martedì 23 agosto 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
«È molto più facile radunare la gente arrabbiata per una protesta. Più difficile convocare per una festa dove si ringrazia qualcuno». Questa frase del capo della Guardia Nacional spagnola offre una chiave di lettura dell’evento-Gmg, ora che i riflettori dei media sull’incontro mondiale dei giovani si sono spenti. La Gmg questo è e vuol essere: non una prova di forza dei cattolici nel derby con la secolarizzazione, ma una festa della fede, in cui under 30 di tutto il mondo si ritrovano insieme, in ascolto della Parola di Dio e del Papa per riconoscersi credenti, per ringraziare dell’appartenenza alla Chiesa e pure, come ha ricordato Benedetto XVI, per rendere lode a Dio per il momento storico che sono chiamati a vivere.Al centro di una Gmg dunque, c’è un atto di gratitudine per un dono che precede il cammino di ciascuno. Solo a partire da quest’ottica si può comprendere la definizione che dei giovani radunati a Madrid ha dato l’arcivescovo di Toledo quando, nei giorni scorsi, li ha chiamati "né indignati né rassegnati". Come su queste colonne si è già sottolineato, non era una indicazione in qualche modo "terzista", bensì il ritratto di un popolo di giovani che non sono mossi da una voglia di protesta, perché a destarli è un appello positivo, una buona notizia (l’appartenere a Cristo), non – in primis – una serie di storture contro cui lottare. Questo non significa che i giovani cattolici di oggi non vivano sulla loro pelle il dramma della condizione dei loro coetanei, con i quali condividono la precarietà, l’incertezza sul futuro, le molteplici incognite che lo sviluppo disordinato e dis-umano in atto sta provocando sull’umanità e sull’ambiente.Così come il fatto di partecipare a una festa della fede non ha impedito che i giovani della Gmg venissero assaliti prima dal caldo torrido e poi, nell’incontro-clou, alla presenza del Papa, persino da un nubifragio, anche nella vita di ogni giorno la fede in Cristo non costituisce un passaporto per attraversare indenni il territorio delle prove. La fede non va confusa con un’assicurazione sulla vita, se con questo s’intende la pretesa di essere esentati dal peso della storia, dalle fatiche dell’esistenza, dalle tensioni che toccano l’ordinario di ciascuno.Semmai, a far la differenza, è lo sguardo che su queste realtà il cristiano tenta di avere, alla luce della fede: un atteggiamento del cuore che gli permette di abbracciare anche le inevitabili asperità della vita non come un ostacolo fastidioso ma come opportunità per una testimonianza più credibile.Ecco: ai giovani di Madrid, che tornano carichi di entusiasmo alle loro case, con una luce intensa che brilla negli occhi, vorrei dire: non lasciatevi fagocitare dal grigiore della ferialità, fate in modo che la bellezza che avete sperimentato risplenda nella vita di ogni giorno. Come non vi siete arresi al sole infuocato di Madrid non rassegnatevi quando sperimenterete l’arsura della solitudine, in molti contesti dove dirsi ed essere cristiani suona quasi una provocazione.Per tener desta questa coscienza, credo che la strada sia una sola: riscoprire ogni giorno il senso di gratitudine. Alimentarlo, pazientemente. Quando uno è contento di esserci perché voluto e amato, allora si mobilita per il bene, si batte contro ciò che non funziona, si spende perché tutti stiano meglio. Al contrario, quando una persona scende in piazza solo perché spinta dalla rabbia (pur legittima) il rischio è di finire preda del risentimento e dell’emotività. Lo abbiamo visto nel passato, anche recente: ciclicamente una carestia piuttosto che un evento internazionale (come il G8) risveglia emozioni, muove passioni. Ma poi – se alla base della mobilitazione non c’è una coscienza positiva, uno sguardo verso il futuro – il pericolo è di cedere al primo ostacolo, di rassegnarsi davanti agli insuccessi, siano essi gli Obiettivi del millennio non raggiunti o il desiderio di far contare politicamente di più i giovani. In fondo, proprio questa è la differenza tra tanti che protestano semel in anno contro la fame nel mondo e quanti (missionari, volontari…) spendono la vita, spesso nel silenzio, accanto a quanti muoiono di fame: la radicalità e la fedeltà, che nascono da un "grazie" nel profondo del cuore.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: