martedì 27 maggio 2014
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​Lo conosciamo fin da bambini, quel passo della Genesi in cui Adamo e Eva, mangiato il frutto proibito, si accorgono di essere nudi e si nascondono, sentendo i passi di Dio che si avvicina. È il momento in cui il Creatore, non vedendo più l’uomo, lo chiama: «Adamo, dove sei?»E sì, lo sappiamo bene quel racconto, ma forse non avevamo colto tanto la drammaticità del grido, così come lo abbiamo avvertito sentendo ieri Francesco allo Yad Vashem, il memoriale della Shoah, a Gerusalemme.Nel luogo della memoria di un genocidio scientifico, pianificato e attuato con perfetta organizzazione, abbiamo inteso appieno dalla voce del Papa la autentica intonazione di quella domanda antica. «Adamo, dove sei?», era il chiamare con angoscia un figlio che già si avverte perduto; era il grido straziante delle madri, in certe storie cupe di cronaca, quando scoprono che il proprio bambino è straziato, sfigurato, annientato.

Qui, ha detto il Papa nel luogo della memoria dell’Olocausto, quel grido «risuona come una voce che si perde in un abisso senza fondo». Non è sembrato di sentirne l’eco che rimbalza e si allontana, domanda che interroga se stessa nel nulla di una vertiginosa voragine?«Dove sei andato, uomo?», ha ripetuto ancora il Papa, in quel luogo di ombra e di ceneri (avevano, i bambini dei lager , gli stessi occhi dei bambini di ieri, per le strade di Gerusalemme: e sorridevano come loro, quelli che divennero polvere, e nomi incolonnati in interminabili elenchi, su registri ordinati).Nell’ Eden, ha detto Francesco, Dio si chiese chi avesse tanto corrotto la sua creatura: che era terra, e la terra è buona, e soffio dello Spirito, che è molto buono. Chi è stato allora? È la domanda risuonata allo Yad Vashem – la eterna domanda: chi ha reso l’uomo, creato "a Sua immagine e somiglianza", capace di tanto male?E nessuno ha risposto: silenzio, sui nomi di sei milioni di uomini, donne, bambini. «Non solo hai torturato e ucciso i tuoi fratelli, ma li hai offerti in sacrificio a te stesso, perché ti sei eretto a dio», ha continuato il Papa. Fu, l’Olocausto, un delirio di idolatria; ma delirio lucido, gelido, programmato.E allora, "misericordia", ha pregato Francesco: «Dacci la grazia di vergognarci di ciò che, come uomini, siamo stati capaci di fare». La grazia della vergogna e della memoria; della vergogna, perché ogni uomo sappia di cosa è capace la sua stirpe, da quel giorno nell’Eden; della memoria, perché occorre tramandare il ricordo nei figli – perché non dimentichino, perché scelgano di non ricominciare.L’avessimo tutti addosso, la consapevolezza di essere, in quanto uomini, capaci di male: mentre a ogni generazione i figli si credono diversi, innocenti, e sempre immaginano rivoluzioni che compiranno la giustizia in Terra, finalmente.E la storia nostra è l’annodarsi continuo di questa smemoratezza e presunzione, e dell’oblio del perché Cristo morì in croce, fino a quando si riaffaccia, in figli nuovi, in tempi diversi, l’inclinazione antica dei padri. (Non avvertiamo forse come un tremito, proprio oggi, in questa Europa in pace, al risorgere di nazionalismi e populismi che credevamo sepolti?)Cosa chiedere a Dio, allora, nel luogo della memoria di sei milioni di immolati a un falso dio, se non misericordia? Che in ebraico significa "con viscere materne"; implorare dunque le viscere materne di Dio, perché perdoni, e ci dia la grazia di non ricadere «in un male quale mai era accaduto sotto la volta del cielo».Misericordia, come può esserne capace una madre, anche di fronte al figlio che tutti maledicono; perché lei sa, lei ricorda il tempo in cui quel figlio era un bambino lieto e ignaro. Fossimo noi capaci di questa preghiera, invece di andare fieri, e illuderci a ogni generazione di esser "diversi", e giusti. Fossimo capaci della umiltà di chi, conscio della sua umana eredità, domanda di non perdersi; come Adamo quel giorno, quando Dio non lo vide, e lo chiamò – e la sua voce riecheggiò nel vuoto.

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