mercoledì 5 ottobre 2022
La scelta politica radicale di cui abbiamo bisogno riguarda la ricerca del bene comune, come fine e come mezzo. Ecco perché in questa stagione complicata interveniamo da Bologna nel dibattito...
Una veduta di Bologna

Una veduta di Bologna - Wikipedia commons

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Caro direttore,

la scelta politica radicale di cui abbiamo bisogno riguarda la ricerca del bene comune, come fine e come mezzo. Ecco perché in questa stagione complicata interveniamo da Bologna nel dibattito e nell’approfondimento che si sviluppa a tempo sulle pagine di 'Avvenire' per offrire un punto di vista speciale, convinti della necessità di ricostruire un impegno per l’economia sociale e il valore della cooperazione nel nostro Paese. A questo scopo, negli ultimi anni, la nostra Amministrazione Comunale e Metropolitana si è organizzata per prendersi cura di tutto ciò che attiene al valore aggiunto prodotto dalla collaborazione civica tra istituzioni, Terzo settore, mondo della produzione e cittadinanza. Un’esperienza che ha risvegliato valori antichi, ben radicati nella nostra terra, che ci proponiamo di modernizzare alla luce dei cambiamenti demografici, sociali e culturali. La prospettiva che ci siamo prefissati riguarda il 'come', in particolare quali strumenti e politiche mettere in campo per raggiungere gli obiettivi di giustizia sociale, sviluppo e redistribuzione, transizione ecologica e digitale. Abbiamo già sperimentato iniziative e impostato un modello di governance territoriale. Ci siamo misurati con i lati negativi e positivi delle norme nazionali e del quadro europeo, con la sfiducia che allarga la distanza tra cittadini e istituzioni.

Siamo partiti per questo nel 2014 con l’approvazione del primo 'Regolamento dedicato alla cura condivisa del bene comune', inventando lo strumento dei 'Patti di collaborazione', siamo poi passati all’introduzione di strumenti come il Bilancio partecipativo e l’invenzione dell’Ufficio Immaginazione civica. Abbiamo applicato la co-progettazione alla programmazione dei fondi europei, poi nel 2018 abbiamo sottoscritto la prima 'Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali nel contesto urbano' e nel 2022 la prima 'Carta Metropolitana per la logistica etica'. Durante la pandemia, abbiamo toccato con mano anche la capacità di agire sulle necessità primarie della popolazione, caricandosi sulle spalle le risposte che nessuno riusciva a dare, come l’organizzazione dei servizi di mutuo aiuto o fornitura di servizi a domicilio per migliaia di persone in lockdown e smart working. Stiamo infine lavorando alla realizzazione di un gemello digitale della città insieme a Barcellona, grazie ai nostri rispettivi e nuovi supercomputer, che oltre a racchiudere il 20% della potenza di calcolo europea, a nostro avviso rappresentano una grande occasione di riflessione e applicazione nel campo dell’impatto sui processi produttivi, sociali e democratici.

Possono le città e non solo le piattaforme private capitalistiche 'dominare' il futuro di dati e internet?

Riconoscendo gli elementi distintivi dell’economia sociale, così come esplicitati dal Piano di Azione Europeo sull’economia sociale, nella nostra concreta esperienza territoriale si arriva a travalicare le definizioni conosciute, i confini di settore e di filiera. Quest’azione rappresenta a tutti gli effetti un campo di sperimentazione, un insieme di relazioni e processi, una cultura del pensare e fare assieme. La capacità ad esempio di collegare in modo vincente e sostenibile il mondo della scuola e formazione alla manifattura, l’ambito delle piattaforme e degli algoritmi al controllo democratico degli stessi, di adattare le politiche di contrasto alle povertà educative alle fragilità e opportunità dei nostri quartieri. Unendo i puntini, generando alleanze, rendendo sostenibili piani economici prima considerati imponderabili.

Tutto ciò ci porta a rilanciare l’importanza di una riflessione culturale e politica su scala nazionale. Per noi la radicalità degli interventi, infatti, non si persegue in solitaria, alimentando dicotomie (noi e loro, le istituzioni e i cittadini), ma attraverso un metodo cooperativo che assume la complessità e l’interdipendenza come fattori strutturali e mette in campo alleanze di scopo e di valori.

Il modello di capitalismo globalizzato negli ultimi anni ha gradualmente perso consenso e legittimazione, alimentando la perdita di fiducia verso il futuro, il distacco dalla partecipazione politica e il disagio sociale. L’economia sociale offre a nostro avviso una concreta prospettiva di uscita da questo scenario, perché è contemporaneamente strumento di democrazia, pluralismo, partecipazione delle persone ai processi sociali ed economici, di welfare e di politica industriale.

A Bologna stiamo avviando, a partire da questo mese ottobre, un percorso partecipato con le forze imprenditoriali e sociali del nostro territorio che ci porterà, entro alcuni mesi, all’adozione di un 'Piano metropolitano per l’economia sociale'. Vediamo in questa forma di economia non solo uno strumento efficace per valorizzare il lavoro nelle comunità, ma anche per riaffermare in modo autentico il principio costituzionale del valore sociale del lavoro, che è strumento di progresso, emancipazione, di crescita.

Sindaco di Bologna

Delegata al Piano per l’economia sociale della Città metropolitana di Bologna

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