Voto generale e nodi da sciogliere
martedì 30 maggio 2017

La notizia positiva è che il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha detto che è presto per cambiare la politica monetaria nell’Eurozona. Dunque i tassi di interesse resteranno bassi ancora per un bel po’ e gli acquisti di titoli pubblici non si interromperanno di colpo. Cosa questo significhi per l’Italia è presto detto: il quantitative easing della Bce – il programma di acquisto di titoli di Stato e non solo – ha fatto risparmiare al nostro Paese circa 15-20 miliardi l’anno in minore spesa per interessi, praticamente una manovra finanziaria; inoltre, agevolando i prestiti alle imprese, ha permesso all’Italia di uscire dalla stagnazione e di "vedere" quel poco di ripresa che c’è. Se dunque dal palazzo di Francoforte ci è stato assicurato ossigeno ancora per qualche tempo, il problema cui dovremmo incominciare a pensare seriamente, e questo Draghi lo ha ribadito con vigore, è che tra qualche mese l’aiutino incomincerà a venire meno fino a scomparire del tutto. In che condizioni arriveremo a quell’appuntamento?

Un tema sensibile e dibattuto riguarda la sempre più concreta possibilità che già in autunno si vada ad elezioni. Ogni volta che in un Paese democratico si vota è una buona notizia, tantopiù se può servire a rimuovere gli elementi di instabilità che rendono fragile l’azione di governo. La condizione è però una: che la classe politica non venga meno al dovere della responsabilità, ora come in seguito, avendo ben presente la serietà della situazione economica e sociale. Il rischio che qualcosa possa incepparsi è elevato, e in tal caso buona parte della legge di Bilancio sarebbe già scritta da Bruxelles: tutt’altro che tagli di tasse, ma almeno 15 miliardi di aggravio per l’aumento automatico dell’Iva che si abbatterebbe sui consumi. Già solo il fatto di sentir parlare di riduzioni fiscali, in una condizione come questa, dovrebbe indurre una certa prudenza. E non è l’unica questione.

Quest’anno per l’economia italiana è prevista una crescita dell’1%, sostenuta proprio dai consumi interni, che tuttavia sono già in decelerazione, oltre che dagli investimenti, agevolati dal "doping" del denaro a basso costo e dagli sforzi delle banche che riescono a concedere buon credito.


E qui veniamo all’altro grande tema, che riguarda la situazione del sistema bancario. A nove mesi dal primo salvataggio delle popolari venete, con l’intervento da 2,5 miliardi del Fondo Atlante, il problema oggi si ripresenta persino più grave di prima: per salvare Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca occorre un’altra ricapitalizzazione da 6,4 miliardi, di cui almeno 3,7 dovrebbero essere a carico dello Stato. Non si tratta solo di salvare due banche, ma di evitare che il contagio della sfiducia attacchi l’intero sistema bancario e di conseguenza tutto il Paese, le possibilità di ripresa dell’economia e dell’occupazione. Gli avvoltoi della speculazione, così ghiotti di spread, non aspettano altro che un passo falso.


Proprio la vicenda bancaria dovrebbe ricordare alla politica come certe sfide vadano affrontate e risolte in tempo. Gran parte delle difficoltà del credito derivano dall’aver accettato l’introduzione del regime europeo del bail-in dal primo gennaio 2016 senza essere riusciti a curare in tempo le banche. Il sistema prevede che se un istituto di credito sta fallendo, a pagare il conto prima devono essere azionisti, obbligazionisti e i correntisti oltre i 100mila euro. Logico, se non fosse che solo l’idea che questo possa accadere alimenta il terrore e moltiplica i problemi. Ciò che si dimentica è che il bail-in è stato calato sul sistema bancario italiano senza che i governi nei due anni precedenti si ponessero seriamente la questione.


Il problema non è se e quando votare, se ci si può trovare o meno in campagna elettorale nel momento in cui va scritta la legge di bilancio e vanno discussi con Bruxelles possibili sconti sul deficit. Ciò che serve è un’operazione verità, anche in fatto di rapporti con l’Europa, e un percorso condiviso e chiaro in tema di urgenze e strategie per affrontare i veri problemi, guardando alla necessità di non far implodere la ripresa, ai bisogni dei giovani, dei poveri, delle famiglie. La responsabilità della politica è tutta qui.

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