Nuove ombre su Trump: danni pubblici, privati interessi
sabato 19 gennaio 2019

Più passa il tempo più la figura del quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti assume contorni inquietanti. Al di là dei tratti autoritari, narcisistici e prepotenti – starei per dire infantili – che sembrano caratterizzare la sua personalità, la domanda alla quale i rappresentanti delle istituzioni, i membri dell’establishment e i semplici cittadini-elettori americani rischiano di dover prima o poi rispondere è tanto brutale nella formulazione quanto complicata nella risposta.

Donald Trump è il Manchurian candidate, arrivato alla presidenza grazie all’aiuto di una potenza straniera per indebolire gli Stati Uniti, oppure uno spregiudicato affarista che ha visto nell’ufficio presidenziale l’opportunità di guadagnare molti soldi? Perché la possibilità che Trump sia un patriota che fraintende i valori del patriottismo, e un populista capace di interpretare magistralmente la miseria dei tempi che viviamo, sembra ogni giorno meno credibile.

Secondo un’esplosiva rivelazione di "BuzzFeed", il presidente Trump avrebbe ordinato al suo legale newyorkese Michael Cohen di mentire alla Commissione di indagine del Congresso circa i negoziati per costruire una Trump Tower a Mosca. Non solo, durante la campagna, Trump avrebbe anche sostenuto l’iniziativa di Cohen di incontrare il presidente Vladimir Putin allo scopo di accelerare le trattative sulla realizzazione del costoso condominio extralusso. "BuzzFeed" sostiene di avere avuto accesso alle dichiarazioni di due investigatori federali coinvolti nelle indagini. ***

Si tratta di accuse pesantissime per la legge americana – ostruzione alla giustizia – dove la falsa testimonianza e i tentativi di ostacolare i lavori di una Corte sono presi estremamente sul serio e possono portare a condanne molto severe. Cohen avrebbe mentito su precisa e diretta disposizione di Trump proprio allo scopo di allontanare dal presidente l’ombra del sospetto che durante tutta la campagna elettorale egli avesse intrattenuto rapporti con l’entourage di Putin.

Se le rivelazioni fossero confermate, la questione centrale del cosiddetto Russiagate – l’utilizzo di informazioni e canali forniti dall’intelligence del Cremlino per alterare la regolarità della campagna presidenziale – si salderebbe con più volgari interessi economici. Trump potrebbe cioè essere stato correttamente individuato da Mosca come il candidato giusto per indebolire e sabotare la presidenza e il ruolo degli Stati Uniti nel mondo e, allo stesso tempo, egli avrebbe avuto intenzione di utilizzare la presidenza come mezzo per illeciti arricchimenti.

In una simile prospettiva, e nonostante i numeri a lui favorevoli, il rischio dell’apertura di una procedura di impeachment, di messa in stato di accusa, sarebbe molto più elevato, proprio per gli interessi personali, e potrebbe costringere anche molti repubblicani ad appoggiarla. Ciò metterebbe sotto una luce diversa anche la questione della ostinazione con la quale il presidente persegue l’idea di costruire il "muro" con il Messico. Dopo quattro settimane di shutdown (la sospensione della paga per oltre un milione di impiegati federali e il conseguente congelamento di molti servizi), la popolarità di Trump è in calo, mentre il costo del braccio di ferro col Congresso si avvicina a eguagliare quello della costruzione del muro. Tanta ostinazione non sarebbe quindi né il frutto di semplice furore ideologico né espressione della sintonia con il suo elettorato, ma molto più cinicamente la conseguenza di un freddo calcolo razionale, un’arma di distrazione di massa per polarizzare l’opinione pubblica e distoglierne l’attenzione dai suoi guai personali.

Tutto ciò chiaramente getta una fosca luce anche sul tipo di relazioni che questa presidenza intrattiene con alcuni suoi alleati chiave nel Medio Oriente, a cominciare dall’Arabia Saudita del principe Mohammed bin Salman (Mbs), altro leader le cui quotazioni sono in ribasso. Washington e Riad sono sempre state alleate, dai tempi di Franklin Delano Roosevelt. Ma quanto il sostegno reciproco che fin da subito Trump e Mbs si sono prestati e hanno clamorosamente esibito è stato solo frutto di cattiva visione degli interessi nazionali dei rispettivi Paesi e non piuttosto di ottimo fiuto per i loro personali interessi? Quel che risulta certo è che il pericoloso mix tra l’essere 'pupo e puparo', tra affari privati e utilizzo di pubblico potere, sta causando una serie di danni permanenti all’interesse nazionale degli Stati Uniti (per limitarsi all’ottica d’Oltreoceano).

Basti pensare alle altre indiscrezioni rese note dal New York Times sulla volontà espressa da Trump ai suoi sgomenti collaboratori di «ritirare gli Stati Uniti dalla Nato». Esternazioni prese però tanto sul serio da produrre un salto in avanti nei progetti di collaborazione franco-tedeschi su una difesa che prescinda dagli Stati Uniti e che lascerebbe 'scoperti' altri Paesi, compresa l’Italia. I Trump – e i loro piccoli epigoni di provincia – prima o poi passano; ma i danni che possono produrre rischiano di essere permanenti. È questa purtroppo la 'lezione americana' che anche noi faremmo bene a tenere a mente.

*** aggiornamento
Il procuratore speciale Robert Mueller, incaricato delle indagini sul Russiagate, ha definito "inesatte" le indiscrezioni di Buzzfeed. Trump ha immediatamente ritwittato uno screenshot da Fox News che menzionava la precisazione del procuratore.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI