Quali sono i veri problemi di un continente impoverito
sabato 25 maggio 2024

Ogni anno celebriamo in questo giorno la ricorrenza dell’istituzione dell’Organizzazione dell’Unità Africana (Oua) - meglio nota come Giornata Mondiale dell’Africa - avvenuta il 25 maggio 1963 ad Addis Abeba e divenuta dal 2002 Unione Africana (Ua). Nell’attuale congiuntura internazionale, l’Africa è condizionata dalla fluttuazione dei prezzi delle materie prime, da inefficienze esacerbate da politiche a volte inadeguate, dall’azione invasiva di potentati predatori stranieri più o meno occulti e dalla dilagante corruzione.

Lo scorso anno, l’inflazione media nell’Africa subsahariana è stata del 18% e la svalutazione delle monete locali del 20% rispetto al dollaro. Stiamo parlando di economie nazionali con alti tassi di informalità e quindi scarsi introiti fiscali, forte dipendenza verso l’estero per i beni essenziali e quindi alta esposizione alle oscillazioni dei prezzi internazionali, necessità di contrarre prestiti in dollari o in euro con conseguente dirottamento di gran parte degli introiti da esportazioni al pagamento del servizio del debito. Da quando i governi africani hanno sostituito, sotto la spinta delle istituzioni finanziarie internazionali, il debito multilaterale a basso costo e lungo termine con un debito verso creditori privati (assicurazioni, banche, fondi di investimento, fondi di private equity) molto più oneroso e a breve termine, la situazione è degenerata. Ecco che allora il debito, non solo è diventato più costoso, ma è anche stato finanziarizzato, con il risultato che il pagamento degli interessi risulta sempre più condizionato dalle attività speculative sui mercati internazionali.

Si spiegano così i default del Ghana, dello Zambia e dell’Etiopia, a cui si devono aggiungere 9 economie africane in grande sofferenza, 15 ad alto rischio e altre 14 a rischio moderato. Per inciso, l’Africa ha un Pil complessivo di appena 3 trilioni di dollari, una cifra di gran lunga inferiore rispetto a quelle che sono le reali potenzialità del continente. Per avere un confronto, la ricchezza prodotta dall’Unione Europea (Ue) è di 16 trilioni e mezzo. Oltretutto il 50% del Pil africano riguarda solo 5 Paesi: Nigeria, Egitto, Sud Africa, Algeria e Marocco. La vera sfida riguarda la messa a punto di strumenti atti a contenere le varie forme di speculazione. Purtroppo, i grandi attori internazionali si limitano o a ridurre il valore attuale netto del debito tramite l’estensione della data di maturazione delle obbligazioni, sospendendo momentaneamente il pagamento d’interessi, o attraverso il cosiddetto haircut, che consiste nel taglio del valore nominale del debito.

Questi provvedimenti servono però solo a dilazionare il problema. Basterebbe che si passasse alla certificazione da parte delle autorità pubbliche di tutti i prodotti che provengono dall’innovazione finanziaria, provando una volta per tutte a regolamentare il sistema finanziario. Un piano Marshall o Mattei, che dir si voglia, per l’Africa non può prescindere da questi ragionamenti. Per quanto concerne i processi di stabilizzazione politico-istituzionale di cui la Ua si è fatta garante, le difficoltà non mancano. Dal Sahel al Corno d’Africa, passando per la Regione dei Grandi Laghi, l’incremento dei golpe, delle autocrazie e delle aree di belligeranza, sono sintomatici di una regressione. E cosa dire dei cambiamenti climatici che penalizzano l’intera macroregione subsahariana?

Nel frattempo, sperando di guadagnare spazi di iniziativa e influenza sul palcoscenico internazionale, i decisori politici africani guardano ad Oriente più che a Occidente. Non è infatti da sottovalutare che oltre a Sud Africa, Etiopia e Egitto, vi siano altri Paesi africani che vorrebbero entrare nei Brics: ad esempio, la Nigeria, il Senegal, l’Algeria, la Repubblica democratica del Congo. Rimane il fatto che è continente giovanissimo, con un’età media di poco inferiore ai 20 anni su una popolazione di un miliardo 400milioni di abitanti. E sono proprio loro a sognare l’agognato cambiamento, consapevoli del fatto che l’Africa possiede il 30% delle risorse minerarie mondiali e il 60% delle terre coltivabili inutilizzate a livello planetario. Un continente non povero, ma impoverito.

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