mercoledì 30 dicembre 2015
​Nei Paesi emergenti lo smartphone colmerà il divario generale. I dati del Rapporto Onu sulle connessioni.
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L’obiettivo fissato dall’Onu era entusiasmante: quattro miliardi di utenti collegati a internet entro il 2020. Un piano scritto nel 2011, quando l’attivazione di nuove connessioni viaggiava a due cifre e il traguardo sembrava decisamente alla portata. Qualcosa però è andato storto. La corsa ha rallentato: nel 2015, secondo le stime della stessa Broadband Commission for Digital Development delle Nazioni Unite, oltre la metà dei 7 miliardi di abitanti del pianeta è rimasta ancora senza collegamento. Circa il 57% della popolazione mondiale, pari a 4,2 miliardi di persone, non ha avuto un accesso regolare a internet. E nei Paesi meno sviluppati solo una persona su 10 attualmente è on line. Il tasso di crescita è rallentato all’8,1%, perdendo mezzo punto dall’8,6% registrato nel 2014, mentre fino al 2012 si manteneva sopra il 10%. L’Onu si appresta così a rivedere il suo obiettivo, avendolo già dichiarato precocemente fallito. Il target di 4 miliardi di utenti entro il 2020 è «improbabile da raggiungere», ha ammesso infatti la Commissione nell’ultimo. «Abbiamo raggiunto un punto di transizione nella crescita di internet», si legge ancora nel documento, che parla tuttavia di «segnali contrastanti». Allo stesso tempo infatti gli abbonamenti di telefonia mobile hanno superato per la prima volta quota 7 miliardi. Una tendenza quest’ultima che fa ben sperare. Il boom nella diffusione di smartphone e tablet potrebbe infatti imprimere una svolta al problema del digital divide, cioè al divario tra chi ha accesso alle tecnologie dell’informazione e chi ne è completamente o quasi tagliato fuori. «C’è troppa impazienza. Il tempo che ci hanno messo i Paesi sviluppati è stato di 10-15 anni. Invece nei paesi in via di sviluppo l’espansione è molto più rapida», commenta Federico Pistono, fondatore e amministratore delegato di Konoz, una piattaforma gratuita e multilingue su cui si possono seguire lezioni su ogni argomento. «In alcune parti dell’Africa per esempio ci stanno arrivando più velocemente che da noi, lo stesso accade in India o in Indonesia. Per loro internet significa cellulare e non pc». Pistono è stato tra i cofondatori nella Silicon Valley di una start-up che si proponeva di estendere l’accesso al web nelle zone più remote del mondo. Le operazioni sono poi confluite in Project Loon, la mega iniziativa del colosso Google per espandere la rete. «Può sembrare sorprendente - spiega -, ma in Kenya fanno internet banking da 10 anni oppure pagano il conto con lo smartphone. Ma si pensi anche al successo globale di un’applicazione come WeChat, partita dalla Cina. Da questo punto di vista credo che i progressi continueranno. Se da una parte l’espansione di internet ha rallentato, la buona notizia è che nei Paesi in via di sviluppo la digitalizzazione sta avvenendo a un ritmo più rapido di quanto non sia accaduto in Occidente». Secondo le previsioni della società americana di consulenza IDC nei prossimi quattro anni le unità vendute di smartphone e tablet nel mondo cresceranno con un incremento medio annuo del 7%. «Ma questa crescita sarà molto differenziata per area geografica», spiega Daniela Rao, tlc research & consulting director di IDC Italia. «La regione Middle East & Africa è quella che registrerà il maggior incremento medio annuo con valori superiori al 20%, seguita da Asia e Central Eastern Europe che cresceranno con tassi intorno al 7,5%, Western Europe e Latin America intorno al 3,5%». E infine i mercati vicini alla saturazione, come «Stati Uniti, Giappone e Canada, dove smartphone e tablet cresceranno meno del 2% ogni anno». La domanda mondiale di connettività sarà guidata soprattutto dalla crescita delle spese per servizi di rete mobile derivante dalla progressiva diffusione di smartphone e tablet, «che prevediamo nel mondo diventeranno quasi 6 miliardi entro il 2018. Africa e Medio Oriente saranno le aree in cui questa crescita sarà più significativa, mentre Cina e Brasile continueranno a crescere con incrementi più contenuti rispetto agli anni scorsi». Nei Paesi emergenti, spiega Rao, la crescita di Internet sarà correlata alla crescita della classe media e alla maggiore attenzione delle imprese alle tecnologie ICT (Information and Communications Technology, ndr) come Cloud e Broadband Internet, che offrono strumenti per essere più veloci e competitivi sui mercati internazionali. Un altro elemento che influenzerà l’andamento del mercato mondiale dei servizi di connettività nel lungo termine è quello dell’età dei lavoratori: «Nelle regioni più sviluppate l’età dei lavoratori tenderà ad essere più avanzata mentre nei Paesi emergenti crescerà il numero dei lavoratori (e una classe media) più giovane e sensibile alle opportunità offerte da internet. La domanda di ICT sarà sempre più generata dalla numerosa popolazione di aree geografiche emergenti e si sposterà sempre di più dal pc e rete fissa verso rete mobile e mobile device. Questo fenomeno prevedibilmente impatterà sull’andamento dei mercati più maturi come quello europeo, che tenderà alla stabilità, mentre il centro di gravità dell’industria ICT (anche in termini di investimenti, venture capital, innovazione), tenderà a spostarsi verso l’Asia e l’Est Europa». Nel frattempo l’Onu prosegue a indagare sulle cause del digital divide. «L’espansione di internet nelle zone rurali o più remote è una sfida perché porta a un forte aumento dei costi di implementazione di rete, mettendo a repentaglio la redditività della fornitura di servizi», scrivono gli analisti della Broadband Commission. Secondo Pistono «è indubbiamente questo il cuore del problema. Non si può chiedere a una società privata di sacrificare l’interesse dei propri azionisti, ma non si deve nemmeno esagerare con l’assistenzialismo. Meglio incentivare lo sviluppo di un’industria locale: i nuovi imprenditori, di fronte ai primi risultati, saranno stimolati a espandere le attività, innescando così un circolo virtuoso». Un’altra barriera, si legge nel rapporto delle Nazioni Unite, è rappresentata dalle lingue. «Oggi, solo il 5% delle lingue del mondo sono rappresentate on line. È evidente che superare le barriere linguistiche di internet sarà un fattore determinante nel contribuire alla domanda e favorire l’accesso a servizi e contenuti». A questo si aggiunge la disuguaglianza di genere. In tutto il mondo in via di sviluppo, le donne collegate a internet sono quasi il 25% in meno degli uomini, un divario che sale al 50% in alcune parti dell’Africa sub-sahariana. Superando questo ostacolo, ammonisce l’Onu, le donne «colmerebbero un grave svantaggio e diventerebbero pienamente alfabetizzate. Avrebbero la possibilità di accedere a lavori qualificati, di imparare a conoscere ed esercitare i propri diritti e di partecipare come cittadine nei processi pubblici e della politica».
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