualificazione affibbiatagli dal quotidiano 'La Nazione': 'pesce rosso nell’acquasantiera'. Ma in un elaborato articolo comparso sull’'Osservatore Romano' nel 1976 egli dichiarò il diritto alla vita dei concepiti come «frontiera intransitabile», un argomento – cioè – che definiva i contorni di una politica fondata sulla dignità umana. Egli scrisse a tutti i leader politici del tempo: ad Andreotti, a Berlinguer, a Zaccagnini, ad Ingrao, a Fanfani, a Piccoli. A Enrico Berlinguer, il 12 gennaio 1977, La Pira scrisse che se il partito comunista avesse votato la legge, sarebbe incorso in un «errore politico immenso che ci fa tornare tutti indietro nel cammino percorso proprio nel momento in cui era invece tanto necessario andare avanti insieme». Quello stesso giorno in un telegramma ad Andreotti, La Pira scrisse che la decisione «concerne nel suo fondo l’intera politica italiana». Questo messaggio è rivolto ancora oggi ai cattolici che intendono ricostruire una loro unitaria presenza politica. Esso indica la centralità politica del diritto alla vita quale elemento identificante di una forza politica cristianamente ispirata. La Pira è noto anche per la sua attenzione personale ed istituzionale verso i poveri. Evidentemente il suo messaggio sulla vita nascente è coerente con un progetto politico che mette al centro sempre ed in ogni situazione la dignità umana.

Nel caso di una spinta operativa rivolta a costruire una presenza politica di ispirazione cristiana, il rischio è che si formino tanti piccoli gruppi separati tra loro che nell'attuale sistema elettorale sarebbero tutti condannati all'insignificanza. Sono certo che il messaggio di La Pira chiederebbe l’unità. Ricordo il suo splendido discorso in piazza della Signoria a Firenze, nel quale dichiarò che la Democrazia Cristiana era l’«architrave della democrazia italiana», perché aveva saputo condurre a sintesi sensibilità diverse ma tutte comunque guidate dall’intenzione di attuare la Dottrina sociale della Chiesa. È doveroso cercare il contatto e l’incontro con tutte le altre forze politiche – questo è il messaggio di La Pira – ma senza mai dimenticare l’identità propria dei cristiani nel cui cuore vi è il diritto alla vita sempre e quindi fin dal concepimento nella fiducia che questo valore è presente anche nella mente di altre forze politiche che traggono il loro consenso popolare dagli ideali di dignità umana, uguaglianza, solidarietà.

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