mercoledì 31 ottobre 2018
Su questioni concrete per la vita delle persone sia capace di presentarsi ai cittadini, nelle loro case, in modo diretto e tangibile, facendo a meno delle istituzioni filtro - Stati, Regioni...
Ansa

Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Caro direttore,
tanti invocano una "nuova Europa". Tema urgente in un momento in cui l’Europa patisce la pressione delle spinte "sovraniste" di populismi "nazionalisti" in grado di pregiudicarne il futuro. E su di esso ci si è confrontati all’Istituto Treccani, a Roma, a partire da una doppia introduzione di Tullio Gregory e Michele Ciliberto. Tema impellente perché sono in atto spinte fondamentalmente antistoriche, fuori tempo massimo cioè, se le si guarda dal punto di vista dei processi geopolitici di globalizzazione in atto. Processi che chiederebbero più Europa, più sovranità europea per essere all’altezza della bisogna; e non per l’astrazione istituzionale "Europa", ma per gli interessi reali delle stesse sovranità nazionali che le hanno dato vita, e che ne fanno parte.

E tuttavia spinte, tese a ridimensionare l’Europa o persino a dissolverla, che hanno dalla loro il peso del risentimento di vasti strati dei popoli europei. Quelli più colpiti dalla crisi sociale ed economica che l’Europa vive da almeno un decennio.
In verità, queste spinte sovraniste hanno dalla loro anche la retorica opportunista e talvolta cinica di forze politiche che hanno affidato i loro destini alla crisi dell’Europa, in relazione più o meno esplicita con l’interesse geopolitico della Russia di Putin e dell’America di Trump a un ridimensionamento del ruolo della Ue in questo secolo, che sarà il secolo dell’assestamento dei processi di globalizzazione e ne deciderà equilibri di lunghissimo periodo. E, purtroppo, hanno dalla loro anche l’incompiutezza dell’edificio europeo, dell’Europa di Bruxelles nel suo complesso, e non pochi egoismi nazionali di Paesi, a cominciare dalla Germania, la cui leadership continentale dovrebbe preoccuparsi - cosa che non fa - di non lasciare indietro, o troppo indietro, nessuno dei paesi europei.

Proprio per rispondere alle pressioni antieuropee, interne ed esterne al continente, c’è bisogno di una nuova Europa, e davanti a un parterre di assoluto rilievo si misureranno sul tema Vincenzo Barone ("Formazione e ricerca in una prospettiva europea"), Pierluigi Ciocca ("Per l’Europa: una diversa politica economica") e Biagio De Giovanni, cui toccherà la questione più spinosa, "La disgregazione dell’Europa: un processo inevitabile?".

Il punto interrogativo fa sperare che il processo sia evitabile, e infatti oggi si dialogherà fondamentalmente su questo. E tra le cose urgenti da fare - per salvare l’Europa da se stessa, dal suo malessere, dal tiro al bersaglio dei sovranismi che la disegnano come l’Europa dei burocrati e dei mercati, nemica dell’Europa dei popoli o tout court dei popoli che dell’Europa non hanno bisogno -, al di là della riflessione sulla ridefinizione strategica degli obiettivi europei, c’è un decisivo punto di comunicazione: invertire la narrazione sull’Europa propagandata dai suoi nemici.

In questo momento di attacco all’edificio europeo, alla mediazione istituzionale che l’ha fin qui costruito e tenuto in piedi, in nome di una politica "nazionale", dove ci si rivolge direttamente e soltanto ai propri cittadini, c’è bisogno che l’Europa raccolga il guanto di sfida di questa disintermediazione politica. E su questioni concrete per la vita delle persone sia capace di presentarsi ai cittadini, nelle loro case, in modo diretto e tangibile, facendo a meno quanto più possibile delle istituzioni filtro - Stati, Regioni - che fin qui hanno mediato questo rapporto. Solo così, credo, avrà un suo "popolo", cioè un cittadino europeo nella sua quotidianità si sentirà italiano francese tedesco quanto europeo. Al di là delle cose che fa male, l’Europa fa tanto, ma non si vede. I fondi europei con cui bene o male gli Stati sviluppano politiche decisive per i loro cittadini, non sono percepiti, anche quando siano gestiti al meglio, come "Europa", ma sempre nel filtro istituzionale tramite cui arrivano ai territori, alla "gente", che non li vede. Filtro che si prende i meriti, quando ci sono, per le istituzioni locali, e lascia all’Europa i fallimenti, gli impedimenti, le difficoltà che spesso europee non sono.

Terreni su cui operare questo "salto" nella vicinanza dell’Europa ai suoi cittadini ce ne sono. Mi limito ad indicare il sostegno alla maternità e alla famiglia generativa in un momento drammatico per la natalità europea. Tecnicamente non c’è niente che impedisce di far arrivare direttamente dall’Unione un assegno in casa a una madre europea per la sua maternità, o per i suoi figli. Così come un sostegno diretto ai ragazzi che vanno in Erasmus, o a chi vive sotto la soglia della povertà; ovvero una linea di credito europea diretta a progetti giovanili d’impresa. Se in ogni famiglia o persino in un condominio ci fosse un cittadino europeo che potesse trovarsi la Ue direttamente a casa, sarebbe molto più facile smontare la narrazione populista sull’Europa arcigna e solo dispensatrice di infelicità e povertà.

Non è un caso che l’utilità dell’Unione è più facilmente percepita da quei soggetti individuali, ad esempio i ricercatori, che direttamente possono accedere a un’opportunità europea. Ecco, credo che bisogna rendere non elitaria questa opportunità. L’Europa lo può fare e, a mio avviso, lo deve fare.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: