I morti in mare sola emergenza
mercoledì 4 ottobre 2023

Dieci anni dopo la strage di Lampedusa siamo fermi allo stesso punto con 28mila morti in mare in più. A crescere è stata solo l’indifferenza. Nell’ottobre 2013 il mondo almeno si commosse davanti alle 368 bare, ai racconti dei superstiti e alla solidarietà dei lampedusani. Un naufragio spartiacque di un’epoca in veloce cambiamento che forse solo ora iniziamo a comprendere, quella della “Terza guerra mondiale a pezzi”. La memoria dei morti e la promessa che tragedie simili non si dovessero più ripetere sono state tradite dalla politica italiana ed europea. Il cardinale Zuppi ha recentemente sottolineato che «l’errore – non da oggi – è stato politicizzare il fenomeno migratorio, anche condizionati dal consenso e dalle paure».

La questione, invece, dovrebbe essere trattata «come una grande questione nazionale, che richiede la cooperazione e il contribuito di tutte le forze politiche. Come ha detto il Papa, siamo di fronte a un bivio: o scegliamo la cultura della fraternità o la cultura dell’indifferenza». E noi abbiamo scelto la seconda che, però, nei fatti non ha fermato né gli sbarchi né le tragedie in mare. Da dove si riparte, allora? Nessuno ha soluzioni in tasca, ma possiamo almeno indicare alcuni punti fermi. Anzitutto è inutile barricarsi dietro una narrazione emergenziale. Questa non è un’emergenza, ma un fenomeno strutturale dal 2013, come su queste colonne ripetiamo da mesi.

L’Oim, ente dell’Onu, conferma che i numeri di quest’anno, circa 130mila persone sbarcate, sono quelli del 2015-2016. Allora vennero gestiti perché le persone venivano salvate in mare e portate nei porti siciliani e solo l’8 per cento arrivava a Lampedusa. Quest’anno, invece, con un sistema di soccorso diverso, chi parte dalla Libia e dalla Tunisia arriva direttamente sull’isola. L’emergenza operativa e logistica riguarda dunque Lampedusa, mentre l’emergenza umanitaria è il numero di morti in mare. Dopo il 3 ottobre 2013 venne “Mare nostrum”, operazione di salvataggio dello Stato italiano affondata un anno dopo dall’Unione Europea. Le navi di soccorso delle Ong che hanno colmato il vuoto hanno cominciato a essere ostacolate nel 2016 e il salvataggio in mare, che prima era una priorità assoluta anche per chi era contrario ai flussi migratori, è stato messo in discussione. È stato ampiamente dimostrato che le Ong non sono un fattore di attrazione, allora è tempo di tornare a difendere la sacralità della vita con qualunque mezzo.

La presunta emergenza non può quindi giustificare preoccupanti tentativi di sospensione dei diritti civili nei confronti dei profughi in tutta l’Unione. E nemmeno il tentativo di trascinare in uno scontro politico un magistrato che emette una sentenza avversa a un decreto governativo. E se è lodevole iniziare finalmente una seria lotta ai trafficanti di esseri umani, come va ripetendo e ha scritto anche ieri la premier Meloni sui social ricordando la tragedia, è inutile illudersi che la questione si esaurisca con una raffica di arresti. Non sono i trafficanti a causare le partenze, sono solo l’anello di una lucrosa catena criminale.

Difficile pensare che flussi di migliaia di persone possano varcare confini e prendere il mare senza il supporto e la complicità di uomini in divisa. Il traffico è fatto da pezzi corrotti di apparati degli Stati privi dei minimi requisiti di democraticità sulle rotte migratorie che l’Italia e l’Ue in questi anni con accordi di esternalizzazione delle frontiere hanno continuato a finanziare.
Forse è più opportuno investire sulla politica e sulla lotta alle ragioni che portano alle migrazioni. Non si può chiudere la porta d’Europa di Lampedusa e il Mediterraneo, né è possibile accogliere numeri soverchianti di persone. Perciò occorre, per tornare alle parole del cardinale Zuppi, «una concertazione tra forze politiche e sociali indispensabile per creare un sistema di accoglienza che sia tale, non opportunistico, non solo di sicurezza perché la vera sfida è governare un fenomeno di dimensioni epocali e renderlo un’opportunità». Perché, anche se a molti il concetto non piace, tale potrebbe essere.


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