Disintermediare, vera ossessione
sabato 29 dicembre 2018

Tra i bilanci di fine anno non può mancare quello sulla Manovra economico-finanziaria per il 2019 in corso di approvazione, non tanto e non solo rispetto ai singoli interventi, quanto rispetto alla filosofia che li sottende. Dei singoli interventi, e in particolare del reddito di cittadinanza e della "quota 100" per le pensioni, abbiamo sentito e letto fin troppo, e purtroppo le indicazioni applicative sono a oggi ancora alquanto nebulose, il che costringe a sospendere il giudizio sul loro impatto, consistenza e valore, fino a che i termini della questione non saranno più chiari.

Quello che è chiaro fin d’ora, però, è che le risorse messe a disposizione per questi interventi, ridotte in corso d’opera a seguito della trattativa con Bruxelles, li renderanno più vicini a quanto già fatto dai precedenti governi, sia con il Rei, per quanto riguarda la povertà, sia con i correttivi alla riforma Fornero, per quanto riguarda l’età del pensionamento. Ancora, in termini di specifici interventi, un altro elemento che appare sin da ora chiaro è che l’applicazione del tanto sbandierato alleggerimento fiscale riguarderà solo i lavoratori a partita Iva. Assieme al blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, si delinea quindi un approccio, nei confronti della tassazione sul lavoro, favorevole al lavoro autonomo e non a quello dipendente, come sarebbe stato con un intervento sul peso del cosiddetto "cuneo fiscale". Il che sembra anche in contrasto con le intenzioni dichiarate di voler favorire la stabilità lavorativa, e con lo stesso Decreto Dignità. Quindi, per le specifiche misure, ciò che appare a oggi sono interventi modesti, con scarse prospettive di miglioramento della situazione lavorativa e reddituale dei soggetti più deboli, concreti rischi di strumentalizzazione e snaturamento delle intenzioni iniziali, e restringimento della platea dei destinatari.

Ancor più problematico, e questo è un secondo elemento che pesa sul bilancio della manovra, è quanto previsto per il reperimento delle risorse per finanziare le misure di cui sopra. Si fa riferimento infatti a interventi in parte aleatori, oltre che discutibili, come la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, e in parte iniqui, come il blocco delle indicizzazioni delle pensioni. Ma rispetto alla filosofia generale che traspare dai contenuti della Manovra e dal modo con il quale è stata portata avanti, l’elemento più importante che si è venuto delineando è quello della "disintermediazione" rispetto alle istituzioni ed ai corpi intermedi della società.

Quanto accaduto al Senato nei giorni prima di Natale è al tempo stesso paradossale ed emblematico: paradossale perché totalmente fuori delle regole della democrazia parlamentare, ed emblematico perché rappresenta la manifestazione più eclatante e visibile di un sentimento di distacco, se non addirittura di disprezzo. Gli interventi previsti in Manovra a danno del mondo del no profit e del volontariato – prontamente valutati nel loro impatto e denunciati da questo giornale, – appaiono destinati a rientrare: vedremo presto con quali modalità. Ma sono stati decisi e votati, e seguono analoghi interventi – come il definanziamento del programma Sprar con cui i Comuni organizzano l’accoglienza dei migranti – accentuando una linea di distacco e, persino, di disprezzo nei confronti dei corpi intermedi e di alcune delle più importanti strutture "dal basso" dello Stato sociale moderno, che tanta parte hanno a fianco delle istituzioni statali e nella logica della sussidiarietà e solidarietà. Lo stesso atteggiamento nei confronti delle Istituzioni europee è una riprova di questa visione. E analogo ragionamento può essere fatto rispetto alla mancata considerazione delle Istituzioni formative e di ricerca.

La sanatoria nei confronti di chi opera senza il titolo di studio, il restringimento dei finanziamenti alla ricerca scientifica, gli scarsi investimenti per la scuola e l’università, ne sono la riprova.

Inevitabile chiedersi se non si sia di fronte a un progetto teso allo stravolgimento progressivo dei princìpi sociali alla base della nostra democrazia, a favore di strategie di governo basate sulla comunicazione diretta e sulla valorizzazione delle relazioni sociali superficiali, contro i meccanismi consolidati, e sanciti dalla Costituzione, della sussidiarietà e della intermediazione. E la risposta che possiamo darci, allo stato delle cose, è davvero preoccupante.

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