Ma così è comunque un'Italia in ginocchio. Azzurri, politica, razzismo
venerdì 25 giugno 2021

C’è ormai una campagna da promuovere ogni domenica, anzi con il “calcio spezzatino” ogni santo giorno. Si va dal “salvate la tigre” dei tempi di Jack Lemmon, al “no all’acaro del tappeto”, alle più serie e solidali “fondi per la ricerca sul cancro e per la Sla” o “No al razzismo”.

Ecco, la lotta al razzismo. È uno dei capisaldi della Federcalcio che, oltre alle varie iniziative – promosse prima del Covid, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo – ha creato una Task force dedicata alla responsabilità sociale, con la costituzione al suo interno un ufficio antirazzismo. I razzisti non vanno mai in vacanza e non si mettono neppure in quarantena, pertanto il gesto di inginocchiarsi da parte dei calciatori che partecipano a Euro 2020 per dare il loro appoggio ideale al movimento “Black Lives Matter” sembra un gesto positivo e quasi doveroso.

Non la pensano così la maggioranza dei calciatori della Nazionale, che la Federcalcio ha lasciato giustamente liberi di esprimersi come vogliono. E loro hanno annunciato: «Gli Azzurri in piedi non sono razzisti. A nome di tutta la squadra ribadiamo che siamo contro ogni forma di razzismo, ci siamo confrontati e ovviamente vogliamo ribadire questa posizione. Aderire o meno a una forma di protesta per quanto simbolica non vuol dire ignorare la lotta al razzismo».

Una presa di posizione che intende rispondere al segretario del Pd, Enrico Letta, che lunedì sera durante una trasmissione tv aveva chiesto alla Nazionale di trovare un accordo per manifestare tutti insieme, visto che prima di Italia-Galles mezza squadra si era inginocchiata e mezza no. Una richiesta che il leader della Lega Matteo Salvini è stata giudicata “autoritaria”: «Lasciamoli fuori dalla politica». È lo stesso Salvini sui social aveva difeso gli Azzurri che non si erano inginocchiati, compreso Donnarumma, colui che ancora Salvini, gran tifoso del Milan, aveva bollato come avido alla notizia del passaggio dalla maglia rossonera a quella francese del Psg,: «Per Gigio contano più i milioni della maglia».

Ma va bene, proviamo a lasciare fuori la politica dal calcio, anche se la nostra è di fatto una “Repubblica fondata sul pallone”, dove ogni anno ci sono in media più interrogazioni e interpellanze parlamentari per questioni calcistiche che per la povertà nazionale.

Il presidente della Figc Gabriele Gravina dopo Italia-Galles, come detto, era stato chiaro: «Lasciamo la scelta alla sensibilità dei singoli ragazzi». E questa Nazionale che ha forti radici oratoriali, a cominciare dal ct Roberto Mancini, ha dei ragazzi dotati di una spiccata sensibilità, non solo calcistica.

Rispettiamo la decisione presa dai non “inginocchiati”, ma invitiamo umilmente gli Azzurri, utenti forti dei social, a non intasare la Rete solo di fotoshop e banalissime storie su Instagram e a prendere ogni tanto parola su temi importanti come, appunto, la lotta al razzismo. Lo chiediamo apoliticamente, perché i bambini, i più giovani, cari Azzurri, vi guardano e spesso – forse anche in maniera eccessiva – vi considerano loro modelli. Siete punti di riferimento, piaccia o non piaccia, anche perché gli abitanti piccoli e grandi di questo strano Paese, ormai fanno fatica a cogliere la differenza tra un calciatore, un politico e un ultrà.




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