giovedì 20 giugno 2019
Fa discutere la scelta annunciata dalla ragazza svedese simbolo della protesta contro il cambiamento climatico
Una decisione motivata dalla coerenza: dovrà viaggiare molto ma non vuole prendere l’aereo che inquina. Starà a lungo lontana da casa e studierà da sola

Una decisione motivata dalla coerenza: dovrà viaggiare molto ma non vuole prendere l’aereo che inquina. Starà a lungo lontana da casa e studierà da sola

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È diventata un simbolo e, come spesso accade ai personaggi simbolo, è molto amata e molto criticata. Greta Thunberg, la sedicenne svedese leader globale dei Venerdì per il futuro, ha ora annunciato che salterà il prossimo anno scolastico. Che cosa ci dice questa scelta da parte di colei che ha teorizzato lo sciopero delle lezioni a difesa dell’ambiente? Innanzitutto, va ricordata la motivazione che ha mosso la giovane. Una motivazione che, al crescere delle manifestazioni susseguitesi in tutto il mondo nel 2019 (persino nella Siria sotto le bombe), potrebbe essersi sbiadita nella memoria.

Non abbiamo infatti forse bisogno di più sapere, di intelligenza, di conoscenza, di cultura e innovazione per affrontare le sfide globali, in particolare quella del cambiamento climatico che minaccia il pianeta Terra? Le frasi che spiegano tutto dei Venerdì per il futuro sono state pronunciate da Greta in risposta a chi le chiedeva per quale motivo si era messa con un cartello che inneggiava allo 'sciopero scolastico' davanti al Parlamento di Stoccolma a partire dall’agosto 2018. «Perché dovrei andare a scuola? Se i politici non ascoltano gli scienziati, perché mai dovrei studiare?».

Una provocazione, uno schiaffo agli adulti che predicano bene e razzolano male. A quei 'grandi' che declinano l’invito a studiare come esercizio di paternalismo, salvo poi cibarsi di fake news e inseguire chi le diffonde, proprio perché sono i primi a non voler cambiare nulla. Adulti che troppo spesso vogliono insegnare, ma non mettono in pratica ciò che tutti ormai sappiamo, pur se molti fanno finta di non crederci davvero.

La scelta di Greta è stato un atto rivoluzionario, ha permesso l’avvio di un processo che ha coinvolto milioni di giovani in una causa comune giusta e unitaria per una generazione, ma allo stesso tempo è stata un’azione esemplare, che ha finito con il privare di molti argomenti i suoi detrattori. Saltare i venerdì le è stato fatale? No, la sua pagella (appena divulgata) è stata migliore di quella di molti coetanei diligenti con gli impegni, la scuola, la piscina, il calcio, la danza, ma più tiepidi rispetto ai grandi temi, come è legittimo alla loro età. Eppure, il risultato scolastico eccellente di una ragazzina che si è spesa per la causa del clima – vale la pena di soffermarvisi – ci dice molto anche di quanto la scuola o lo studio e il semplice rispetto dei compiti assegnati valgano a costruire bravi ragazzi o buone carriere, ma possono anche incorporare il rischio del conformismo e dell’inerzia verso quei comportamenti che le generazioni più anziane faticano così tanto a mettere in discussione.

Ora però Greta rinuncia del tutto alla scuola. Non per la stessa ragione, bensì per aspetti pragmatici da una parte e per il valore della coerenza dall’altra. La acclamata portavoce del Movimento, infatti, ha già da tempo scelto di non viaggiare in aereo, la forma di trasporto che più inquina e danneggia il nostro precario ambiente. Forse non molti ancora lo sanno, ma è proprio così, e l’era del low cost, così democratica e propizia ai viaggi e agli scambi, in realtà è anche una sciagura dal punto di vista del creato.

Se dovrà andare dalla Svezia alle Nazioni Unite in settembre e a Santiago del Cile per la Cop 25 a fine anno in nave e treno, Greta passerà inevitabilmente tanti giorni in viaggio. E diventerà impossibile garantire la frequenza minima in classe. Quindi, per essere fedele ai principi ambientalisti che tenta di diffondere e per continuare a diffonderli con la propria presenza in molti luoghi del mondo in cui la sua presenza sarà rilevante, Greta rinuncia alla scuola. Studierà come 'privatista', è ovvio.

Non rinuncerà al diploma delle superiori né, immaginiamo, più avanti a una laurea. La sua famiglia, composta da genitori colti e capaci di organizzare gli impegni, sicuramente la sosterrà. Lei è intelligente. Inoltre, le persone che incontrerà, le conferenze cui parteciperà, il contesto in cui è inserita le offriranno più conoscenze e stimoli delle lezioni che avrebbe ascoltato in classe.

Tuttavia, forse perderà qualche amico, dovrà 'crescere' più in fretta di quanto fanno i suoi coetanei, dovrà farsi forza per sopportare eventi sociali che il disturbo dello spettro autistico di cui soffre le rende faticosi. Insomma, sperimenterà sulla sua pelle che non tutto si può fare, che spesso è necessario fare delle scelte e che non tutte le cose desiderabili stanno dalla stessa parte. Non si può andare a scuola e prendere l’aereo nel fine settimana, rimanere una ragazza timida e incarnare una lotta globale. Ecco la prima cosa che ci dice la storia di Greta. Non si può avere tutto, non c’è un quadretto rosa in cui tutti i pezzi vanno a posto.

A volte si mettono in moto situazioni nelle quali, se vogliamo essere coerenti, siamo poi chiamati a decisioni difficili, a rinunciare a qualcosa in favore di qualcos’altro. A buttare via qualcosa della propria vita per donare qualcosa di più grande. Ma ci possiamo anche chiedere se cambierà qualcosa per la sua credibilità come leader del movimento dei giovani e giovanissimi che scenderanno in piazza nei prossimi Venerdì per il futuro. Come la vedranno i suoi coetanei? Qualcuno comincerà a pensare che è una privilegiata? Che non è più davvero una di loro? Greta non è un idolo come un cantante o un calciatore, amato malgrado o forse per il fatto che è ricco, irraggiungibile, libero di fare ciò che vuole. Greta è un simbolo in quanto ha cominciato da sola con il suo cartello e poi, un po’ per casualità, un po’ per una serie di circostanze fortunate, la sua battaglia condotta con umiltà e perseveranza ha acquisito visibilità. Ma ora Greta diventa un’ambasciatrice, ricercata e corteggiata. E non va più nemmeno a scuola. Magari avrà insegnanti personali...

Forse più d’uno potrebbe pensare che così è transitata nel mondo degli adulti. Anche perché cresceranno i suoi detrattori. In Italia, la chiamano 'Gretina', e non c’è bisogno di spiegare l’offensivo gioco di parole... Sono i cinici che vedono complotti ovunque (anche lei è al servizio di qualche 'potentato occulto' che la sfrutta per i suoi interessi), sono i soggetti che si presentano come semplici opinionisti ma in realtà difendono interessi economici consolidati e i grandi gruppi che rischiano di rimetterci dall’impegno contro il climate change, e sono coloro che non si rassegnano a rinunciare ai 'comodi' combustibili fossili, ai veicoli più inquinanti e agli aerei presi a raffica senza pensare alle conseguenze sul clima. Ma sarà davvero una ragazza che ha 'trovato l’America' Greta? O sta dicendo sì a un destino che si è costruita solo in parte e che ora le chiede comunque un prezzo per essere coerente con le idee e i valori che ha scelto di abbracciare?

Pensiamo a Malala, la giovane pachistana colpita dai taleban perché si ostinava ad andare a scuola, contro il divieto di istruzione femminile imposto dai fondamentalisti islamici. È sopravvissuta e ha dovuto lasciare il proprio Paese. Ha vinto il premio Nobel, ma ha perso parte della sua giovinezza, con una scorta e l’attenzione del mondo su di sé. Tutte queste cose e altre ci dice la storia di Greta, diventata un’icona avendo ormai compiuto un salto comunicativo del quale è difficile prevedere le conseguenze. Il messaggio che veicola può essere facilmente travisato. Pensiamo al movimento che sta consigliando di mettere al mondo meno figli per salvare il pianeta, le donne birth strikers, una generazione fuori tempo rispetto alla rivoluzione dei sedicenni, che non ha colto il senso del nuovo messaggio: al mondo non servono meno figli, ma più figli che vivono diversamente; non servono pochi giovani che volano da una parte all’altra del globo per diletto, e consumano per noia, ma molti più giovani che condividono un problema e cercano insieme la soluzione, studiando sui libri e confrontandosi con il mondo (e che magari in vacanza desiderano più prendere un treno e camminare lungo un sentiero piuttosto che mettersi in coda al check-in per una località congestionata e distrutta dall’iperturismo).

Greta non è il centro del mondo, la formazione a una coscienza per la difesa della casa comune deve passare dalla riflessione su testi come la Laudato si’ o sulle piccole e grandi azioni educative che vengono messe in pratica nelle comunità, nei territori, nei quartieri delle grandi metropoli. Eppure, con questa ragazzina che non andrà più a scuola, ma cercherà di laurearsi nella vita e con l’impegno per una grande causa che riguarda tutti siamo costretti a confrontarci. Il messaggio può prendere due direzioni opposte. Mantenere vivo il senso profetico di una scelta che in un certo modo richiama il dono di se stessi per gli altri. Oppure diluirsi e fuorviare le menti più fragili, appiattendole nell’idea che si può studiare giusto quel che basta, l’importante è non usare cannucce di plastica, bere dalla borraccia e fare bene la raccolta differenziata.

È questo il grande rischio della 'fase due' della storia di Greta, che ha insegnato a non studiare il venerdì per salvare il pianeta, ma in realtà stava dicendo che si deve studiare ancora di più, e che tuttavia non ci si deve fermare a questo ma diventare agenti in prima persona del cambiamento. Per questo mentre vedremo la ragazzina con le trecce sfilare da un palcoscenico all’altro, la sfida più importante sarà riuscire a non avere più bisogno di lei, di testimonial iconici, perché la causa della difesa della casa comune sarà patrimonio condiviso di una nuova generazione pronta a mettere in gioco tutta se stessa. Studiando. E vivendo pienamente la propria libertà come rispetto verso gli altri.

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