Far presente la giusta storia
domenica 10 gennaio 2021

L’ubriacatura digitale in cui siamo immersi ci dà spesso la falsa illusione di vivere un presente senza storia. La storia invece non è finita e i drammatici avvenimenti di Washington ce lo hanno testimoniano. È pertanto molto importante ritornare sulle radici della nostra storia e il percorso fatto per capire quali sono le vie per il progresso futuro del Paese verso la realizzazione del bene comune dopo la pandemia.

"Novecento" di Bertolucci e "La meglio gioventù" di Giordana sono due film famosi. Messi in sequenza raccontano, mescolando costume e storia, alcuni momenti chiave del nostro passato. "Novecento" racconta in modo terribilmente aspro la guerra tra capitale e lavoro, tra proprietà agricola e braccianti che in una spirale di violenza ha purtroppo caratterizzato la prima parte del secolo scorso. E ci fa capire quanto sia stato importante il percorso di quella Democrazia Cristiana con cui in due semplici parole sintetizzava l’ingrediente mancante e assolutamente necessario per trasformare quelle aspirazioni, degenerate in una spirale di violenze e di lutti, in vero progresso sociale.

Al di là delle storie di partiti e forze in campo che, come tutti sappiamo, hanno i loro meriti, ma anche le loro responsabilità storiche, la questione di fondo, riproposta con forza e lucidità dalle ultime encicliche sociali, dalla Caritas in veritate a Fratelli tutti, è che senza il contributo generativo del principio di fraternità non è possibile trasformare il conflitto tra libertà ed eguaglianza in vero progresso sociale. La dignità degli ultimi, le pari opportunità, il progresso sociale sono obiettivi fondamentali, ma non possono mai essere conquiste durature se non si affermano in un percorso partecipativo e democratico e mai lo sono quando alimentano spirali di odio e violenze che lasciano pesanti strascichi e finiscono per riportarci al punto di partenza. L’Italia del dopoguerra ha avuto la capacità – superando momenti difficili come quelli degli anni di piombo, dello stragismo e del terrorismo raccontati da "la meglio gioventù" – di seguire questo percorso partecipativo e democratico e ha saputo trasformare le energie e la forza del progresso tecnologico in benefici diffusi per la popolazione.

La lezione dalla storia per i nostri giorni resta quella. Anche oggi l’affermazione del principio di fraternità è l’ingrediente chiave per affrontare i nuovi nodi che abbiamo davanti. Se è vero che la rivoluzione digitale ci rende tutti ricchi di "merci senza peso" gratuitamente disponibili sui nostri dispositivi elettronici (cellulari e pc), non per questo i fattori che alimentano povertà (economiche e di senso) e diseguaglianze sono scomparsi. E la rete diventa spesso purtroppo amplificatore di narrazioni aspre, che abbiamo visto trasformarsi oltreoceano in violenza e in rischio per la democrazia. L’odio in rete e il conflitto identitario alimentano sempre nuove fratture. La globalizzazione e la possibilità di ricomporre continuamente le filiere produttive alla ricerca dei costi minimi sociali, ambientali e fiscali è il grande fattore che alimenta le nuove ingiustizie e diseguaglianze. Il nostro dovere è affrontare questi problemi evitando che degenerino e s’incancreniscano applicando il principio di fraternità e giustizia con intelligenza e consapevolezza della necessità di strumenti nuovi e adatti ai tempi che sappiano utilizzare le quattro mani dei meccanismi di mercato, delle regole e politiche lungimiranti, della responsabilità d’impresa e della cittadinanza attiva.

In un mercato del lavoro polverizzato e in competizione globale sarà pertanto fondamentale il sindacalismo di complemento del consumo e risparmio responsabile, il ruolo di imprese più ambiziose che puntano all’impatto sociale ed ambientale e non solo al profitto e il compito fondamentale di istituzioni levatrici delle energie della società civile capaci di costruire regole e sistemi d’incentivo intelligenti che favoriscano responsabilità e partecipazione di cittadini e imprese. Ad un livello ancora superiore però la sfida oggi si gioca proprio sulla ridefinizione di principi ed orizzonti verso cui muovere. La rivoluzione degli indicatori multidimensionali di benessere ci insegna che il valore oggi non si identifica nella produzione del maggior numero di manufatti spesso non smaltibili, ma nella ricchezza di beni spirituali, relazionali, ambientali, economici di cui una comunità può godere in un territorio. Il passo avanti ulteriore che – assieme ad 'Avvenire' e alla Scuola di Economia Civile – stiamo provando a compiere, è quello di inserire la generatività, che non è altro che fraternità nello spazio e nel tempo, tra gli obiettivi chiave del progresso civile. Ed è questo passo avanti che può e deve orientare la ripartenza resiliente post Covid-19 e la grande occasione per il nostro Paese del piano 'Next Generation Eu'.

Gli studi su ricchezza di senso e soddisfazione di vita indicano molto chiaramente che siamo felici nella misura in cui siamo generativi. Se vogliamo veramente rispondere al bellissimo invito dei padri costituenti contenuto nell’art. 3 della nostra Costituzione che mette sapientemente assieme bene comune, libertà d’iniziativa e pari opportunità siamo chiamati oggi a creare le condizioni per una società dove tutti, anche e soprattutto gli ultimi e gli 'scartati' possano essere e sentirsi generativi. Continuando così l’opera dei nostri nonni e dei nostri padri che dal secolo scorso hanno progressivamente vinto, attraverso la crescita del principio della fraternità nel Paese, la tentazione di credere che il progresso sociale sarebbe arrivato dal conflitto violento tra ideologie contrapposte.

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