I velleitari e gli avvoltoi
martedì 6 settembre 2022

Ad attendere i risultati del voto italiano lunedì 26 settembre, ormai è chiaro, ci sarà anche la speculazione. I grandi hedge funds che spostano miliardi in una frazione di secondo, cercando di massimizzare il profitto, dove le prede hanno polpa in abbondanza. Prediligono quelle più esposte: non a caso, in gergo, si chiamano fondi avvoltoio.

Quanto sta accadendo alla Borsa di Amsterdam con i contratti futures sul gas naturale è probabilmente solo un assaggio. Il punto di scambio virtuale Ttf dei Paesi Bassi è infatti un mercato piccolo, sottile, neanche paragonabile, per intendersi, a quello del petrolio basato a Londra. Con l’effetto leva, bastano pochi ordini a far oscillare violentemente i prezzi. Il ricatto russo sulle forniture di metano all’Europa ha semplicemente amplificato il meccanismo tipico della speculazione, che dopo aver fatto il pieno di gas – l’aumento delle quotazioni del Ttf europeo in un anno è stata del 753% – è già pronta a cambiare bersaglio, cercandone uno più grosso.

L’euro, nelle brame degli avvoltoi, ha una stazza decisamente appetibile: con la stretta monetaria in corso, l’inflazione quasi a due cifre, il rischio sempre più alto di una recessione e la necessità dei governi di proteggere imprese e famiglie dal caro-bollette i debiti europei, dopo anni di rendimenti striminziti, sono oggi un boccone ghiotto. E infatti le scommesse contro la moneta unica hanno raggiunto in questi giorni i livelli più alti da marzo 2020. Si registra poi un aumento degli spread, i differenziali fra i titoli governativi dei diversi Stati europei e i Bund tedeschi, segno che si stanno vendendo i bond più fragili. Da inizio anno il rendimento del Btp italiano è aumentato di 280 punti base e si attesta ora sul 4%.

Nella crisi del 2011, quando i tassi di interesse della Grecia e dell’Irlanda raggiunsero livelli insostenibili, l’ondata speculativa si estese al Portogallo e successivamente colpì Spagna e Italia. Non siamo ancora in quella situazione, certo, ma nel panorama economico attuale e soprattutto con una guerra in corso alle porte d’Europa non si possono escludere anche gli scenari estremi. Quelli peggiori per i cittadini europei e migliori tanto per la 'finanza casinò' quanto per il presidente russo Vladimir Putin: incertezza, confusione, frammentazione sono a entrambi utili per far saltare l’euro-banco.

Se consideriamo il turbo-capitalismo come un dispositivo, una tecnostruttura in grado di modellare i processi, le scelte, le decisioni delle persone e delle istituzioni, possiamo intravederne una delle caratteristiche principali e cioè la sua forza centrifuga. La speculazione funziona meglio quando divide l’economia reale dalla finanza, sovvertendo la funzione di quest’ultima, separa e isola un bersaglio che cambia di volta in volta: possono essere mutui e debiti delle famiglie impacchettati in prodotti strutturati, come per i famigerati subprime nel 2008, oppure derivati sui cereali o ancora il debito di uno Stato.

L’Europa, nell’affrontare l’ultima grande crisi finanziaria undici anni fa, commise soprattutto l’errore di non mostrare compattezza, anzi di spaccarsi. Non fu cioè in grado di condividere per tempo i rischi. Allora ci mise una pezza – meglio, un vero e proprio scudo – la Bce e in particolare l’allora presidente Mario Draghi, con il « whatever it takes », il «qualsiasi cosa serva» per salvare l’euro. Contro la stazza e la determinazione della Banca centrale, la speculazione perse la sua scommessa. I danni ormai prodotti alle economie di alcuni Paesi e in particolare della Grecia furono però enormi, proprio a causa del ritardo nella risposta Ue. Per certi versi, oggi, il contesto è potenzialmente ancora più complicato.

Rispetto ad allora, tuttavia, è quanto meno cresciuta la consapevolezza di come sia necessaria una forza centripeta, una forza che unisca e non divida, per contrastare la dinamica opposta della speculazione. La risposta alla pandemia, con la prima condivisione seppur temporanea dei rischi attraverso un debito comune, i 'coronabond', va nella direzione giusta. Lo stesso approccio solidale serve nell’immediato anche per far fronte allo choc energetico e fermare la speculazione sul gas.

Ma è necessario soprattutto nel medio termine – come sostiene Gaël Giraud nell’ultimo numero de 'La Civiltà Cattolica' di cui 'Avvenire' ha fornito un’anticipazione giovedì 1 settembre – per riallineare leva finanziaria ed economia reale attraverso gli investimenti nella transizione ecologica. Un processo lungo e articolato da cui dipende la futura sovranità energetica dell’Unione Europea e che nessun Paese può sostenere in velleitaria autonomia. La Bce guidata da Christine Lagarde ha lanciato, infine, un nuovo scudo antispeculazione.

Per come è congegnato, il Transmission Protection Instrument ( Tpi) richiede però un allineamento dei Paesi e dell’Unione, una maggior disponibilità alla convergenza. Ed è proprio questa fiducia o meno nei confronti di una possibile risposta comune che la speculazione scruterà nelle urne di un grande Paese europeo come l’Italia. Testerà subito dopo la capacità del prossimo governo di agire in maniera ancor più coordinata con gli altri partner dell’Unione, garantendo così un adeguato bilanciamento fra la politica monetaria della Banca centrale e la politica fiscale propria, a partire dalla legge di Bilancio.

Le tentazioni populistiche e ancor più le pulsioni nazionalistiche farebbero invece il suo gioco. Un singolo Paese con un debito da 2.766 miliardi, pur sovrano, non sarebbe in grado di fermare la speculazione. È la stessa scommessa di Putin: può vincere la sua guerra solo con un’Europa disunita.

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