La morte “offerta” dal Ssn: così si allargano pericolosamente i criteri
martedì 12 dicembre 2023

La signora Anna (nome di fantasia) ha condotto a termine, sostenuta dalla Associazione Luca Coscioni, il progetto di Morte Volontaria Medicalmente Assistita (Mvma) (nel suo caso, suicidio assistito) praticato all’interno del Servizio Sanitario Nazionale.

Come in qualche altra occasione in cui mi è stata chiesta una breve riflessione su queste vicende di dolore estremo, anche questa volta non mi sento di entrare nella storia della signora Anna, né nella sua unica e irripetibile sofferenza.

Osservo sommessamente che, se è arrivata a questa decisione, evidentemente non ha trovato un’alternativa, un accompagnamento di cure palliative, valide professionalmente e umanamente, che fosse per lei più soddisfacente di quella che ha percorso.

Paradossalmente, nel comunicato della Associazione Luca Coscioni, dopo che per tanto tempo si è cercato di negare il rischio della “china scivolosa”, cioè dell’allargamento delle indicazioni della Mvma, traspare invece una sorta di soddisfazione per tale allargamento delle indicazioni. Si legge infatti: «Anna è la prima persona malata che ha visto riconoscere... che l’assistenza continua alla persona è assistenza vitale... così anche la dipendenza meccanica non esclusiva».

Si sta assistendo quindi, in tempo reale, a un allargamento delle condizioni per le quali è possibile chiedere la Mvma: una assistenza continua, come quella in atto per tanti malati fragili e persone disabili, e un supporto ventilatorio parziale, anche questo estremamente diffuso.

La Fondatrice del moderno “Movimento Hospice”, Cicely Saunders, non si è espressa quasi mai su eutanasia o suicidio assistito, ritenendo che l’attività dell’hospice fosse di per sé un’implicita risposta. Solo in una lettera del 1993 scriveva: «Dovesse passare una legge che permettesse di portare attivamente fine alla vita su richiesta del paziente, molti delle persone “dipendenti” sentirebbero di essere un peso per le loro famiglie e per la società e si sentirebbero in dovere di chiedere l’eutanasia. Ne risulterebbe come grave conseguenza una maggiore pressione sui pazienti vulnerabili per spingerli a questa decisione privandoli così della loro libertà».

Cicely paventava quindi una “normalizzazione” della procedura, e un conseguente cambio di mentalità, facendola considerare sempre più come una prima scelta da parte delle persone malate, delle famiglie, del personale sanitario e dalla società tutta. Il modo più immediato di morire (default way to die), espressione con la quale, dopo 10 anni di partecipazione alla Commissione di Validazione olandese delle eutanasie, il professor Theo Boer motivava le sue dimissioni.

Nel romanzo di Emmanuel Exitu sulla vita di Cicely Saunders recentemente uscito e intitolato Di cosa è fatta la speranza, la speranza è descritta in tanti modi diversi, ma la definizione sintetica finale è: «La speranza è fatta di cose che hanno bisogno di qualcuno che le faccia accadere».

Nell’affidare la signora Anna alla Misericordia, altro non possiamo fare, qui e adesso, che continuare a vivere la responsabilità di contribuire a creare luoghi, come gli hospice, di bellezza, speranza, vita e cultura nuova.

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