martedì 30 agosto 2011
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I luoghi comuni, si sa, sono duri a morire, e anche a fronte di fatti incontestabili mostrano una resistenza straordinaria. Fra i più diffusi, quello secondo cui gli aborti diminuiscono con il diffondersi della contraccezione, possibilmente accompagnata da un’educazione sessuale fin dalla più tenera età, affidata ai programmi scolastici e agli 'esperti', anziché lasciata all’iniziativa e alla responsabilità delle famiglie di appartenenza. Il ragionamento è semplice: poiché gli aborti sono l’esito di gravidanze indesiderate, bisogna evitarle. Quindi con mezzi che consentono di programmare le nascite, il problema dovrebbe risolversi: quanto più la contraccezione è efficace e diffusa, tanto meno si abortirà. In teoria, dovrebbe funzionare. Ma i dati dicono altro: nei paesi ad elevata diffusione di contraccettivi e di programmi di educazione sessuale, specie scolastica – come Francia, Svezia e Gran Bretagna – i tassi abortivi sono sempre rimasti elevati, aumentando soprattutto fra le più giovani. In Italia, invece, la percentuale delle donne che usano la pillola anticoncezionale è fra le più basse di Europa, come pure i tassi abortivi, comunque li si conti, e sempre in diminuzione fin dall’82. Qualche dato: il 16,2 per cento delle italiane usa questa pillola, contro il 40 delle svedesi e il 50 delle francesi. E i tassi di abortività fra le donne con meno di venti anni sono, rispettivamente, il 6,9 per mille in Italia, il 15,2 in Francia, il 22,5 in Svezia e il 23 in Inghilterra e Galles. Le cose non cambiano con la 'pillola del giorno dopo', che può impedire all’embrione di annidarsi in utero, prefigurando così un probabile, precocissimo aborto, impossibile da verificare e quindi da conteggiare. In Italia questo prodotto si può comprare in farmacia dal 2000 – quando gli aborti già calavano – e solo con ricetta medica, che invece non serve in Francia, Gran Bretagna e Svezia. In Francia, per esempio, questa pillola è negli armadietti scolastici per studentesse fin dagli undici anni, e il consenso dei genitori non è richiesto. E ricordiamo in Inghilterra un progetto pilota di due anni fa che permetteva alle ragazzine fra gli 11 e i 13 anni di chiedere la pillola del giorno dopo via sms, per «evitare imbarazzi». Il risultato è che le vendite in Francia e Gran Bretagna sono 3-4 volte quelle italiane, e pure gli aborti ufficiali, come già detto, sono molto più numerosi, specie fra le minorenni. Chiarendo che da noi un anno di aborti equivale a più di 110mila esseri umani soppressi prima di nascere, e che il calo non consola – l’unico numero che vorremmo leggere è lo zero, tutti gli altri sono intollerabili – è bene prendere atto che la strategia messa in atto per diminuirli, negli altri paesi, li ha invece moltiplicati. Perché? Se fosse la depenalizzazione a diminuire gli aborti, lo sarebbe in tutti i paesi dove sono legalizzati. In Italia la 194 aiuta perché impedisce di lucrarci sopra: qui gli aborti sono obbligatoriamente in strutture pubbliche o convenzionate, ed è vietato alle cliniche private di farne a prezzi liberi (come invece avviene in Spagna per il 98 per cento degli aborti): non essendoci guadagno, non c’è interesse economico ad incoraggiarli. Ma non basta a spiegare l’anomalia tutta italiana di aborti in calo, bassa natalità e scarso uso di contraccezione chimica. L’eccezione italiana è una cultura cristiana profonda, condivisa nei fatti anche da molti non praticanti, che ha consentito alla famiglia naturale, quella basata sul matrimonio fra un uomo e una donna e riconosciuta dalla nostra – laica – Costituzione, di reggere l’urto della secolarizzazione, che proprio la famiglia mira innanzitutto a scardinare. In un vissuto coniugale stabile, si ha meno paura ad affrontare la vita accanto a un parente disabile, a un anziano, o a un bambino 'inaspettato'. Chi si è sentito accolto all’interno di saldi rapporti familiari, più facilmente sarà pronto ad accogliere, e a vivere un 'imprevisto'. Un’eccezione italiana su cui sarebbe bene riflettere.
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