La Cooperativa, il bisogno diventa impresa
venerdì 3 giugno 2022

L’Italia è l’unica nazione che ne riconosce il valore nella Costituzione Caro direttore, 2 giugno Festa della Repubblica, festa della cooperazione. L’Italia è l’unico paese tra le economie occidentali avanzate ad avere un articolo della Carta Costituzionale dedicato all’impresa cooperativa, il 45, che recita: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità».

Non si tratta di un semplice riconoscimento, che già di per sé sarebbe rilevante essendo previsto in un articolo della Costituzione, ma di un vero e proprio impegno nel promuovere e favorirne la diffusione. A ben vedere gli articoli a cui, anche indirettamente e tramite una lettura congiunta, si fa riferimento alla cooperazione sono due, il 42 e il 43. Nel primo la Costituzione parla di proprietà pubblica e privata. Poi, nell’articolo 43, aggiunge: c’è anche la proprietà comune.

Papa Francesco ci ricorda spesso che se oggi esistono sacche di povertà, ciò è dovuto al fatto che la logica della proprietà privata, da sola, non arriva a soddisfare le esigenze di benessere di tutti. Il che non vuol dire essere contro la proprietà privata, ma ribadire con nettezza un’evidenza bisogna rendere la proprietà privata compatibile con forme di proprietà pubblica ma, soprattutto, con forme di proprietà comune. La lungimiranza dei padri costituenti arrivò a prevedere quella che sarebbe stata l’evoluzione del dibattito sociale ed economico 74 anni dopo.

Oggi il modo di intendere il fare impresa è sempre più vicino all’interpretazione che dalla sua nascita ne ha dato la cooperazione. Quando, nel 2019, per la nostra assemblea na- zionale scegliemmo come payoff 'Costruttori di bene comune', prima che si aprisse la stagione di confronto sul bene comune diventato virale durante il Covid, intendevamo ribadire questa nostra diversità, questo nostro agire non solo per l’interesse specifico, ancorché legittimo, dell’impresa cooperativa, ma a favore di quello della comunità e dei territori. Negli anni la cooperazione ha saputo allargare il concetto di mutualismo.

Una scelta meditata o una naturale evoluzione sollecitata dai cambiamenti del nostro sistema economico e sociale? La cooperazione nasce per dare una risposta autoorganizzata ai bisogni. La straordinarietà e il talento dell’impresa cooperativa è quella di non stare mai ferma, di evolvere mantenendo fede ai propri principi per continuare a dare risposte ai bisogni che cambiano. Le cooperative di comunità, che nascono per rivitalizzare aree marginali che rischierebbero altrimenti l’abbandono. Le comunità energetiche, che danno risposta a un bisogno in questo mesi di strettissima attualità: l’approvvigionamento energetico a costo calmierati e da fonti rinnovabili.

E ancora i workers buyout, quando le imprese prossime alla chiusura vengono recuperate dagli stessi lavoratori riuniti in cooperativa, per raccogliere l’eredità di un’impresa capitalistica al capolinea e rinascere sotto la spinta di un diverso modo di generare utilità e distribuirne i vantaggi per le persone e per il territorio: sì, perché la cooperativa è l’unica forma d’impresa che non delocalizza. La cooperativa resta quella forma di impresa che ha nel suo Dna il meccanismo di innesco dello sviluppo territoriale e delle comunità dove nasce. Questo sono le cooperative, un bisogno che diventa impresa. E quelle che stiamo rappresentando sono solo alcune delle nuove frontiere in cui la cooperazione è impegnata a rispondere ai bisogni che cambiano.

presidente di Confcooperative

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