Il gran male da combattere (e tutto il bene che c’è)
mercoledì 20 febbraio 2019

Abusi intollerabili, sottovalutazioni e complicità, qualunquismo Prima c’era il pensiero debole, poi la società liquida, ora siamo entrati a vele spiegate nell’era delle 'idee a spanne'. Diventato allergico alle opinioni complesse, questo nostro tempo molto 'social' e poco 'cordial' sta vedendo proliferare la malapianta della conoscenza approssimata della realtà e del dettaglio amplificato a visione globale dell’universo, con il dilagante metodo del giudizio calato come una scure su questioni che richiederebbero una certa documentazione prima di esprimersi. Si sta perdendo l’abitudine di pronunciarsi esercitando la virtù della prudenza, cioè avendo presente la proporzione tra ciò di cui si parla e l’opinione che si esprime.

E così il cielo del dibattito pubblico si oscura con l’addensarsi di critiche senza appello, dietrologie infamanti, sospetti ingiusti e unilaterali. Come siamo arrivati a tanto? Consapevoli che l’approfondimento di fatti e fenomeni richiede la fatica di una conoscenza personale e libera, si finisce per accontentarsi di quel che si è intravisto, orecchiato o creduto di capire, rimasticando idee altrui a loro volta chissà come assemblate. L’effetto è un’adulterazione del pensiero che inquina le coscienze con le tossine del pregiudizio, un clima asfittico che le piattaforme per la condivisione dei contenuti online finiscono per amplificare funzionando come camere dell’eco dove si ascolta lo stesso mantra ripetuto e ingigantito.

È una china di preoccupante superficialità e intolleranza reciproca che abbiamo visto imboccata ormai infinite volte e in numerosi ambiti, dalla politica all’economia, dalle grandi questioni sociali ai dilemmi etici, fino al giudizio diffuso sulla Chiesa in relazione a situazioni problematiche e discusse. Gli esempi sono più che noti e documentati, persino triti. Il tributo per le sole attività commerciali esercitate da un ente religioso che risulta non corrisposto in un caso specifico (e da censurare) in breve diventa 'la Chiesa che evade le tasse', omettendo quel che le realtà ecclesiali fanno al servizio di tutti e senza chiedere nulla in cambio, su confini umani dove nemmeno lo Stato si spinge. Un’altra approssimazione eclatante è sotto i nostri occhi in questi giorni, alla vigilia ormai dell’incontro mondiale sulla 'protezione dei minori' convocato dal Papa in Vaticano.

Assistiamo infatti sui media nostrani e globali – rilanciati dalle fonti accessibili a tutti – alla diffusione acritica del contenuto di inchieste, analisi e persino di ponderosi libri dai quali la Chiesa sembra uscire come un ricettacolo di abusatori seriali sistematicamente coperti per decenni da una gerarchia omertosa, oppure – secondo le fonti e gli interessi – alla stregua di un circolo di omosessuali più o meno praticanti che giustificano a vicenda la propria condotta, in entrambi i casi usando la veste talare o il saio come copertura. Un ritratto sommario e grottesco, arrogante e persino offensivo, che fa certo perno sulla realtà – tragica e dolorosissima – di fatti accertati e indiscutibili talvolta proliferati sino ad assumere le dimensioni del fenomeno e del 'sistema', ma sempre ben definiti. Su di essi gli ultimi tre Papi – almeno – hanno preteso chiarezza e rigore, in un crescendo di consapevolezza e di sensibilità collettiva che ha portato a esprimersi e agire con fermezza sugli episodi e i responsabili mentre ci si apriva all’ascolto delle vittime condividendone con vergogna e compassione le gravissime ferite.

Ma è proprio in nome di questa stessa verità senza sconti che suonano insopportabili le generalizzazioni acritiche di chi asserisce strumentalmente che la violenza, la sopraffazione e la falsità combinate con la copertura corriva e la rimozione ipocrita si sarebbero diffuse dappertutto nella Chiesa, contagiando come una metastasi inarrestabile praticamente tutti e arrivando sino ai piani più alti della gerarchia in modo sistematico, solo con differenti livelli di gravità. «Ovunque», si scrive e si insinua.

È vero: la Chiesa è davvero ovunque, incontrabile da chiunque in qualsiasi situazione umana, geografica e sociale, specie là dove donne, uomini, ragazzi e bambini non trovano nessuno che li accolga, li ascolti, creda in loro, gli consenta di sperare, di costruire (e spesso ricostruire) la propria vita. Nella Chiesa c’è chi ha sbagliato, drammaticamente, e la stessa Chiesa istituzione è stata lenta a rendersene conto, ma ora la Chiesa – nella sua interezza – vuole capire una volta per tutte come fare perché l’orrore dell’abuso sui minori non si ripeta mai più.

E chi pensa di approfittare del suo coraggio nel mettere in discussione prassi e percorsi per tentare di far credere che 'è tutto marcio' sappia che siamo in tanti ad aver chiaro che le carte sono scoperte, e il gioco di delegittimare una presenza fedele accanto a ogni uomo è vistosamente truccato. Chi è Chiesa è abituato a misurarsi con la zizzania della menzogna, con pazienza e umiltà, ma sa ancora distinguerla dal buon grano della verità.

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