Che l'estate del malcontento generi vera giustizia fiscale
mercoledì 6 luglio 2022

Caro direttore,
la stampa britannica ha iniziato a evocare «l’estate del malcontento», riferimento diretto all’’«inverno del malcontento » e ai movimenti sociali che scossero il Regno Unito tra il 1978 e il 1979. Più di 40mila dipendenti pubblici delle ferrovie e della metropolitana di Londra hanno scioperato per 24 ore per denunciare il deterioramento del loro potere d’acquisto a fronte di un’inflazione superiore al 10% e per chiedere aumenti di stipendio.

La Gran Bretagna non è un’eccezione. In Italia, è nei trasporti e nella scuola che il malcontento ha iniziato a farsi sentire. Nello Sri Lanka, il governo ha appena introdotto una settimana di quattro giorni per i dipendenti pubblici, in modo che abbiano il tempo di stare a casa e coltivare la terra per avere un po’ di cibo sicuro. Dappertutto, l’inflazione fuori controllo è la goccia che sta facendo traboccare il vaso, dopo oltre due anni di pandemia di Covid-19 che hanno messo a dura prova i lavoratori in prima linea – la maggior parte dei quali sono donne (rappresentano il 70% degli operatori sanitari).

Le stesse donne che dedicano più tempo al lavoro domestico non retribuito, che sta aumentando a causa dell’inadempienza di servizi pubblici essenziali soprattutto formativi e di cura. Proprio così, l’inflazione è tornata, in tutto il mondo, causata dalla pandemia ed esacerbata dalla guerra in Ucraina. Nei Paesi più poveri, sta già causando un aumento dell’insicurezza alimentare e della fame. Ma anche nei Paesi più ricchi, le famiglie a basso reddito sono le prime a soffrire, perché l’aumento dei prezzi della spesa, dell’elettricità e del carburante, in proporzione, pesa molto di più per loro.

C’è un numero crescente di dipendenti pubblici poveri e precari. E non c’è da stupirsi che in molti Stati stia diventando quasi impossibile trovare candidati per lavori come infermieri, insegnanti e camionisti. Questo deterioramento delle condizioni di lavoro, la riduzione dei bilanci del servizio pubblico e il trasferimento del controllo al settore privato non sono inevitabili. Le risorse finanziare per aumentare gli stipendi e assumere più personale esistono, e devono essere trovate in una tassazione equa di società multinazionali e dei più ricchi che cerca e purtroppo trovano ancora discreto riparo nei paradisi fiscali.

Dall’inizio della pandemia, la ricchezza dei dieci uomini più ricchi del mondo è raddoppiata, mentre i redditi del 99% della popolazione mondiale sono diminuiti. Ecco perché è urgente ripensare la tassazione internazionale, affinché le multinazionali paghino finalmente la loro giusta quota. Anche il G20, che riunisce i 20 Paesi più ricchi del mondo, si è convinto di questo, difendendo un’imposta minima del 15% sui profitti delle multinazionali. è un passo nella giusta direzione, anche se è troppo poco ambizioso, in quanto genererà solo 150 miliardi di dollari. Questa cifra salirebbe a 500 miliardi di dollari con un’aliquota del 25%, come raccomandato dall’Icrict, la Commissione Indipendente sulla Riforma della Tassazione delle Imprese Internazionali di cui sono membro.

Gli Stati hanno anche la possibilità di far contribuire di più i super-ricchi. Una manciata di loro, i cosiddetti 'milionari patriottici', sono consapevoli dell’urgenza di farlo. «Tassate noi ricchi, e tassateci ora», affermano in una lettera aperta. Con la crisi dell’inflazione, è impossibile continuare a evitare il dibattito: gli Stati continueranno a finanziarsi attraverso i programmi di austerità, i tagli ai servizi pubblici, l’innalzamento dell’età pensionabile e l’aumento dei contributi dei più poveri attraverso le imposte sui consumi gonfiate dall’inflazione? Questa è la ricetta per il caos.

Per ripristinare la fiducia dei cittadini e ricostruire società più resilienti, inclusive ed egualitarie, in grado di affrontare la minaccia esistenziale del cambiamento climatico, dobbiamo cambiare radicalmente rotta e far sì che tutti coloro che hanno i mezzi per contribuire di più e che attualmente riescono a sottrarsi ai loro obblighi, lo facciano. Altrimenti, c’è da aspettarsi che il malcontento, in tutto il mondo, duri molto più che una sola estate.

Avvocata, membro dell’Icrict e già membro del Gruppo di alto livello sulla responsabilità finanziaria internazionale, la trasparenza e l’integrità per realizzare l’Agenda 2030 (Facti) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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