mercoledì 21 giugno 2023
I margini di intervento della Corte dei Conti sul Pnrr e le regole per la guida del Meccanismo europeo di stabilità
«Controllo concomitante» alla guida del Mes: un po' di chiarezza

ANSA

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Caro direttore,
nel conflitto del governo con la Corte dei Conti da un giornale rilevo che è nato dalla contestazione di una sanzione della Corte comminata per non definitiva esecuzione della quarta parte del piano, senza minimamente verificare che il finanziamento della stessa non era stato ancora devoluto. Lei potrebbe verificare se ciò è vero oppure no. E le chiedo anche di farmi il favore di verificare se le regole del Mes prevedono ancora che la sua direzione sia affidata a un privato cittadino tedesco e se tale direttore sia esente da ogni responsabilità civile e penale per qualsiasi atto da lui compiuto nello svolgimento delle sue funzioni. In attesa di sue delucidazioni, che se mancanti mi confermerà che le mie notizie sono vere, le auguro una buona giornata.

Santo Bressani Doldi

Gentile lettore, il direttore mi ha segnalato la sua lettera e le manifesto anzitutto apprezzamento per il suo seguire tematiche così importanti, ma ostiche. Lei ne affronta due distinte. Sulla prima, immagino che lei si riferisca a un rilievo fatto dal collegio della Corte dei Conti per il controllo concomitante (quello appunto finito al centro della discordia con il governo) che, in una delibera del 3 maggio scorso, faceva notare che per «un generale difetto di programmazione» da parte del Ministero dell’Ambiente era «messo in serio pericolo il raggiungimento» entro il 30 giugno 2023 dell’obiettivo di installare 6.500 colonnine di ricarica per i veicoli elettrici, fra strade e autostrade. Ritardi che spingevano i giudici contabili a richiamare «il concreto rischio di riduzione del contributo» previsto dalla quarta rata del Pnrr, cioè 16 miliardi, che l’Italia riceverà solo nei prossimi mesi (dopo la terza attesa ormai a giorni). Mi limito a osservare che proprio la segnalazione tempestiva, tuttavia, è lo scopo del “controllo concomitante” su cui si è acceso in questi giorni il dibattito, politico e anche fra insigni giuristi, come “Avvenire” ha documentato anche con l’intervista del collega Angelo Picariello a Cesare Mirabelli. Veniamo alla seconda parte, il Mes o Meccanismo europeo di stabilità. Qui lei ha torto sul primo punto, messo in giro da una certa “narrazione” anti-europeista. Non è stato mai previsto che il direttore generale debba essere «un privato cittadino tedesco», come lei scrive. Tant’è che dal 1° dicembre scorso l’incarico è ricoperto da un ex ministro del Lussemburgo, Pierre Gramegna (succeduto al tedesco Regling). Inoltre, gli azionisti del “discusso” Mes sono i Paesi dell’Eurozona semplicemente in base al loro peso misurato con il Pil: ragion per cui la Germania è sì il primo azionista col 27%, ma è da sottolineare che l’Italia – terzo azionista col 17,8% del capitale versato, per via del fatto che, in caso di crisi finanziarie, le decisioni del fondo Mes sono prese con la maggioranza super-qualificata dell’85% dei voti – di fatto gode in via di principio di un potere di veto. Quanto invece al secondo punto – lo “scudo” penale e civile –, è vero invece che l’articolo 35 del Trattato istitutivo del Mes, approvato nel 2012 (e all’epoca – va rilevato – da quasi tutti i partiti in Italia), già prevedeva la “immunità di giurisdizione” per il direttore generale e per i membri del consiglio dei governatori, ovvero per i rappresentanti dei governi nazionali (i ministri dell’Economia). L’immunità prevista è funzionale, dunque non totale né a vita: copre solo i reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni e, dunque, solo gli atti svolti durante la carica. In ogni caso è un piacere dialogare con lettori così attenti come lei. Cordiali saluti.

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