Il segno della Madre di Dio che è «donna di verità»
domenica 19 maggio 2019

Il fatto che quest’anno il mese islamico del digiuno del Ramadan coincida con quello cattolico dedicato al culto della Vergine Madre può essere considerato 'provvidenziale', anche alla luce del recente documento di Abu Dhabi. L’icona di Maria è, infatti, un comune riferimento per la devozione popolare e per la fede delle due religioni.

E va salutata con deciso sostegno l’attenzione che tante diocesi e parrocchie italiane rivolgono ad entrambe le espressioni di fede: da Torino e Milano a Reggio Emilia e a Catania... Mentre, infatti, può sembrare scontata e di facile interpretazione l’attenzione della religiosità cattolica verso la Madre di Dio, non sempre si percepisce e si riesce a cogliere il sentimento di devozione che pervade l’islam verso Maria, la madre di Gesù di Nazareth. E questo fin dalle origini. Infatti il Corano le dedica una sura intera, la XIX, descrivendo in termini certo immaginativi, ma non meno efficaci, il suo ruolo di madre vergine di Gesù.

In questa sura risultano fondamentali la presenza dello Spirito Santo e la mediazione dell’arcangelo Gabriele. Fino a denominare Maria nei termini di «donna di verità ». E, in un racconto trasmesso dallo storico Azraqi, nel contesto in cui si descrive il rispetto di Mohamed e del suo primo nucleo di discepoli verso Maria, si dice che, durante la conquista della Mecca, il profeta avesse ordinato la cancellazione di tutte le immagini sacre (ritenute idolatriche), tranne che di quella (iconica) della Vergine madre col bambino Gesù in grembo. Mentre rivolgiamo, come cristiani e cattolici, la nostra attenzione devota a Maria, nel mese a lei dedicato, dobbiamo fondarla sulla persona piuttosto che sulle formulazioni dottrinali che ne rivelano l’identità, ovvero i quattro dogmi della Madre di Dio, della Verginità, dell’Immacolata e dell’Assunzione. Infatti, come insegna Tommaso d’Aquino, la nostra fede non ha come destinazione ultima le formulazioni, ma la stessa realtà, nel nostro caso la persona della Madonna. Credo che in questo orizzonte vada letta e interpretata, ma soprattutto vissuta, la devozione popolare, cattolica e islamica verso di lei.

Ancora una volta è la pietà popolare, piuttosto che il contesto accademico, a costituire l’orizzonte di una sana teologia. E sarà il comune riferimento alla persona della Madonna a far germogliare il miracolo della pace fra culture, religioni, appartenenze diverse e che spesso il mondo contrappone. All’interno del dialogo interconfessionale, non sarà fuori luogo, in questo mese mariano, il richiamo al mirabile testo di Lutero, che propone il suo Commento al Magnificat, insieme a quello sull’Ave Maria (entrambi databili fra il 1521 e il 1522: gli anni della rottura con la Chiesa romana).

La leva e la chiave di volta di questi scritti è l’umiltà di Maria. E da essi traiamo il messaggio secondo cui senza una profonda e radicata umiltà non possiamo attingere la verità e non possiamo attivare un autentico dialogo. In questo senso, la «donna di verità», indica la necessità del dialogo e della condivisione, piuttosto che la divisione e il conflitto. E, nel dialogo, la prima attitudine da esercitare non è quella del giudizio sull’altro, bensì quella dell’ascolto, di cui Maria è maestra. E, se è vero che Maria ha ricevuto da Dio il dono ineffabile della maternità verginale (paradosso della fede), è altresì ineludibile il fatto che ella ha vissuto nella storia e nelle sue scelte quotidiane la fedeltà alla sua opzione fondamentale. In questo senso ha ragione papa Francesco quando ha affermato che «Maria è diventata santa», come del resto anche il suo Figlio è cresciuto «in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini» esercitando la sua libertà nella storia.

Teologo, Pontificia Università Lateranense

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: