giovedì 2 aprile 2015
​Nelle norme, modellate su una legge federale voluta nel 1993 da Clinton, la tutela delle religioni e il rispetto dall'obiezione di coscienza. In nessun comma si parla del «diritto di non fornire un servizio». (Elena Molinari)
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I legislatori dello Stato dell’Indiana non l’avevano ancora approvata e già era stata bollata come la 'legge anti-gay'. Quando la lettura delle associazioni omosessuali è rimbalzata sui media nazionali americani e sulle reti sociali, ben pochi giornalisti hanno osato metterla in dubbio. Dopotutto nessuno vuole essere accusato di bigotteria per aver infilato la penna negli ingranaggi del movimento che sta portando alla legalizzazione, in sempre più Stati americani, dei matrimoni omosessuali. Per parlare della misura dell’Indiana sulla libertà religiosa senza correre rischi, allora, conviene risalire alle fonti. La madre di tutte le fonti in questo caso è il testo della legge entrata in vigore il 26 marzo, molto simile a un provvedimento approvato martedì notte in Arkansas e a un terzo in dirittura d’arrivo in Alabama. Da nessuna parte, nelle 10 sezioni della legge, si trova la parola gay. In nessun comma delle quattro paginette si parla del «diritto di non fornire un servizio» a un residente dell’Indiana, come scriveva Usa Today. Mai vengono citate le norme anti-discriminazione in vigore nell’Indiana che, secondo la rete Nbc, il nuovo provvedimento permetterebbe di violare.   Leggendolo si nota invece che il testo è modellato sulla base di una legge federale, il Religious freedom restoration act (Rfra), voluto nel 1993 da Bill Clinton. Il democratico, Clinton. Lo stesso Clinton la cui moglie, che fino a due anni fa si opponeva alle nozze gay, la scorsa settimana ha annunciato su Twitter la sua 'tristezza' all’approvazione della nuova legge: «Non dovremmo discriminare le persone a causa di chi amano», ha scritto. L’annuncio della candidatura dell’ex first lady alla corsa alla Casa Bianca è questione di poche settimane. Ma torniamo ai fatti. Come faceva notare, voce fuori dal coro, il Washington Post, l’Indiana è uno dei 20 Stati americani che hanno già approvato la loro versione dell’Rfra federale. E in altri 11 i tribunali statali hanno interpretato le leggi e le costituzioni locali in modo da ribadire la difesa della libertà religiosa di fronte all’azione del governo. Eppure nessuna delle Amministrazioni che hanno passato una misura simile si è trovata minacciata di boicottaggi da parte di potenti associazioni sportive come la Ncaa. O ha visto gli amministratori di potenti società internazionali sventolare lo spettro della segregazione razziale e dei cartelli 'Solo bianchi' appesi alle porte dei ristoranti, come ha fatto Tim Cook della Apple contro il governatore dell’Indiana.   Al contrario, storicamente negli Usa le leggi sulla libertà religiosa ricevono un ampio sostegno bipartisan. Il Religious freedom restoration act federale venne approvato dal Senato Usa 97 voti a 3.  Barack Obama, a quel tempo senatore statale, votò a favore della legge dell’Illinois sulla libertà religiosa nel 1998. Come ha fatto notare Jerry Cox, presidente del Consiglio per la famiglia, «l’intera questione gay non era in discussione anche solo quattro anni fa. Ma per qualche motivo è il punto focale della normativa questa volta». Che cosa è cambiato? Un elemento innegabile di novità è la protratta battaglia per la difesa della libertà religiosa sollevata nel 2010 dall’Affordable care act, meglio noto come Obamacare. La riforma della sanità, oltre ad aprire l’accesso a una mutua privata o pubblica a milioni di americani, ha notoriamente imposto ai datori di lavoro di fornire contraccezione e farmaci abortivi ai loro dipendenti. Decine di diocesi, ospedali, scuole e imprese si sono rivolte ai tribunali per chiedere il riconoscimento dell’obiezione di coscienza. La lotta legale è stata tutta in salita a livello regionale, perché la legge federale sulla libertà religiosa del 1993 non si applica agli Stati – lo faceva originariamente, ma nel 1997 la Corte Suprema l’ha limitata al livello federale.  Di qui il bisogno di molte assemblee statali di proteggersi, mettendo per iscritto una loro versione della legge, già dal 1997, ma con rinnovato impulso negli ultimi cinque anni.   Poi c’è stata un’altra novità. Lo scorso anno, la Corte suprema ha affermato il diritto di un’azienda con scopo di lucro, la Hobby Lobby, a un’esenzione dal 'mandato contraccettivo' dell’Obamacare proprio perché violerebbe i principi cristiani dei suoi proprietari. La Corte, dunque, è andata al di là della legge di Clinton, sostenendo che non solo le entità senza scopo di lucro (come un’università) o esplicitamente religiose (come una diocesi) possono godere dell’obiezione di coscienza di fronte a imposizioni governative. Lo possono fare anche i privati. La legge dell’Indiana lo ribadisce. L’interpretazione del massimo tribunale costituzionale americano ha sollevato numerose obiezioni e ha spinto molte associazioni ad affilare le armi per respingere espansioni delle leggi statali in quella direzione. La levata di scudi contro la norma dell’Indiana può essere letta in quel contesto. Ma i fatti non sono finiti. È stato scritto che la legge dell’Indiana permetterebbe a un fiorista, diciamo, o a un fotografo, di negare i suoi servizi a una cerimonia di nozze gay. È vero? In teoria, forse. Ma quel professionista dovrebbe dimostrare a un giudice che scattare le foto di una coppia lesbica rappresenterebbe una «violazione sostanziale» del suo credo religioso e che la sua obiezione non violerebbe nessun «generale interesse del governo e della comunità». I precedenti legali in Indiana indicano però che la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale è un «alto interesse del governo».   Quindi, come spiega il giurista Daniel Conkle dell’Università dell’Indiana che, per inciso, supporta pubblicamente il matrimonio gay: «Questa versione statale della Rfra fornisce indicazioni preziose ai tribunali, indirizzandoli a trovare un equilibrio caso per caso fra libertà religiosa e altri interessi, sulla base degli stessi parametri legali che si applicano in tutta la nazione. È tutto, tranne che una licenza di discriminare». Anche se sembra impossibile visto il clamore che la legge ha sollevato, la maggior parte degli americani gli dà ragione. Secondo un recente sondaggio, il 54% è d’accordo che debbano esistere «esenzioni dalla legge sulla base della fede individuale». Gli ultimi due decenni hanno dimostrato che queste misure sono state utilizzate non per discriminare, ma per proteggere i diritti religiosi. In futuro potrebbero essere usate, come scriveva il Wall Street Journal, per permettere agli Amish di usare i loro carretti a cavalli senza dover rispettare le norme di circolazione locali. O alle chiese di nutrire i senzatetto senza dover obbedire alle regole imposte ai ristoranti. Il rispetto dell’obiezione di coscienza è inscritto nella storia americana. Come disse Thomas Jefferson: «Nessuna disposizione della nostra Costituzione dovrebbe esserci più cara di quella che tutela i diritti di coscienza nei confronti delle autorità civili».
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