mercoledì 13 giugno 2012
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Di nuovo si sta sviluppando un contenzioso in Europa, con il tentativo di snaturare l’istituto del matrimonio, aprendolo giuridicamente e socialmente alle coppie non eterosessuali. È la volta dell’Inghilterra, dove il progetto di Cameron di approvare il matrimonio gay, che già trova resistenza nel partito del premier britannico, è stato contestato in un importante documento della Chiesa Anglicana. Il cuore della contestazione riguarda il concetto stesso di matrimonio che, si sottolinea, per sua natura sancisce l’unione solidale di vita tra uomo e donna, aperta alla procreazione e educazione delle nuove generazioni. Estendendolo ad altri tipi di relazioni si svuota il matrimonio del suo significato naturale e sociale, se ne promuove un uso "consumistico", lo si piega a finalità individualistiche, privandolo di quel valore generale che ne fa un cardine della società umana. Per la Chiesa anglicana, così operando, il matrimonio non costituirebbe più un istituto di diritto naturale cui l’uomo e la donna si conformano per il raggiungimento di scopi connaturati alla propria essenza antropologica e all’incontro delle due identità sessuali, ma diverrebbe uno strumento plasmato dallo Stato per conseguire utilità individuali del tutto diverse. Un ritorno indietro formidabile sul piano sociale e della cultura giuridica: non sono più le realtà naturali a precedere lo Stato, che le riconosce e le favorisce, ma è lo Stato che le trasforma, e deforma, sottoponendole a leggi arbitrarie. Un salto indietro, e fuori, della storia che cancella la concezione umanistica del diritto, ne sancisce l’origine statocratica.La Chiesa anglicana aggiunge un’altra obiezione al progetto Cameron, quando osserva che attualmente questo progetto non prevede l’obbligo per la Chiesa di celebrare il matrimonio dei gay, e tuttavia, per un gioco di specchi frequente nel mondo del diritto, questo obbligo può divenire l’esito di una riforma satura di conseguenze. Poiché la Chiesa anglicana celebra matrimoni validi civilmente, può accadere che, con ricorsi a tribunali inglesi o alla Corte europea di Strasburgo, sulla base di letture o interpretazioni fuorvianti del principio di eguaglianza, qualche giudice stabilisca il dovere delle autorità anglicane di consentire in ambito religioso l’esercizio di un diritto che lo Stato riconosce con le proprie leggi. Saremmo di fronte, così, a uno di quegli esempi, di cui si è parlato anche di recente su Avvenire, in cui lo Stato finisce con l’imporre alle Chiese comportamenti contrari ai princìpi di fede e di morale su cui esse si fondano, ai quali devono rimanere fedeli. La densità del documento, la sostanza delle ragioni che la comunità anglicana oppone al progetto Cameron lasciano intravedere un contenzioso decisivo che si va estendendo da tempo in Europa. La controversia britannica infatti va inserita in un orizzonte più vasto, se si considera che già l’ideologia zapaterista ha realizzato in Spagna lo stesso obiettivo, di esso ha parlato il presidente Hollande in Francia, e non può escludersi che sia prospettato in altri Paesi. I progetti analoghi a quello inglese dimostrano ormai che il loro obiettivo non è garantire chiunque contro le discriminazioni per le proprie tendenze sessuali, né di assicurare alle coppie non eterosessuali alcuni diritti individuali, ma di conseguire un risultato ideologico di valore simbolico, capace di incrinare il concetto e la sostanza del matrimonio, come consegnatici dall’eredità classica e dalla tradizione cristiana, senza curarsi delle conseguenze che ne derivano per la società, la crescita e l’educazione delle nuove generazioni. È questo il cuore di una riflessione che deve farsi per il futuro di una Europa che sta vivendo una delle crisi più dure della propria storia, dal punto di vista economico, dei valori ispiratori, delle idealità etiche e spirituali. In questa crisi di cui stiamo cercando di decifrare dimensioni e contenuti, si vuole insinuare un cuneo, provocare la metamorfosi e l’involuzione dell’istituto del matrimonio che chiunque nel mondo considera fulcro e base naturale della società umana. Siamo di fronte a una macroscopica operazione di trasformismo relativistico che si sta dispiegando nella società moderna, i cui esiti patologici sono oggi incalcolabili, si proiettano nel tempo e ricadono sulle nuove generazioni. Per questa ragione, le Chiese cristiane, altre confessioni religiose, persone e movimenti ispirati ai valori dell’umanesimo laico e cristiano, si impegnano perché la famiglia e il matrimonio possano svolgere il proprio ruolo nella società, per il benessere umano e morale delle sue componenti, in primo luogo per i giovani e il loro futuro.
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