martedì 13 ottobre 2015
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Stamattina sul presto ho fatto un incontro, cose che capitano se uno si muove senza fretta anziché correre in automobile: un ragazzo di 10-12 anni che camminava, cuffie nelle orecchie e mani in tasca e a fianco la mamma che gli portava il trolley, evidentemente carico di libri e astucci scolastici. Pochi metri più in là m’imbatto in un’altra scena praticamente identica, anziché il trolley, c’era lo zaino. Forse da quelle parti doveva esserci una o più scuola elementare e media perché nel giro di un quarto d’ora conto almeno sei o sette di queste "coppie" dove è l’adulto a portare i libri e il giovane può camminare liberamente, chi ascoltando musica, chi mangiando una brioche, chi dando calci a qualsiasi cosa trovi sul marciapiede; in una di queste era la nonna e non la mamma ad essere quasi schiacciata dal peso dello zaino strapieno.Ho fatto una serie di pensieri: innanzitutto ho protestato contro la scuola che riempie di libri pesantissimi questi bambini e adolescenti che come Sisifo devono ogni giorno fare avanti e indietro con un macigno sempre uguale. E ogni anno i libri si rinnovano, sempre più voluminosi. Mentre ragionavo su una rivoluzione, forse impossibile in Italia, che potesse risolvere il problema della schiena di questi giovani, mi è venuto il pensiero che qui la schiena non è tanto degli studenti quanto dei genitori, se non dei nonni. E mi sono detto: ma questo amore che spinge la mamma, il papà o i nonni a farsi letteralmente carico dei carichi altrui, non è forse eccessivo? Questa protezione dagli urti, dalla fatica, dalla durezza della vita non è un’ennesima conferma di un’educazione troppo morbida che rischia di rendere molli e fragili i nervi e i muscoli delle giovani generazioni? Questo pensiero troppo negativo è stato subito cancellato da quello di segno opposto: no, non è così, perché cos’è l’amore se non questo farsi carico del peso degli altri? Come oggi la mamma, e anche la nonna, prende su di sé il fardello di fatica del figlio o del nipote, così verrà il tempo della restituzione, quando il "carico" non sarà uno zaino o un trolley, ma lo stesso corpo dell’anziano genitore da portare sulle proprie spalle.L’immagine, piena di buoni auspici, mi ha confortato e mi ha spinto verso un ultimo pensiero, che ha collegato quanto visto da me sulla strada a ciò che sta accadendo in questi giorni in Vaticano: il sinodo della famiglia. Eccola qua la famiglia, ho pensato, ammirando la dolce pazienza con cui la nonnina portava sulle proprie spalle lo zaino del nipote, ecco qua quella cosa così misteriosa e concreta di cui i padri stanno discutendo in queste ore. La Chiesa è davvero esperta di umanità, di quotidianità. E, invece, mi sono chiesto come altri in questi giorni, dove sono i laici? Non hanno a cuore questa cosa così potente e fragile, così vicina e precaria come la famiglia? E mi sono detto che forse la Chiesa ce l’ha a cuore perché anch’essa ha radici in quel roveto ardente dove Dio si è manifestato definendosi «Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe», di tre generazioni: un nonno, un padre, un figlio e nipote. E ognuno di questi tre con un bel fardello da portare sulle spalle, ogni giorno.
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