Contro vecchie e nuove povertà non servono risposte parziali
domenica 13 novembre 2022

Caro direttore,
il dibattito pubblico sulla risposta a povertà e impoverimenti pare stia superando la furia abrogativa. La ministra Calderone ha dichiarato che intende valutare la sospensione del Reddito di cittadinanza in caso di rifiuto di anche una sola offerta congrua di lavoro. Una sola è poco, aggiungiamo noi di Alleanza contro la povertà in Italia. Ma almeno questo passaggio potrebbe significare che l’eliminazione del Rdc non è all’ordine del giorno. Non è stata abrogata la povertà, non sarà abrogato lo strumento di contrasto alla povertà. Forse. Magari cambierà nome.

Di sicuro è poco opportuno sospendere una misura rivolta a un numero crescente di poveri assoluti: secondo l’Istat parliamo di 1,9 milioni di famiglie per un totale di 5,6 milioni di cittadini. Il Reddito di cittadinanza al momento risponde a 1,4 milioni di famiglie per un totale di 3,4 milioni di cittadini. Quindi serve implementare per coprire tutta la platea dei potenziali aventi diritto. Il Rdc non è da cancellare, è da riformare per rispondere meglio al peggio che minaccia di arrivare. D’altra parte, il Rdc è stato pensato prima della pandemia da Covid – fatto che rese necessaria l’introduzione del Reddito di emergenza – e prima degli effetti nefasti della situazione internazionale, aggravata dalla guerra in Ucraina. L’inflazione determinerà un aumento medio di spesa attorno ai 1.500 euro annui per famiglia.

Se è così, allora la linea di confine tra la povertà relativa e la povertà assoluta sarà attraversata da un buon numero di persone e famiglie. Alla fine, le situazioni di crisi sono pagate dalla povera gente. C’è da lavorare, dunque, per una risposta coerente, popolare, adeguata per tutti, sia per chi è in condizioni di lavorare sia per chi non lo è per le malattie del corpo o della mente, per le dipendenze individuali o sociali, per stigma o per fragilità. A vantaggio di questi ultimi il welfare locale deve funzionare bene, facendo leva sui servizi sociali, sanitari, abitativi, educativi di cui nessuno parla e che invece sono preziosissimi, a partire dall’opera dei Comuni e del Terzo settore. Dei 660mila beneficiari potenzialmente in grado di lavorare 3 su 4 non hanno mai avuto un contratto di lavoro dipendente o parasubordinato negli ultimi 3 anni, a dimostrazione di una scarsa occupabilità dei soggetti; ben oltre la metà di essi dispone di titoli di studio molto bassi, cioè la terza media. C’è bisogno, perciò, di formare e di riqualificare, come di dice oggi upskilling e reskilling.

Occorre allora tenere due registri. Il primo è immediato: intervenire prima che la situazione frani ulteriormente, visto che siamo alle porte dell’inverno, stagione che non facilita il contrasto alla povertà. Il secondo è a medio periodo: implementare il provvedimento per renderlo più capace di rispondere alla complessità della situazione sociale di oggi e di domani. Per il domani ricordiamo che secondo l’Ocse in Italia servono in media 5 generazioni perché una persona nata in una famiglia povera raggiunga un livello medio di reddito. 180 anni: l’ascensore sociale è piuttosto lento. Curare la povertà è, insomma, un investimento sociale. Mi è capitato per puro caso (a volte non sei tu che trovi i libri ma sono i libri a trovare te) di leggere in questi giorni un testo che Amintore Fanfani scrisse nel lontano 1944, intitolato Colloqui sui poveri.

E l’autore, a un certo punto, scrive che «non si richiede un livellamento alla condizione del povero, ma uno stato d’animo vicino al povero: perché il Paradiso non è né per i ricchi né per i poveri, è solo per i poveri in spirito ». Mi sembra allora importante ricordare, proprio mentre si celebra la sesta Giornata mondiale dei poveri dedicata alla forza liberante della relazione, come questo investimento sociale chiami a un modello di sviluppo che abbia l’educazione alla sobrietà e alla giustizia sociale come punti di riferimento. Senza, qualunque risposta risulterà parziale. La povertà chiama tutti ad essere disponibili a ripensare il modello di sviluppo, di inclusione e di libertà.

Portavoce Alleanza contro la povertà in Italia

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