lunedì 12 ottobre 2015
Bene comune, legalità, migranti e impegno civile: le onorificenze del Quirinale. (Giuseppe Anzani) IL FATTO
IL NEO-UFFICIALE CALO' AD AVVENIRE: QUEI SEI AFRICANI A CASA MIA. E MOLTI DI PIU'
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La storia siamo noi. Lo diciamo cercando conforto al sentimento del nostro contare poco come gente, come povera gente comune, rispetto ai potenti del mondo. Ne facciamo talvolta una rivendicazione, un orgoglio, forse un poco di lotta o almeno di compenso. La storia che sta sui libri l’hanno fatta con i monumenti e le tombe, piantando bandiere perennemente insanguinate. Ancora oggi il panorama della terra, sotto la coltre della finta pace, ci pare quello dello storico maledetto squarcio che separa la volontà di potenza e la nullità del dolore, della paura, della morte.La storia siamo noi, nel bene e nel male. Anche nella vita civile, dove ci fingiamo identici. Ma fare o subire la storia è diverso. La vita è valore, la vita grama è valore oltraggiato. Peggiore sventura che il dolore del corpo è l’umiliazione dello spirito, l’esclusione, l’espulsione dallo sguardo e dall’attenzione sociale, il ripetuto rinfaccio muto della propria insignificanza. E la vita civile, la nostra storia quotidiana appunto, ripropone a ogni sorgere del sole i bisogni comuni e le reciproche attese: la condizione umana che chiede e offre dialogo e intesa, attenzione, e un po’ di fatica talvolta, e forse un poco d’amore; e poi si dibatte fra interesse e noncuranza, e si estenua nei rispettivi egoismi, o celebra nei conflitti vinti la propria interna gloria sul pianto altrui. Ci sono esperienze di abbandono e di sconfitta sociale che sembrano un seme d’agonia che marcisce nel cuore.Eppure sulle piste desertificate della filosofia del "vivere e lasciar crepare" c’è chi pianta ogni giorno un fiore di vita e lo alimenta con la vita; e la moltitudine dei piccoli gesti nascosti che spargono il bene perché "vogliono il bene" tiene il mondo in piedi e tiene umana la terra. Nessuno sa far statistica di questi uomini e donne che amano l’umanità, perché non si fanno precedere da trombe né seguire da flash; e forse il loro profilo di giusti, come rammentava Borges, sta anche nel loro non saperlo ("Esas personas, que se ignoran, están salvando el mundo"). Questa linfa segreta di vita interiore, che sboccia spontaneamente in solidarietà, dice che la relazione umana, quando pure gli uomini pacificati non sono più lupi, non è ancora pienamente umana se resta un rapporto di utenza, di vantaggio, di economia, di scambio; ma lo è se raggiunge lo slancio della gratuità e del dono, e neanche del tempo o del denaro, ma in ultima istanza del dono di se stessi.Ci pare di leggere questo, negli episodi di vita che il Presidente della Repubblica ha voluto premiare, di sua iniziativa, rendendo onore al merito di cittadini italiani e stranieri che hanno compiuto gesti di vita che ci ridanno speranza.

 

Ci sono atti di puro eroismo davanti al pericolo estremo e atti di impegno diuturno, tenace, nel campo del volontariato, dell’integrazione, della legalità, del soccorso e assistenza ai migranti, dell’emarginazione, della disabilità, della promozione della cittadinanza attiva, della difesa dai fenomeni di violenza. In questi onori vediamo non tanto un premio largito, una medaglia, uno stemma, ma la riconoscenza comune, la gioia di una boccata d’aria pura, il grazie per aver avuto un segno, ancora, che la speranza di mettere in salvo il profilo umano della nostra storia non è perduta.Sulla dissolvenza del disegno leonardesco dell’uomo vitruviano, emblema classico di un umanesimo che la storia pare sgretolare, è dunque l’icona delle braccia aperte a croce per portare la croce anche con gli altri ciò che rigenera la speranza d’un umanesimo nuovo.

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