giovedì 11 agosto 2011
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Nel cuore di Parigi, dove apparentemente si allarga la secolarizzazione. A Fuenlabrada, sobborgo madrileno gremito da immigrati che parlano cento lingue diverse. A Chemnitz, la ex Karl-Marx-Stadt della Germania Est: dove un gigantesco busto di Marx è rimasto a dominare una città in cui 80 abitanti su 100 sono atei. L’inchiesta sulla "nuova evangelizzazione" che si conclude su Avvenire ci ha condotto nei luoghi più diversi d’Europa, come anche nelle università statunitensi e nelle parrocchie e comunità dell’America latina. Personalmente, partendo ero scettica: figurati, mi chiedevo, quale nuovo annuncio può nascere in periferie urbane babeliche, o in regioni dell’ex Ddr dove non ci si ricorda più nemmeno come si fa il segno della croce. Figurati, mi dicevo, se in Francia, oggi, dove solo 36 bambini su 100 vengono battezzati, c’è voglia di sentire parlare di Cristo. Invece ho trovato qualcosa che non mi aspettavo: dei segni, magari numericamente piccoli, però ben vivi. Anche là dove la fede cristiana sembrerebbe soccombente, i segni di qualcosa che ricomincia. Come in una pianta che sembra secca e finita dopo un inverno freddo, e invece scopri dei germogli piccoli, verdi, nuovi. Con meraviglia, nella babele povera e multietnica alle porte di Madrid, ho visto la mano nerissima di un sacrestano africano, ex animista, tirare la corda della campana dell’Angelus; ho visto donne islamiche velate coinvolte nelle opere di beneficenza della parrocchia. Ho visto la carità fare breccia nel muro della estraneità, e nella selva di cento idiomi diversi; la carità come una lancia antica, che ancora lascia il segno fra le genti più lontane; così che, trattati con carità, gli uomini si stupiscono, e si fermano a domandarsi perché. Nella ex Ddr mi hanno raccontato dei giovani neocatecumenali che fermano la gente davanti ai cimiteri: «Sapete che i vostri morti risorgeranno?»annunciano. E i più, dei tedeschi della vecchia Karl-Marx-Stadt, resi cinici da troppi falsi profeti, alzano le spalle e se ne vanno; ma qualcuno ascolta, e replica: «Vorrei poterci credere, ma non ne sono capace» - che sembra già una prima, riarsa preghiera. A Parigi poi, a saint Augustin, a saint Paul nel Marais, belle chiese della borghesia, ho visto l’allargarsi di una sorta rialfabetizzazione cristiana che si chiama "Alpha", come la prima lettera dell’alfabeto greco. La voglia di ridire il nome di Cristo, in una cultura secolarizzata e post sessantottina che di questo nome aveva fatto l’ultimo tabù.Dove ti aspettavi una consunta abitudine o la desertificazione della fede, germina qualcosa di nuovo. Di piccolo - come quel grano di senapa; però, vivo. Che cosa accomuna esperienze diverse, strade, carismi diversi? Per ciò che ho visto, un cristianesimo che confida non solo nelle sue forze e organizzazione, ma nell’operare concreto e attuale di Dio attraverso gli uomini; e che si affida allo Spirito con una fiducia che stupirebbe molti cristiani "abituati". «Guardi che lo Spirito agisce nella storia», ti dicono, certi, e quasi sorridendo in questa certezza, i neocatecumenali di Chemnitz, come i parigini di "Alpha". E questo meraviglia un credente, come lo siamo in molti, convinto sì, e però inavvertitamente attaccato dal materialismo - confidante davvero, alla fine, solo in ciò che si tocca con la mano. Lo Spirito opera; nonostante tutti i limiti nostri, e della Chiesa, lo si vede che opera, in queste realtà rievangelizzatrici di un Occidente dimentico. Opera, suggerendo parole nuove e semplici per parlare di nuovo di Cristo a chi, nel cuore di Parigi, sotto allo splendore delle antiche chiese,  non ne sa più niente; opera, spingendo ancora i cristiani,  nelle periferie dei poveri, alla carità che abbraccia e commuove. Di modo che la nuova evangelizzazione è in sostanza quella antica; risposta a un bisogno eterno degli uomini, ma pronunciato in modo che possano capire oggi, a Parigi, o nelle università degli States. Singolare, il germe sembra rinascere proprio là dove la terra sembrava inaridita, e il seme morto. Rispunta, invece, ancora, ostinato; e vive, e genera, duemila anni dopo.
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