Un'occasione da non sciupare
lunedì 20 gennaio 2025

Venerdì scorso, in molte piazze italiane l’oscurità è stata rischiarata da centomila fiaccole, accese per chiedere al governo e alla maggioranza di modificare un provvedimento, il cosiddetto “ddl Sicurezza”, licenziato dalla Camera in prima lettura e attualmente al vaglio del Senato. Una manifestazione indetta per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto negativo che il disegno di legge 1236 potrebbe avere sui diritti umani, se definitivamente approvato nella forma attuale.

L’accorata e pacifica richiesta che sale da quelle piazze (e non solo) merita qualche considerazione. Attualmente, com’è noto, il ddl si trova all’esame delle commissioni di Palazzo Madama. In soli 38 articoli, introduce 20 fra nuove fattispecie di reato e aggravanti, su cui da mesi si appuntano, oltre alle critiche delle opposizioni, gli argomentati dubbi “trasversali” di costituzionalisti e magistrati di vaglia (espressi anche nelle audizioni parlamentari), nonché i timori di sindacati, enti e associazioni umanitarie come la Caritas e Antigone. In più, nei mesi scorsi, nell’ambito del dialogo fra istituzioni, sono pervenuti dal Quirinale cinque rilievi puntuali su altrettanti nodi, fra cui il divieto di vendita di sim card a stranieri privi del permesso di soggiorno, il reato di resistenza passiva in carcere e nei centri per migranti e la detenzione in carcere per le madri con figli piccoli. Rilievi ai quali, è appena il caso di ricordare, si sommano le preoccupazioni di organismi internazionali.

A dicembre, il Consiglio d’Europa ha invitato per lettera i 200 senatori di Palazzo Madama ad «astenersi dall’adottare» il testo, «a meno che non venga modificato in modo sostanziale per garantire che sia conforme agli standard in materia di diritti umani», menzionando come problematici «gli articoli 11, 13, 14, 24, 26 e 27» ed evidenziando il rischio che le nuove norme finiscano per colpire il «legittimo esercizio della libertà di riunione o espressione pacifica». E sempre a dicembre, ma si è appreso da poco, sei Special Rapporteurs delle Nazioni Unite hanno scritto al governo, esprimendo forte preoccupazione e facendo presente che diverse disposizioni, se non modificate, potrebbero collidere con gli obblighi dell’Italia fissati nella Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, intaccando libertà fondamentali come quelle di movimento, di associazione e di espressione.

Insomma, di materia per ingranare la retromarcia o quantomeno mettere in folle ce ne sarebbe. E dunque consola apprendere che in seno alla maggioranza si stia valutando se emendare nei prossimi giorni il testo in Senato, per limare quantomeno le asperità segnalate dal Quirinale. Ciò aprirebbe la via al ritorno del ddl alla Camera per una terza lettura, che – par di capire – a quel punto il governo (con la Lega in pressing sulle altre forze) vorrebbe di breve durata e forse “blindata” dall’apposizione della fiducia. Eppure, riteniamo, ogni giorno in più impiegato per ragionare su quei 38 articoli non sarebbe mal speso. Le politiche di sicurezza sono tema troppo complesso per affrontarle solo inforcando le lenti del panpenalismo (peraltro interpretato in modo ondivago: a volte per addizione, con pletore di nuovi reati; altre per sottrazione, come nel caso dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio). E il fermento nelle piazze e i problemi del Paese non si risolvono reprimendo il dissenso o ipotizzando scudi penali per gli agenti: «Se ai ragazzi dai un futuro e un lavoro, alle famiglie case decenti in quartieri civili e serviti, scuole e sanità che funzionano, la rabbia sociale si sgonfia», ha dichiarato in questi giorni un esponente dell’associazione dei funzionari di Polizia, che varrebbe la pena di ascoltare. Insomma, se davvero si aprisse, la finestra di una terza lettura del testo offrirebbe il destro al governo per ascoltare e rivalutare le perplessità sopra accennate, formulate non da facinorosi e nemmeno solo dalle forze d’opposizione – i cui rilievi di merito, in una sana democrazia parlamentare, sarebbe comunque bene rispettare e tenere da conto – ma, come detto, dal Colle più alto delle istituzioni repubblicane, da organismi internazionali e non da ultimo da enti di volontariato che, prima di ogni ideologia e di ogni ragione di parte, hanno a cuore l’essere umano, i suoi diritti e le sue concrete necessità.

«La buona occasione difficilmente si presenta e facilmente si perde», ammoniva il drammaturgo latino Publilio Siro, apprezzato da Seneca. Ebbene, sul ddl sicurezza in questi giorni all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni viene offerta un’occasione preziosa per porgere orecchio a quella congerie di dubbi, rilievi e timori motivati. Correggendo dunque il tiro, prima che gli articoli più controversi finiscano sul tavolo della Corte costituzionale (forse troppo spesso chiamata in questi anni, ahinoi, a porre rimedio alle indecisioni o alle imprecisioni della politica). Ci auguriamo sinceramente, anzi confidiamo, che non vada sciupata.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: