giovedì 29 gennaio 2009
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Una surreale gara fra alcune regioni per 'accogliere' Eluana verso la morte per fame e per sete, una discutibilissima sentenza di un tribunale amministrativo, un governatore coraggioso che la contesta perché la giudica infondata: gli ultimi eventi della vicenda Englaro ruotano soprattutto intorno a un fatto ritenuto certo, e cioè che Eluana non avrebbe mai voluto vivere nello stato in cui si trova, e ad una percezione errata di tale condizione. Parlare di una persona in stato vegetativo come di una pianta, oltre che essere profondamente offensivo per chi si trova in quelle condizioni, è sbagliato e fuorviante. Continuare a utilizzare l’aggettivo 'permanente' per lo stato vegetativo, e rifarsi a una letteratura scientifica obsoleta e contestata dai maggiori esperti del settore è antiscientifico, e svela il pregiudizio ideologico che c’è dietro certe prese di posizione. Ma anche l’accertamento delle volontà di Eluana ha delle ombre. Non mettiamo in dubbio le parole di suo padre: un giudice però dovrebbe inserirle in un contesto, quello di una ragazza di vent’anni che sicuramente avrà usato le espressioni riferite, ma le ha pronunciate in momenti di estrema emozione, di fronte all’amico gravissimo, e non dopo un colloquio con uno specialista per un consenso informato. Ci sono poi testimonianze che inspiegabilmente non sono state presentate in tribunale: riportate mesi fa da questo giornale, sono state raccolte in un esposto alla Procura di Milano. Lo scorso 25 luglio su queste colonne potevamo leggere le parole di una compagna di classe e di due insegnanti di Eluana, che dichiaravano di non aver mai sentito dalla ragazza affermazioni come quelle riportate nel decreto della Corte di Appello. Significativo il racconto di suor Rina Gatti, sua insegnante di italiano al Liceo Linguistico 'Maria Ausiliatrice' di Lecco: il 30 luglio scorso suor Rina ricordava una lettera ricevuta prima dell’incidente. Due pagine di auguri per le festività natalizie, in cui Eluana scrive: «Ho deciso di ricominciare con te che sei la mia educatrice». E poi: «Volevo dirti sinceramente che mi manchi». E ancora: «E adesso chi mi sgrida quando ne combino una delle mie?» E poi: «una supernotizia» e scrive: «Ho cambiato facoltà e... per la tua gioia sono andata in Cattolica. Mi trovo molto bene! Ho professori eccezionali. Pensa te che da quando sono iniziate le lezioni, il 6 novembre, non ho perso neanche una lezione. Sono brava». Nel decreto si legge invece che la ragazza giudicava l’ambiente ed i docenti del suo liceo «refrattari al confronto e al dialogo» e che ne avrebbe tratto un rigetto ed un’insofferenza tali da volersi trasferire in un liceo statale, dopo i primi tre anni, ma non aveva potuto farlo. Si dice che ha cambiato università, ma si 'dimentica' di specificare che dalla Statale è andata alla Cattolica. Inoltre, a sostegno della bontà dei rapporti fra la ragazza e i suoi genitori, la curatrice speciale ha acquisito agli atti una lettera scritta in occasione del Natale prima dell’incidente, nella quale Eluana manifestava loro fiducia, affetto e riconoscenza. Esistono almeno due lettere quindi, una all’insegnante e quella ai genitori, contestuali, scritte nello stesso periodo, ma una è agli atti e l’altra no. Perché? Non lo sappiamo. Testimonianze contraddittorie? Forse, ma non necessariamente: è anche possibile che nel tempo la ragazza abbia cambiato idea e sentimenti verso l’ambiente scolastico, riconoscendo per buono quello che prima avrebbe rifiutato. Essere determinati e intelligenti – così come ci è stata presentata da tutti Eluana – non impedisce di cambiare le proprie convinzioni. Certo, è che siamo di fronte a un quadro più complesso di quello finora descritto, e se non spetta a noi ricostruire la reale volontà di Eluana (anche perché a differenza della Cassazione pensiamo che non sarebbe sufficiente per farla morire di fame e di sete), sicuramente il fatto ci riguarda. Abbiamo visto che c’è un governatore, in Lombardia. Ma un giudice, a Milano, ci sarà?
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