Il miracolo del formaggio (e altre scolastiche armonie)
mercoledì 18 settembre 2019

Caro direttore,

ci sono miracoli e miracoli. Quello del formaggio è difficile dire di che grado sia. Qualcosa però ci deve essere se lo chiamano proprio così – 'il miracolo del formaggio' – i vecchi casari che hanno visto chissà quante volte lo spettacolo del latte trasformarsi in cagliata e poi prendere le curve, i colori e le forme. Di sicuro, quello che fanno gli studenti della scuola professionale Dieffe di Valdobbiadene (Treviso) – che imparano a diventare cuochi, camerieri, pasticceri – qualcosa di quella natura ce l’ha se recentemente, nel corso di una visita alla scuola, un importante dirigente pubblico è sbottato: «Quando mangio un formaggio come quello fatto da questi ragazzi anche il mio ateismo va in crisi!».

"Prodotti di Classe" – ovvero prodotti di qualità fatti a scuola – è il logo che abbiamo ideato per presentare i formaggi a latte crudo e il Pan da Vin, il cracker da degustazione brevettato e prodotto dalla nostra scuola, adottato come pane ufficiale da degustazione dal Consorzio di tutela del Prosecco Superiore di Valdobbiadene e Conegliano. Sono frutti dell’impegno dei nostri ragazzi e della passione educativa degli insegnanti.

Per la verità, a proposito di miracoli, ne abbiamo visti accadere anche di altro genere, e forse più importanti. Già, perché molti giovani, quando varcano per la prima volta l’ingresso della scuola, hanno l’aspetto e il look aggressivo e l’animo fragile e 'incasinato' della maggior parte dei loro coetanei. Si portano addosso anche loro i sintomi di quella epidemia che contagia il tessuto sociale in cui viviamo, una sorta di nichilismo, una perdita del gusto del vivere, che fa dire e pensare che tutto sia niente e, soprattutto, che 'io sono niente'. Ad aggravare questo senso effimero di sé e della realtà, molti di loro portano sulle spalle fallimenti scolastici e problemi familiari.

Eppure proprio questi ragazzi, che all’inizio del percorso formativo appaiono così apatici e svogliati, quando incrociano 'maestri' che sanno fare il loro mestiere, scommettono su di loro e li guidano con passione a mettere le mani in pasta, rivelano una energia e una creatività inaspettate. Può accadere in loro qualcosa di straordinario che assomiglia allo sbocciare della vita: riscoprono il valore delle cose, della realtà e, soprattutto, ritrovano la stima di sé. Questa scoperta mette in moto il desiderio di esprimersi e nel tempo trasforma i loro volti, fa affiorare dei sorrisi in cui si intravede una nuova, inaspettata fiducia. Ogni padre e madre, ogni educatore sa che il momento in cui accade questo miracolo vale la fatica e i sacrifici di una vita.

Sempre a proposito di miracoli, nella nostra scuola succede un’altra cosa straordinaria, che ad alcuni sembra impossibile o improponibile, e cioè che studenti di 17 nazionalità possano vivere e lavorare, fianco a fianco, senza perdere nulla della propria identità, anzi, arricchendola e approfondendola. Come questo sia possibile lo ha detto papa Francesco in una recente intervista: «Bisogna partire dalla propria identità. (...) La propria identità non si negozia, si integra. (...) L’identità è una ricchezza – culturale, nazionale, storica, artistica – e ogni Paese ha la propria, ma va integrata col dialogo. Questo è decisivo: dalla propria identità occorre aprirsi al dialogo per ricevere dalle identità degli altri qualcosa di più grande». ('La Stampa', 7 agosto 2019).

I nostri laboratori di cucina sono ambienti dove questa dinamica si realizza: non ci si arricchisce 'mescolando' le identità, facendo un 'polpettone' di ricette diverse, ma nel rispetto e nell’approfondimento della propria tradizione. In una scuola dove convivono allievi dalle provenienze più diverse è uno spettacolo vederli lavorare fianco a fianco e osservare come sono arricchiti dalla cura che ognuno pone nel vivere e approfondire la propria diversità. E a nessuno di loro verrebbe mai in mente di mescolare gli spaghetti all’amatriciana con gli involtini primavera fatti da un compagno cinese. In un confronto autentico, l’esperienza di ognuno non si annacqua, ma si arricchisce.

Preside della Scuola professionale Dieffe, Valdobbiadene

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