Cortina d’Ampezzo e le Olimpiadi della moralità (anche fiscale)
giovedì 18 luglio 2019

Bar del centro, ora dell’aperitivo. Corso Italia, borse Louis Vuitton e magliette di Chiara Ferragni come se la crisi fosse davvero finita. Siamo a pochi passi dall’Hotel de La Poste, dove Hemingway sorbiva generosi Vermouth, prima che arrivassero i Puccini del signor Antonio e i cocktail della Dolce vita; molto, ma molto prima di Fiorello, Belen e delle sfrenatezze di Gianluca Vacchi. In oltre un secolo, Cortina d’Ampezzo ne ha viste tante e ha sempre dettato stile alle aristocrazie, ai nuovi benestanti e a una tenace classe media. Con le Olimpiadi 2026 ha nuovamente l’occasione di farlo. Ma che c’entrano i bar dello struscio? C’entrano, c’entrano.

La scena è da Qualunquemente, il film con cui Antonio Albanese mise alla berlina i vizi di certa Italia abituata a farla comunque franca: entriamo in un bar del corso, ordiniamo un aperitivo, chiediamo la fattura... ed è scena madre. I camerieri ammutoliscono, gli astanti abbassano il capo, una guida alpina finge di perdersi nei riflessi della sua bionda ghiacciata. Per un istante è come se tutta Cortina si fermasse. La fattura. Elettronica, pure. Ma non si chiede al bar! I registratori di cassa, ci dicono, non sono ancora abilitati. Eppure, pensiamo, siamo a Cortina, mica a Marina di Sopra.

Qualunquemente non paghi, tentiamo in un altro esercizio: stessa richiesta e medesima scena. Una signora ci fa notare che capita anche a Milano e che dunque suo marito, commerciante in San Babila, non si sogna neppure di chiederla, la fattura. Un avventore ipotizza addirittura che i bar siano esenti e che al di sotto di certe cifre di fatturato non esista alcun obbligo: peccato che alla locale Compagnia della Guardia di Finanza tutto ciò non risulti. La fattura elettronica, questa sconosciuta. Il problema non è tanto chi non la emette, ma che un intero Paese non ci creda ancora, almeno non nella quotidianità.

Che viva, comunque, convinto di doverla esigere dai mille euro in su. A Cortina come a Milano. Da quand’è stata imposta dalla legge si è levato un pianto greco, lamentando incertezze normative che non esistono e impicci tecnologici che sono tali solo per chi non si attrezza. Eppure le regole fiscali rappresentano un valore per molti; sicuramente per quegli italiani che si fanno carico dei sacrifici perché non possono sottrarvisi o semplicemente perché quando si trovano di fronte a un obbligo di legge non cercano, piagnucolando, una scappatoia.

Per questo le Olimpiadi rappresentano una occasione per Cortina: quella di scrivere una nuova pagina di stile, 'adottando' ovunque la negletta fattura elettronica, anzi facendone una bandiera. Giochi 'black free' suonerebbe davvero bene. Servirebbe anche a ricordare ai partner milanesi, che da sempre frequentano le sue piste da sci e non perdono occasione per vantare il rigore tributario ereditato da Maria Teresa d’Austria, che la legalità è fatta di piccoli gesti, che richiamano il valore del dovere. Come accade al bar dell’Hotel de la Poste. Lì la fattura te la fanno, anche se il registratore di cassa non è abilitato. Sarà che la famiglia Manaigo gestisce l’albergo dal 1802. Quando sulle gabelle vigilavano gli inflessibili funzionari del Fisco austroungarico...

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