La macchina tagliateste non è affatto giusta
martedì 5 dicembre 2017

Non è da adesso che le decisioni più incresciose nelle aziende, come quella di licenziare in tronco o, come dicono i dipendenti, “tagliare le teste”, non vengono prese dai dirigenti, che con i dipendenti hanno spartito il lavoro, il successo, i fallimenti, insomma la vita, e adesso non vogliono dare la morte, perché togliere il lavoro è come togliere la vita. Da tempo queste decisioni vengono prese da personale terzo, i cosiddetti “tagliatori di teste”. Brutta espressione, brutto lavoro, che viene svolto tanto più efficacemente quanto più in colui che lo svolge è spento il sentimento della pietà. C’è un proverbio che dice: “Medico pietoso non guarisce malati”, e sta a significare che il medico deve fare le cure più efficaci, non le meno dolorose. Il suo compito è rimettere in salute. I medici esistono, e devono guarire.

I chirurghi esistono, e devono tagliare. I tagliatori di teste esistono, e devono salvare le aziende. C’è un film su questa professione, interprete George Clooney, titolo “Tra le nuvole”. Il tagliatore di teste dev’essere libero come l’aria, non deve avere legami affettivi o sentimentali. Poiché vola da una città all’altra, il suo traguardo dev’essere accumulare le tot migliaia di miglia di volo, che gli darebbero diritto a entrare nel prestigioso club dei superviaggiatori. La sua carriera passa tra disperazione e suicidi di quelli che lui taglia.

Ma lui non deve lasciarsi toccare dal dolore altrui. Il tagliatore di teste è una figura tragica. Un po’ alla volta doveva essere sostituita. Non un uomo deve tagliare le teste, ma una macchina. È quel che sta succedendo. Nei giorni scorsi alla Ikea è scoppiato un caso clamoroso: la macchina ha tagliato la testa di una dipendente che faceva troppe assenze, ma la dipendente ha un figlio con gravi disabilità, e dunque il caso applica una spietatezza che turba tutti. «È una decisione disumana» accusano i sindacati. «Infatti, l’ha presa una macchina», risponde l’azienda, «un computer». La tesi è: non avendo sentimento, la macchina è “giusta”.

Noi italiani siamo formati sull’idea di fabbrica e di lavoro come ce l’ha costruita la letteratura di fabbrica, la grande letteratura di Calvino, Pavese, Ottieri, Volponi, Parise. In questa letteratura la figura dominante è quella del padrone. Il padrone ti assume e ti licenzia, ti promuove o ti retrocede. Il padrone te lo devi ingraziare, cioè devi entrare nelle sue grazie. Il padrone ha i suoi “beniamini”, se vuoi far carriera devi entrare tra i suoi beniamini. Il computer non ha beniamini. Promuove o retrocede seguendo schemi automatici. Se taglia la tua testa, vuol dire che la tua testa è da tagliare, per il bene dell’azienda. Ho avuto a che fare con i “tagliateste”, in due case editrici. Io non sono un dipendente di case editrici, però faccio libri, quindi ho a che fare con case editrici e quelli che ci lavorano. E vedevo che quando arrivava in azienda un tagliateste, tutti i dipendenti entravano in fibrillazione, perché non sapevano chi il tagliateste avrebbe tagliato.

Il tagliateste si faceva portare i conti e li studiava. Quali libri si eran venduti di più? Gialli? Neri? Rossi? Dove ci han tradotto di più? Quali nostri libri son diventati film? Nei settori meno redditizi, si doveva ridurre il personale. Il tagliatore lavorava alcuni mesi poi se ne andava, strapagato. Dietro di lui, le teste superflue cadevano. Ho visto interi reparti soffrire nell’attesa di queste cadute. C’era una nuova assunta, una cinese, che lavorava con passione smisurata, però combinava anche dei pasticci. Tutti temevano che la sua testa finisse tagliata. Compì gli anni, e fu coperta di regali. Era sposata, e rimase incinta.

Le colleghe presero a chiamarla Pan-Cion-Cin. Tagliare lei, era come tagliare tutti. E così andò: la macchina seminò nel reparto un lutto collettivo. Non fu bene, per l’azienda. Ora all’Ikea si ripete quel lutto: per una testa tagliata, protestano tutti, operai, sindacati, opinione pubblica. È vero che il problema delle assenze dal lavoro lo creava quella dipendente, ma qui bisognava “interrogare” la macchina e poi discutere con tutti, prima di eseguire il verdetto. Se interpellassimo un computer, su cosa fare con la Corea del Nord, il computer risponderebbe: “Distruggetela”. Non sarebbe una decisione salvifica. In azienda non va bene la decisione che turba i dipendenti. In politica non va bene la decisione che turba l’umanità.

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