Manuel e i giovani al volante: con l'amore non si scherza
lunedì 19 giugno 2023

Da anni si dibatte sull’educazione dei figli, da anni non si sa come uscirne fuori. Arriva una tragedia eclatante, come quella di Casal Palocco, se ne discute, ci scandalizziamo, inveiamo, malediciamo, incolpiamo, poi tutto torna come prima.

I vecchi hanno paura di uscire di casa, sentono che la città non gli appartiene più. Il loro passo è lento, la vista corta, hanno bisogno di essere aiutati. Lentamente si sentono tagliati fuori. Lo stesso quartiere che li vide giovani ha cambiato volto. I ragazzi vivono in un mondo tutto loro. Qualcuno dice fittizio, virtuale, qualcun altro afferma, invece, che quel virtuale è più reale del reale. Ci flagelliamo. Almeno chi conserva un minimo di responsabilità e di coscienza non fa che chiedersi che cosa non ha funzionato nel processo educativo, dove e quando siamo finiti nella trappola.

Per troppo tempo – sbagliando, ovviamente – le società hanno dato troppa importanza al sentire comune – valori, tradizioni – e troppo poco ai diritti dei singoli. Un errore che stiamo pagando a caro prezzo. Questo modo di fare e di pensare, pur avendo i suoi meriti, ha generato nella vita di tanta gente difficoltà e sofferenze.

Ogni persona ha diritto ai suoi diritti, al di là dei condizionamenti familiari e del paese in cui vive. Giusto. Il processo educativo, però, è entrato in crisi. I vecchi manuali non servivano più; la stessa figura dell’educatore – genitore, insegnante, prete - è stata fortemente ridimensionata.

Un senso d’impotenza ha cominciato a serpeggiare nei loro animi. I ragazzi semplicemente non hanno più bisogno degli adulti, dai quali non si sentono – e forse non vogliono essere - compresi. Almeno fino a quando non si mettono nei guai. Dove abbiamo sbagliato, continuiamo a chiederci. Mai domanda fu più difficile. Eppure siamo obbligati a non nascondere la testa nella sabbia. Ripercorriamo a ritroso la strada. I figli della guerra conobbero l’ottimo sapore del pane ma, sovente, la dispensa era desolatamente vuota. Essi fecero di tutto perché ai loro figli il pane non mancasse. Fu un bene. I figli appesero la zappa al muro, felici di non avere, come i padri, i calli nelle mani. I figli dei figli non conobbero la zappa e nemmeno i calli, ma solo il pane da mangiare. Del sentire comune, delle vecchie tradizioni, anche di certe forme di religione, credettero di poterne fare a meno. Emancipati, inizarono a pretendere i loro diritti. E fu un bene. Insieme a loro anche gli adulti cambiarono mentalità. Divennero più clementi, più malleabili, più accondiscendenti. Si misero in ascolto. Purtroppo i risultati sperati non arrivarono.

Non solo, ma dovettero assistere a un fenomeno inquietante. Sotto i loro occhi, cose un tempo, palesemente orribili, chiedevano di essere riconosciute non solo “normali” ma valori da promuovere. Un solo esempio: l’utero in affitto. Rimasero sconvolti. Ma quando si mettono insieme televisioni, giornali, influencer, social a martellare che quella cosa è giusta, o, addirittura un gesto d’ amore, anche al più razionale degli uomini qualche dubbio viene.

Ed eccoci a noi. Dove abbiamo sbagliato? Nell’aver dimenticato di dire alle nuove generazioni - con l’esempio e severa fermezza - che non esistono diritti individuali qualora dovessero offendere, maltrattare, calpestare i diritti degli altri. Nell’aver avuto paura di ricordare loro che ogni cosa che prendo per me e non mi spetta la sto rubando al legittimo proprietario. Che un bambino schiacciato a cinque anni dall’auto in corsa da te guidata in modo folle e scellerato, per motivi che tutti sappiamo, dice il fallimento non solo tuo e della tua famiglia ma di tutta Roma, di tutti noi.

Abbiamo dimenticato di dire – il pensiero va alla cara Giulia e al suo bambino non nato – che con l’amore non si scherza; che il tradimento non è un gioco, che di tradimenti si muore. Occorre avere il coraggio di ripartire. Mettendo insieme l’io e il noi, il mio e il nostro. Il bene privato e il bene comune. A riguardo, dal Vangelo, possiamo apprendere tanto. Tutti, credenti e non credenti.

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